se la presa del suono avvenne nel 1963-64 ad opera di Fred Flaut della CBS (numero di catalogo CBH 200 nel formato WAV 96/24), con John Corigliano violino solista, Lenny dimostra, come sempre, di saperci fare. È sufficiente ascoltare il tempo Presto che conclude il concerto dell’Estate per rendersi conto di come il direttore, compositore e pianista statunitense, sebbene in chiave del tutto “afilologica” riesca a far tirare fuori dagli archi della sua compagine quella corretta tensione emotiva attraverso un timbro decisamente aggressivo, pungente, ritmicamente impeccabile. Semmai, a non essere propriamente a proprio agio nei panni
caratteristica che ha afflitto le prese di suono dell’etichetta gialla a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta) che va a velare la gamma dei registri (il registro grave degli archi tende persino a rimbombare, mentre quello acuto mostra a volte punte di saturazione) e a impedire la dovuta messa a fuoco degli strumenti, ma se volete avere
una dimostrazione di come veniva eseguita la musica barocca prima dell’avvento della filologia interpretativa, questo disco può essere un’ottima soluzione. Dal cuore del barocco veniamo poi catapultati in quello del Novecento storico, con una delle sue pagine più celebri, i Carmina Burana di Carl Orff, che fu naturalmente affrontata da quel volpone, votato alle interpretazioni pirotecniche, quale fu Leopold Stokowski. Il direttore inglese registrò il capolavoro del compositore tedesco nel 1959 per l’etichetta Capitol (numero di catalogo CBH 202 nel formato DSD 128) e nel Sampler in questione troviamo il brano iniziale e che è anche il più celebre (non per nulla, sia il mondo cinematografico, sia quello pubblicitario lo hanno saccheggiato a più non posso… ), vale a dire Fortuna
di violino solista è John Corigliano, il quale per ventitré anni fu il Konzertmeister , ossia primo violino, della compagine newyorkese, in quanto si avverte come affronti con una velata titubanza i suoi interventi, così come i suoi attacchi non siano un modello di virtù stilistica, senza tener conto che il suono del suo violino non sia propriamente brillante, terso e, soprattutto, pulito. Continuiamo con Vivaldi e con un altro direttore che non ha mai avuto un ottimo rapporto con la montante marea delle cosiddette interpretazioni storicamente informate, ossia Herbert von Karajan. Nel 1969, il grande interprete salisburghese confezionò per la Deutsche Grammophon un disco intitolato Baroque Festival (numero di
Imperatrix Mundi . Un brano di grande impatto timbrico, che Stokowski, grazie all’ottima Houston Symphony Orchestra e, soprattutto, alla Houston Chorale, porta su un piano che è più simile all’effetto dato dal coro di una tragedia greca, con le voci che assumono le sembianze di un implacabile incedere come quello che è rappresentato dal fato. E poi, l’esplosione orchestrale (la presa del suono effettuata da Peter Berkowitz, alquanto ravvicinata, corrobora ulteriormente la lettura “effettistica” di Stokowski), dato dal colpo di piatti che dà fine alla funambolica galoppata timbrica scandita dai timpani. Per chi ama le registrazioni in “Cinemascope” sonoro!
catalogo CBH 201 nel formato WAV 192/24) presentando con i fedeli componenti della Berliner Philharmoniker pagine di Albinoni, Vivaldi, Pachelbel, Boccherini, Corelli e Bach. Del Prete rosso Karajan volle eseguire il Concerto in la minore RV 523 per due violini, archi e basso continuo, una scelta felice, in quanto questa pagina concertistica, pur non essendo tra le più celebri del compositore veneziano, è sicuramente tra le più riuscite ed efficaci, soprattutto grazie all’emozionante Largo centrale, durante il quale i due violini solisti dialogano esclusivamente con il basso continuo. A più di mezzo secolo di distanza, è ovvio che una lettura come quella proposta da Karajan non
Dal Mahler di Kondrašin passiamo a quello di un altro direttore “comprimario”, Erich Leinsdorf (sia ben chiaro, se definisco comprimario questo interprete austriaco naturalizzato americano, non è per il fatto che le sue letture siano state di modesta entità, ma semplicemente perché, sfortunatamente per lui, si trovò a operare in un’epoca nella quale i grandi e i grandissimi abbondarono a dismisura, senza contare che gli esiti migliori con la bacchetta li ottenne soprattutto in campo lirico… ). Eppure, la sua lettura della Sinfonia n. 5 di Mahler, effettuata nel 1963 alla testa della splendida Boston Symphony Orchestra per la RCA (numero di catalogo CBH 211 nel formato WAV 44.1/16), è degna di nota, in quanto questo
possa essere più considerata attendibile, ma è indubbio che la nobiltà, la solennità con le quali il leggendario direttore riesce a impregnare i tre tempi del Concerto riescono ancora ad affascinare. A livello di presa del suono, effettuata come spesso avvenne in quegli anni da Günter Hermanns, purtroppo ci troviamo alla fine della golden age delle registrazioni analogiche, con la presenza di quell’annosa “patina” (una perniciosa
capolavoro causa dei solenni grattacapi a chi la deve dirigere, poiché rappresenta un periglioso giro sulle montagne russe, nel senso che si passa da momenti di tale veemenza timbrica, che si riscontrano raramente in tutto il repertorio sinfonico, ad altri di paradisiaca e struggente tenerezza, mettendo continuamente sotto pressione
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