GrooveBack Magazine 001

The Velvet Underground & Nico. 1967

una moltitudine di altri esseri umani che formano un’entità chiamata polis, la “città” dei greci. Questa visione di Platone è ben diversa dall’uomo animale politico di Aristotele, è una visione mistica atta a creare una simbiosi fra il singolo e la sua polis. Quando io sostengo che The Velvet Underground & Nico è la forza della musica che crea una simbiosi fra l’anima del singolo e l’anima dei bassifondi di New York mi riferisco a questa concezione platonica: questo disco assurge al rango di “simbolo” nel senso etimologico del termine, ovvero dal greco “sun-ballein”, che significa “unire con”, creare una simbiosi che unisce l’anima di un artista con l’anima della suburbia newyorkese. È da cosa è rappresentato questo “sun-ballein”, questo simbolo? Dalla pop art che ha generato il daimon della musica dei The Velvet Underground & Nico, che è pura follia rituale nel senso platonico del termine. La musica perde la sua funzione di tramite per accedere a un qualcosa di più elevato: diventa la creatività che mette in comunicazione l’anima con un’entità composta di altre esistenze e che si chiama polis.

di Marco Fanciulli

Una recensione diversa dal mio solito modello perché questo è un disco che non è assimilabile a nessun altro prodotto musicale e ci vuole una recensione che sia originale quanto il disco stesso, se non altro per rispetto verso chi in quel lontano 1967 ha osato l’inosabile.

Una recensione diversa dal mio solito modello perché questo è un disco che non è assimilabile a nessun altro prodotto musicale e ci vuole una recensione che sia originale quanto il disco stesso, se non altro per rispetto verso chi in quel lontano 1967 ha osato l’inosabile. Di un disco così epocale e influente è stato detto di tutto e di più. Pertanto in questa sede non intendo fare una disamina di un album sul quale esiste già un’abbondante letteratura. Quindi ho deciso di dare un taglio filosofico, allegorico e immaginifico, all’approccio di un disco che è sinonimo di avanguardia musicale e non solo, anche contenutistica e sociale.

Il simbolo è la banana di Andy Warhol, il metro della pop art per trasformare in arte il degrado metropolitano e il suo perverso mondo di perdizione. La musica è il “daimon”, quell’atto creativo che è insito nell’animo umano e che in questo caso lo mette in relazione con le forze sociali devianti dalla norma: tossici, sbandati, drag queens, travestiti, umanità di risulta, esclusi dal ciclo produttivo lavora- produci-consuma... il consumismo bersaglio dell’ironia provocatoria della Pop Art e della banana di Andy Warhol in copertina. Il termine “daimon” è inteso come “atto creativo”

È necessario tracciare una traiettoria che parte da Platone e passa da Schopenhauer fino a concludersi con Nietzsche per dare un taglio ermeneutico filosofico a questo disco. Platone nella sua Repubblica descrive la sua concezione elevata della musica e ne definisce il ruolo: la musica è, assieme all’attività fisica, la miglior educazione dell’anima, quella che mette in relazione quest’ultima con il cosmo e permette di conseguenza di mostrare all’essere umano ciò che c’è oltre le ombre della caverna, che, secondo il celebre Mito della Caverna, sarebbero solo le copie imperfette delle idee perfette. La musica permette all’uomo di liberarsi dalle catene cui era imprigionato nella caverna. Ma Platone si spinge ancora oltre: considera la musica come una sorta di follia rituale atta a creare questo collegamento fra anima e cosmo. L’uomo non è fatto solo di carne, sangue e ossa ma possiede anche un’anima: tale anima è il motore che mette in relazione l’essere umano con l’armonia celeste del creato (secondo la concezione pitagorica), quindi con il divino (che ormai non era più rappresentato dagli dèi di Omero, bensì dal misticismo divino che esiste sopra l’uomo); ma l’anima umana è anche in contatto con l’universo terreno, costituita da

The Velvet Undergound.

e non ha nulla a che vedere con il significato moderno e negativo di demone. The Velvet Underground & Nico è un atto demiurgico, un’emanazione di un daimon creativo, e sarà a sua volta demiurgico di interi movimenti controculturali a venire (senza questo disco non avremmo avuto nulla, ripeto nulla). Ed è il daimon insito nell’anima di un manipolo di individui calati nella dimensione decadente di un’entità polis-New York; è la voce di un daimon che non si estranea dalla realtà-polis - come i coevi movimenti flower power californiani - ma la penetra fino in fondo nei suoi meandri reconditi, oscuri e perversi, creando una sublimazione di quello che l’artifiziosità ipocrita del perbenismo borghese vuole nascondere: tutto quello che deroga dalla norma di un dogma comportamentale e sociale codificato. Il cosiddetto perbenismo non si limita solo a demonizzare, ma prima di tutto nasconde ed eclissa quella parte della società che deve rimanere nascosta e non turbare le sue (fallaci) sicurezze. The Velvet Underground & Nico è un viaggio nelle viscere, nei buchi neri di una New York lontana dalle sicumera scintillanti di facciata, è un’esplorazione al centro della voragine di perdizione della Big Apple con lo spirito di un Jules Verne impersonato in

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