GrooveBack Magazine 001

studi conservatoriali ebbi in Gaslini un maestro in grado di insegnarmi a trovare sempre un ponte di comunicabilità fra due mondi apparentemente lontani, poiché l’elemento di sintesi doveva rimanere la musica. Signora Simona Caucia, il compositore, didatta, divulgatore e pianista Giorgio Gaslini che uomo era dentro le mura domestiche? Quanto era diverso rispetto al Gaslini pubblico? Dunque, è difficile rispondere perché il Gaslini pubblico era fatto, per così dire, di tanti Gaslini. Insomma, è difficile individuare un unico Gaslini pubblico, ma in casa c’era un solo Gaslini, ossia una persona molto tranquilla, un uomo sempre impegnato nel lavoro di composizione, di ricerca, di lettura, di ascolto. Per questo, amava stare molto volentieri nel suo studio, soprattutto nelle due case dove siamo vissuti in campagna, ma non a Milano, specialmente negli ultimi anni, poiché appena metteva le mani sulla tastiera del pianoforte c’erano sempre dei vicini che protestavano. Alla fine, per lui suonare in casa a Milano era diventato sempre più complicato. Invece in campagna, prima dove abitavamo in cima a una montagna, e poi quando siamo venuti qui in paese a Borgo Val di Taro, questo tipo di problema naturalmente non si è mai posto. E qui, nel suo studio, aveva tutto ciò di cui aveva bisogno. Era il suo mondo. Suo marito è sempre stato un uomo capace di rispettare il parere e le opinioni altrui, soprattutto quando erano critiche, e non mancarono, nei suoi confronti. Ma c’era qualcosa che non accettava, che lo irritava, che gli faceva dire no apertamente, magari alzando anche la voce? No, nel modo più assoluto. Giorgio cercava sempre di essere molto tollerante verso le opinioni altrui. Mi ripeteva spesso che ognuno aveva il diritto di manifestare le proprie opinioni e che bisognava rispettarle. Su questo era molto più che tollerante, perché cercava di capire sempre le ragioni degli altri. Ecco, era una persona molto aperta e non so se avesse questa capacità per istinto o se l’avesse acquisita per via dell’educazione paterna, visto che anche il padre fu un uomo assai aperto, un giornalista africanista che visse e operò sotto il fascismo e che trasmise a Giorgio l’amore per la musica. Un’ultima domanda, signora Simona. Se dovesse trasmettere e far comprendere la figura di Giorgio Gaslini come uomo e come artista, quale aneddoto, curiosità o fatto, che lo vide protagonista, sceglierebbe? Non ci sono aneddoti o ricordi in tal senso, non perché non ci siano in assoluto, ma per il semplice fatto che rientrano e hanno a che fare con un uomo, come lo è stato Giorgio, che fondamentalmente è stato un moderato, ossia pacato, tranquillo, capace di emanare una grande saggezza, soprattutto nei momenti difficili. Ricordo che, anche per via del mio lavoro di attrice, a volte avevo momenti di sconforto, magari buttandomi sul letto e singhiozzando. È capitato che, in quei momenti, Giorgio fosse nella stessa stanza, vicino al letto, e invece di intervenire, di rincuorarmi, si sedeva e si metteva a leggere tranquillamente il giornale, attendendo che la mia crisi nervosa finisse. Ma non si comportava così per indifferenza o per egoismo, poiché alla fine, mi diceva soltanto: «Ma chi ti dice che quanto ti è accaduto sia una disgrazia?». Ecco, questo perché Giorgio riusciva a vedere sempre un lato positivo in tutte le cose e se io mi concentravo sul bicchiere mezzo vuoto, invece lui riusciva a considerare quel bicchiere sempre quasi

pieno. Mi sento di affermare, senza ombra di dubbio, che Giorgio è riuscito ad acquisire una grande saggezza, una capacità di saper vivere e di affrontare la vita, anche al di fuori della musica, lavorando su sé stesso, in modo da cercare di elaborare nel modo più positivo rispetto a ciò che lo circondava. Marco Lincetto, lei ha sempre considerato Giorgio Gaslini il suo “secondo padre”, parole che fanno comprendere come fosse forte il vostro legame. Come avvenne il vostro primo incontro e, a partire da quel momento, in che modo questa figura “paterna” ha saputo influenzare le sue scelte, la sua stessa vita? Ho conosciuto Giorgio nell’ottobre del 2003, grazie a Lucia Minetti che me lo presentò e con cui registrammo uno dei dischi più importanti e anche di successo di Velut Luna, ovvero Elle. Da quel momento, Giorgio ed io ci siamo subito sincronizzati su un comune feeling, una comune intesa sulle cose della musica e della vita. E poi, praticamente da subito, lui mi ha proposto, di pubblicare la sua “eredità” musicale “non-jazz”, la Musica Totale, come la definiva lui, dando vita così al ciclo dei CD che riguardano il cosiddetto “Gaslini Sinfonico”, che sono in tutto quattro. Ci sentivamo comunque regolarmente, almeno una volta al mese, in lunghe telefonate in cui parlavamo di tutto... A livello compositivo e musicale che cosa le ha lasciato Giorgio Gaslini? E quali sono le opere alle quali lei è maggiormente affezionato? Diciamo che ha confermato la via che già aveva tracciato mio papà Adriano, ovvero escludere ogni paletto nell’approccio alla Musica, e all’Arte in generale, insegnandomi a distinguere solo fra musica bella e musica brutta, prescindendo dalle “staccionate” che i maîtres-à-penser da sempre vorrebbero erigere. Difficile dire di un’opera in particolare, ma forse il Concerto per Clarinetto e Orchestra, presente nel Gaslini Sinfonico 4, da me registrato dal vivo con Giorgio sul podio, ha una presenza forte nel mio animo, anche grazie allo straordinario interprete che fu Angelo Teora, purtroppo anche lui prematuramente scomparso molto giovane qualche anno fa. È notoria la sua severità, Lincetto, nei confronti delle nuove generazioni di musicisti. Una personalità artistica ed etica come quella incarnata dal compositore e pianista milanese che cosa avrebbe potuto e, soprattutto, dovuto insegnare e consigliare a chi si avvicina oggigiorno a livello professionale al mondo delle sette note? Sostanzialmente tre cose: STUDIARE, STUDIARE e infine STUDIARE... Un’ultima domanda. Lascio a lei un ricordo, un aneddoto che possa riassumere il Gaslini uomo e musicista, per far comprendere a chi non lo ha conosciuto e a chi non sa nemmeno chi sia, penso naturalmente ai più giovani, chi è stato e perché, a dieci anni dalla sua morte, la sua presenza e la sua arte mancano terribilmente alla musica odierna. Giorgio era un uomo d’altri tempi, caratterizzato da un’eleganza rara, in tutto, e da un eloquio raffinatissimo, che tuttavia sapeva con straordinaria saggezza e tempismo, demistificare in battute folgoranti, infilando, in mezzo al migliore e più raffinato linguaggio possibile, un sacrosanto «cazzo!», al posto giusto. Narratore e conversatore ineguagliabile, uno dei pochi che abbia saputo farmi stare zitto ad ascoltare...!

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