GrooveBack Magazine 001

Il doppio CD Uncle John’s Band, pubblicato dalla ECM Records, vede il chitarrista e compositore jazz americano, accompagnato dal contrabbassista Vicente Archer e dal batterista Bill Stewart, sul solco di un duplice progetto, con sette brani di propria creazione e altrettanti capolavori del passato rivisti attraverso la raffinata “lente d’ingrandimento” della sua chitarra elettrica. Viaggiare nel tempo con John Scofield di Andrea Bedetti

Quindi, una parziale (ri) proposizione, in quanto questo doppio CD pubblicato dalla ECM Records e intitolato Uncle John’s Band , con la partecipazione del contrabbassista Vicente Archer e del batterista Bill Stewart, vede complessivamente quattordici pezzi, di cui sette, ossia la diplomatica metà, dello stesso Scofield, mentre i rimanenti sono brani di grande successo nei generi del jazz écrasé (ossia DOC) della premiata coppia Miles Davis & Bud Powell (Budo), della popular music on the road versione chitarra e fisarmonica a bocca, devo forse aggiungere

Miles Davis, con l’inseparabile tromba, mentre parla con Bud Powell.

che mi sto riferendo a Bob Dylan? (l’intramontabile Mr. Tambourine Man ), di un altro “menestrello anglosassone in versione canadese”, ossia Neil Young (l’ Old Man dalla leggendaria Harvest ), di quello easy-listening in versione sopraelevata, vale a dire un classico come Stairway To The Stars di Matt Malneck e Frank Signorelli, per passare poi a un contributo dalla bibbia musical yankee per eccellenza, quindi il West Side Story di Lenny Bernstein ( Somewhere ), virando di nuovo verso il sacro Graal jazzistico del messaggero del bebop Raymond Brown, con una sana shakerata di Miles Davis ( Ray’s Idea ) e, per finire, ma sarebbe meglio affermare “per iniziare”, visto che dà il titolo al doppio disco, allo psichedelico Jerry Garcia, ve li ricordate, o miei viaggiatori del tempo, i Grateful Dead? ( Uncle John’s Band ). Cominciamo proprio dai brani rivisitati dal trio; per spiegare meglio il tipo di re- interpretazione fatto da Scofield & Co. vedrò di usare una similitudine: è come se il chitarrista statunitense avesse inforcato la bicicletta e avesse deciso di fare una bella pedalata in discesa, non solo per evitare di faticare, ma anche per godersi il panorama circostante. Che cosa intendo dire? Che il musicista non affronta questi celebri pezzi di petto, cercando di smontarli e di ricostruirli come si fa con i mattoncini Lego, ma mantenendo la caratura architettonica del loro erigersi musicalmente, semmai affiggendo un incipit del tutto autonomo e autoreferenziale (vedasi Mr. Tambourine Man e Old Man ) ricamato con la sua chitarra elettrica dal sound così esemplarmente blues , oppure girando in tondo al motivo principale, sondandolo, palpandolo, stimolandolo come se fosse un oggetto erotico (ho avuto questa netta sensazione ascoltando Somewhere ), cercando anche di non accarezzarlo contropelo, affinché la sua linea melodica non venisse frantumata e resa irriconoscibile, ma solo vista attraverso lo specchio di elaborazioni formali capaci di trasformarsi in ghirigori timbrici sempre essenziali e mai esondanti o destinati ad affermare egoismo volumetrico rispetto alla discrezione del contrabbasso e della batteria.

Il trio protagonista di questo doppio CD della ECM Records. Da sinistra, John Scofield, Bill Stewart e Vicente Archer.

L’ultimo progetto discografico del chitarrista e compositore jazz statunitense John Scofield ha un piccolo inconveniente, almeno per quanto mi sento di affermare; non che si tratti di un difetto, di una manchevolezza, ma impone al fortunato ascoltatore l’obbligo di viaggiare (anche) nel tempo, in un tempo di passate ere musicali (anche se si tratta, in realtà, solo di pochi decenni, ma che la “liquidità” del nostro attuale sentire temporale, per dirla con il filosofo polacco Zygmunt Bauman, fa precipitare in una dimensione altamente sfuocata) per poter assaporare al meglio come la lente d’ingrandimento/ chitarra elettrica del musicista americano vada ad ingrandire brani epocali del prima, assoggettandoli ad una pianificazione di resa musicale e di assorbimento d’ascolto del poi, ossia di adesso.

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