Ma, oltre al Tristan-Akkord citato nell’introduzione lenta del suo Secondo Quartetto per archi, Weigl confeziona questa pagina cameristica sulla base della grande lezione quartettistica beethoveniana, con chiari ed evidenti richiami derivati dal Quartetto n. 1 op. 59, dal n. 13 op. 130, dal n. 14 op. 131, dal n. 15 op. 132 e dalla Große Fugue , richiami che vanno a inquadrarsi in tutte quelle sollecitazioni armoniche ed espressive che, ancora una volta, il compositore viennese aspira dalla densità cromatica del Tristan und Isolde wagneriano. Per via dell’ardua lettura e dell’impervia esecuzione, il Secondo quartetto per archi resta, all’interno della produzione cameristica di Weigl, un capitolo a sé; dopo di esso, il compositore viennese abbandonò il sentiero di un avanguardismo estremo le cui redini furono poi riprese e ampliate dai risultati rivoluzionari della Seconda Scuola viennese. Al contrario, il suo Quarto quartetto per archi rientra negli argini di un linguaggio pienamente tonale, increspato solo dalla consueta presenza di un’instabilità armonica che si rifà, ancora una volta, alle concezioni wagneriane. Questo Quarto quartetto in re minore, opera postuma in quanto mai pubblicata durante la vita di Weigl, nacque in due momenti distinti, dapprima con l’elaborazione del cosiddetto Requiem für Eva , che venne scritto nel 1923 e considerato dall’autore come brano autonomo e autoreferenziale, ma al quale l’anno successivo furono aggiunti altri tre tempi, trasformando di fatto il Requiem nel terzo tempo della pagina cameristica in questione. Questo Requiem è uno struggente Adagio in forma A-B-A-B-A in mi bemolle minore, che vanta un Trio centrale in fa diesis minore. Intorno ad esso, Weigl imbastì dapprima, quale primo tempo, un Allegro il cui impianto classico, sul tipico solco beethoveniano, presenta però un costrutto armonico portato ai limiti del linguaggio tonale, in quanto abbondano continui prospetti dissonantici. Il secondo tempo, Allegretto, risente molto della tipologia compositiva mahleriana verso lo Scherzo, con la classica forma ABA, che già anticipa nel suo sviluppo il tema principale del Requiem che segue. Infine, il finale, Allegro appassionato, rappresenta un ritorno al linguaggio del tardo romanticismo, se si tiene conto che la spasmodica tensione incarnata nel Requiem viene spazzata via da un tipico tema gioioso che rimanda a Brahms, mentre il secondo tema enunciato richiama i mondi fatati e bucolici di Dvořák, il quale a sua volta lascia spazio all’episodio centrale esposto dall’assolo di viola basato su un tema popolare. A questo punto, l’intero materiale tematico viene riproposto, fino a condurre il brano a una coda gioiosa e frenetica. Memore della grande lezione di Schönberg, cultore del genere liederistico e di quello quartettistico, nel 1934 Karl Weigl iniziò a scrivere tre cicli di Lieder originali per voci femminili e quartetto per archi. Il primo ciclo, per soprano, debuttò nella Brahms- Saal con il celebre soprano Elisabeth Schumann e il Quartetto Rosé nel 1937 (ricordo che questo prestigioso Quartetto, per volere del suo fondatore, Arnold Rosé, aveva tenuto a battesimo nella prestigiosa Musikverein viennese nel 1902 una “scandalosa” composizione di un ancora sconosciuto musicista locale, Arnold Schönberg, intitolata Verklärte Nacht … ). Nel 1936, Weigl compose un altro trittico di Lieder, destinati alla voce di contralto, che non furono mai eseguiti durante la vita dell’autore, il quale dopo l’annessione dell’Austria al Reich nazista, dovette pensare seriamente a lasciare il Paese per via delle sue origini ebraiche. La situazione politica austriaca si fece man mano
sempre più difficile per il compositore e per la seconda moglie Vally, e la coppia cercò disperatamente gli aiuti burocratici e anche finanziari per emigrare negli Stati Uniti. Alla fine, con la documentazione d’espatrio in ordine e grazie all’aiuto economico di un appassionato di musica americano e alto dirigente dei grandi magazzini Bloomingdale’s, Ira Hirschmann, il 15 settembre 1938 i Weigl iniziarono un rischioso viaggio attraverso la Svizzera e la Francia fino a Southampton, in Inghilterra, dove si imbarcarono sulla nave passeggeri SS Statendam il 1° ottobre per approdare finalmente in America.
Però, prima di lasciare per sempre l’Austria, Weigl, l’anno precedente, riuscì a comporre un ultimo ciclo per mezzosoprano; anch’esso formato da tre brani, fu eseguito per la prima volta a Vienna da Nanni Annibali e da un complesso femminile, il Quartetto Weiss, in quello stesso 1937. Ascoltando questi meravigliosi Lieder, si comprende come il compositore viennese, ormai conscio di quanto
Il leggendario Quartetto Rosé in una foto risalente agli anni Venti. Da sinistra, Paul Fischer, Arnold Rosé, Anton Rusitzka e Anton Walter.
sarebbe successo pochi mesi dopo, volle donare un ultimo struggente tributo musicale alla sua terra e a quella cultura mitteleuropea di cui era stato uno degli ultimi grandi artefici. Sul solco dorato e nostalgico de Die Welt von gestern di zweigiana memoria, queste tre pagine affondano le proprie radici nel cuore della tradizione austro- germanica con chiari riferimenti a Franz Schubert, Johannes Brahms e, soprattutto, al sempre presente Gustav Mahler e al suo ciclo Des Knaben Wunderhorn . La preziosità di questa registrazione non sta solo nella sua testimonianza storica, visto che parliamo di un autore la cui discografia è ancora purtroppo assai lacunosa e che lo vede, quasi sempre, coinvolto in dischi miscellanei, ma anche per via della notevolissima lettura fatta sia dai quattro componenti dell’Ensemble Mark Rothko, sia del mezzosoprano Carrère. La cartina al tornasole di questa interpretazione, da parte del quartetto, è data dall’esecuzione dell’ostico e impervio Quartetto n. 2, una delle pagine cameristiche tecnicamente più difficili di tutta la letteratura quartettistica del Novecento storico. La lucida decisione esecutiva, la capacità di calibrare ottimamente la volumetria timbrica, la capacità di rendere al meglio la delicatissima fase degli attacchi e le scelte agogiche di questo brano, autentico caposaldo sismografico di un’epoca musicale in piena effervescenza ed evoluzione, esaltano compiutamente questa prima incisione mondiale. Anche l’esecuzione del Quarto quartetto, il cui lirismo deve fare i conti con un impianto armonico che è fondamentalmente un campo minato, non tradisce le attese e viene restituito con il giusto eloquio e con un suono capace di mettere in rilievo le asperità tecniche ed espressive.
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