GrooveBack Magazine 003

Il prodotto Ecco che dopo questi tre modelli è nato il Blaze Monitor, il quale ha in realtà una storia tutta particolare. Il progettista non era ancora intenzionato a realizzare un modello ammiraglio, un sistema che fosse all’apice della sua produzione, senonché è stato coinvolto come partner nella presentazione di un libro collegato a una mostra da fare a Pordenone, Mille dischi per un secolo (1900- 2000) di Enrico Merlin. L’autore aveva chiesto una mano a Mario affinché sonorizzasse la sala per far ascoltare al pubblico delle registrazioni. Merlin, pur possessore di impianti personali, ha preferito utilizzare i diffusori di Mario Garavaglia, citandolo anche nel libro. Quell’anno hanno girato tanto insieme, fatto insieme molti eventi. È stato allora sviluppato un diffusore che fosse un po’ più grande del Classic Monitor, sistema comunque a quattro vie con woofer da 12”, in quanto negli ambienti da sonorizzare in quest’evento serviva qualcosa di più grosso. Così, Garavaglia ha approfittato dell’occasione costruendo questo nuovo diffusore, progettato un anno e mezzo prima dell’evento di presentazione, con dodici mesi di gestazione alle spalle. Contestualmente, era stata avviata una collaborazione con

Ecco com’è nato il Blaze Monitor, un diffusore in cui l’intera elettronica è esterna. Per farlo funzionare occorrono quattro canali, due amplificatori stereo per ciascun canale, così l’utente può decidere di prendere o il finale di potenza proprietario dedicato oppure optare per delle elettroniche di sua preferenza, avendo l’accortezza di scegliere un finale da almeno 150 Watt di potenza. Il Brianza Audio Lab ha quattro canali e al suo interno ospita dei moduli in Classe D, realizzati in collaborazione con la Powersoft, erogando la notevole potenza di 600 Watt su ogni canale. L’amplificatore viene gestito da un’unita digitale DSP esterna, la quale ha il compito di dividere il segnale in due porzioni, inviandone una al woofer secondario e l’altra a quello superiore, il principale, in quanto il secondario agisce un po’ da rinforzo dei bassi e un po’ da subwoofer. Il secondo canale, allo stesso tempo, controlla l’escursione del woofer superiore. Tutta la sezione medio-alta è amministrata invece da un crossover passivo, questo interno al mobile. Alla luce di tale configurazione possiamo considerare il Blaze Monitor come sistema ibrido, attivo e passivo. Sul pannello posteriore del diffusori c’è una manetta per la regolazione dell’emissione del supertweeter, che lo porta da un massimo sino allo spegnimento completo. Il DSP taglia elettronicamente il secondo woofer e agisce su tutti e quattro i canali, ma soprattutto ha la funzione di calibrare acusticamente il sistema nell’ambiente in cui verrà posizionato. Infatti, nel pacchetto d’acquisto è compresa la messa in opera da parte dello stesso Mario Garavaglia o da un tecnico specializzato da lui inviato. «Quando arriviamo nell’ambiente del cliente», mi conferma il progettista, «installiamo il diffusore, accendiamo il PC, apriamo il programma e facciamo delle acquisizioni ambientali in vari punti con un microfono; in questo modo, si ottiene la risposta in frequenza in quel dato ambiente e alla fine si ottimizza il tutto». Nascendo il Blaze come monitor, è fondamentale che la risposta sia omogenea in vari punti perché in una sala di regia chi lavora è dislocato diversamente, con il produttore in un punto, il fonico in un altro e così via, ma tutti devono poter sentire in maniera chiara. Ritornando a bomba al DSP, è importante linearizzare la risposta in ambiente, così come eliminare quelle inevitabili risonanze e buchi che affliggono ogni spazio confinato. Chiaro, è una questione di vedute: c’è chi è rigorosamente analogista e non gradisce tali interventi digitali, ma ci sono al contrario altri audiofili che abbracciano la causa digitale per correggere tutto quel marasma di riflessioni e risonanze che si crea naturalmente in un ambiente. I woofer sono stati fatti costruire secondo strette specifiche del progettista, brandizzati, con la sospensione in foam telato, materiale di grande durata, più resistente di quello semplice e che rappresenta una via di mezzo tra questo e la tela. A di là delle lamentele sulla durata nel tempo che potrebbero innescarsi riguardo l’utilizzo di tale materiale, che comunque nei woofer Brianza A.L. è telato, occorre sapere che questo presenta un’elasticità nettamente superiore a qualsiasi tipo di gomma, cioè il ritorno in posizione della membrana è molto più veloce, oltre a favorire una maggior discesa in frequenza. La ragione sta nel Cms più alto che con il foam si riesce a ottenere, uno dei parametri fondamentali di Thiele & Small che indica la cedevolezza meccanica delle sospensioni. La membrana può così oscillare più liberamente e, in presenza di un forte transiente, per esempio un forte colpo di grancassa, è fulminea nel ritornare nella posizione di riposo, anche dopo essere stata costretta a una notevole escursione.

Un particolare del midrange a cono da 5”, del tweeter in seta Satori e del supertweeter a nastro.

un istituto scolastico superiore di Pordenone specializzato nella realizzazione di mobili. Una scuola che prepara i ragazzi a entrare nel mondo del lavoro, avviati sulla via dell’espressione di un alto artigianato. Mario ha preso la decisione di affidare la costruzione del mobile del primo prototipo non ai suoi soliti terzisti, con cui collaborava da anni, ma proprio ai ragazzi di questa scuola. Dopo aver fatto una conferenza nell’istituto, in cui aveva spiegato cos’erano e come erano fatti gli altoparlanti, cos’erano e come funzionavano i monitor da studio, ha passato la palla a loro, affidando l’impegno di costruirne uno. Ha allora creato un piccolo concorso interno per rendere la cosa elettrizzante, dando indicazioni su come realizzare un sistema a cinque vie che adoperasse determinati componenti. Sono stati presentati alcuni progetti, alcuni assurdi e altri meno, finché un ragazzo ne ha proposto uno che ai suoi occhi è risultato attendibile, che poi è proprio quello che è stato alla fine scelto. Mario Garavaglia ha solo dovuto ritoccare qualche particolare di questo parallelepipedo molto classico e poi da lì ha sviluppato tutta l’elettronica.

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