GrooveBack Magazine 003

Q.P.: Certo. Lì c’è lo sprofondare e poi si verifica la risalita. Questo bisogna non solo dire, ma spiegare tecnicamente come avviene. Adesso sto preparando un testo che dovrebbe essere quello introduttivo a una serie di atti da un convegno riguardante il momento che la musica sta attraversando oggi, s’intende quella che io chiamo forte. Qualcuno la chiama “classica” ma non va bene perché è un non senso, Alfredo Casella e Richard Wagner non ne fanno parte, è un aggettivo fuorviante. La musica classica è un breve periodo tra il 1750 e il 1790, più o meno perché già l’ultimo Mozart non lo è. Devo dunque scrivere un’introduzione che tocchi tutti i punti che oggi un critico musicale o abborda o colpevolmente evita. Prima c’è una distinzione precisa per quanto riguarda la critica musicale. Il prefatore

ragioni forti, le mette in dubbio. Sia ben chiaro che in ciò non c’è niente di male perché può essere un fenomeno che vivifica, che smuove e dobbiamo riconoscerlo come tale e affermare che non abbiamo categorie universali, ossia ciò di cui parla proprio il libro di Spengler Der Untergang des Abendlandes , “Il tramonto dell’Occidente”. La decadenza dell’Occidente e la grande ragione di questa decadenza stanno nel venir meno dei giudizi universalmente condivisibili. Sarebbero anche tali ma la vanità, la presunzione di qualcuno fa sì che venga criticata la loro condivisibilità. Questo per evitare che un errore da me commesso sia giudicato uno sbaglio d’ignoranza. No, ho semplicemente messo in crisi certe regole. Le faccio un esempio: noi sappiamo che il numero reale delle vibrazioni, in un pianoforte ben accordato con un buon diapason, del do centrale è di 256 al minuto secondo, e che il do all’ottava presenta il doppio delle vibrazioni, cioè 512 e, a seguire, 1024 e 2048. A scendere troviamo la metà, che è 128, poi 64 e 32 Hz. In mezzo che cosa c’è? Un rapporto di numeri irrazionali. Noi poi, per semplificare, questo 256 Hz lo possiamo equiparare a 1 e vedere tutti gli altri “do” in proporzione a 1. Allora quello a 512 Hz diventa 2 e così via. Qual è invece il numero di vibrazioni al minuto secondo di ognuno dei dodici suoni che formano una scala? Sono tutti numeri irrazionali. I rapporti sono costanti e ogni semitono corrisponde a un aumento del 5,9% della frequenza del suono precedente, sulla base della radice dodicesima di due, cioè 1,0594. Si arriva così al fa diesis, il cui rapporto è di 1,41421, vale a dire la radice quadrata di 2. È meraviglioso! Qual è il rapporto tra la diagonale e il lato del quadrato? Sempre la radice quadrata di 2. Questo vuol dire che le cose di cui sono fatte le forme del mondo corrispondono a misure che troviamo nella musica e che questa è la depositaria di tutte le forme. La successione di Fibonacci è nella musica, lo sappiamo benissimo. Tutto quello che noi crediamo essere astratto, geometrico, diventa poi suono, quindi anche bellezza e significato nella musica. Ecco perché la mancanza dell’istruzione musicale è terribilmente dannosa per noi occidentali e in Italia in particolare. A.P.: Nel suo libro dedicato alla biografia di Gustav Mahler indaga su tutte le sue composizioni, anche quelle più rare, a lungo inedite e incompiute. Ha voluto inoltre stilare un vero e proprio manuale mahleriano, traducendo tutti i testi delle composizioni vocali e delle poesie con il testo originale a fronte. Ha raccolto inoltre notizie genealogiche e filologiche sulle opere, sulle edizioni, sulla bibliografia e sulla famiglia del compositore. Cosa l’ha spinta a un lavoro così colossale, a una ricerca talmente appro fondita? Q.P.: Quand’ero adolescente e studiavo pianoforte, apprendendo le pagine pianistiche di Schumann, capii che quella musica parlava di me giovanotto. Ascoltando la musica di Mahler ho capito che quella parlava di me post adolescente, avviato verso la vecchiaia e la morte. In particolare, oggi la musica di Gustav Mahler è l’immagine della mia morte. Sono questi i due compositori che mi hanno sempre regolato. In qualche modo la mia consapevolezza dell’avvicinarsi della morte mi viene accentuata e nello stesso tempo confortata dalla musica di Mahler. Ho riconosciuto nella musica di Schumann una promessa che sapevo non si sarebbe mai mantenuta, cioè la fine dei dolori. Non è questa la verità, perché ho constatato, andando avanti nella vita, di aver avuto molta felicità da mia moglie e un indicibile dolore dalla sua scomparsa, avvenuta a sessant’anni esatti dal matrimonio. Invece, la musica di Mahler mi dà la sensazione

Il celebre dagherrotipo, risalente al 1850, con Robert Schumann e la moglie, la pianista Clara Wieck.

di un libro che parli di un compositore e scriva in sostanza la sua biografia, che è pure un’eccellente idea, non fa critica musicale ma stila la vita di un signore qualsiasi che per caso faceva il musicista. Si può magari leggere che il nazismo cacciò in esilio tutti i musicisti espressionisti insieme con i poeti, Bertolt Brecht, Kurt Weill, la cosiddetta musica degenerata. Ma questa non è critica musicale, è storiografia. È ora di finirla, perché quello propriamente detto è un giudizio musicale emesso da una persona che conosce la musica tecnicamente, altrimenti non ha senso, su musiche composte da altri musicisti. Non vedo come uno privo di conoscenza della musica possa fare della critica musicale. Con tutta la mia ammirazione per i pittori, scultori, non mi sognerei mai di avere la faccia tosta di scrivere sulla rivista di cui sono redattore un testo di critica d’arte, anche se so che ne sarei capace. Qualche volta l’ho fatto perché erano cose un po’ particolari, molto legate a certi fatti musicali. Per esempio, l’arte di Paul Klee a proposito dei Quadri da un’esposizione di Musorgskij; lì va bene perché s’intende istituire questo rapporto, allora cerco di non dire bestialità rispetto alla mia competenza in campo pittorico. Direi che la critica musicale è un’attività che ha bisogno di essere sostenuta dalla conoscenza della musica. C’è un noto scrittore, per esempio, considerato da alcuni un genio immortale, il quale non conosce nulla di musica, ma ha la predilezione per dare giudizi su questa dicendo «La musica di diversa ispirazione, per esempio il rock, il rap, la classica». A proposito, ma dov’è la “classica” oggi? Non ci può essere perché la nostra epoca non riposa sul concetto di classico ma su quello di critico, nel senso che è entrata in crisi. Viviamo in un tempo di smarrimento in cui il cambiamento è continuo, senza poter contare su un appiglio, su un punto fermo. Il famoso libro di Stefan Zweig [ Il mondo di ieri , N.d.A.], l’ultimo che scrisse prima di andare in esilio, parte proprio dalla descrizione di quella che era la cultura dell’Austria imperiale antecedente alla Prima guerra mondiale. Una cultura vivace, in grado di sapere nel suo oggi ciò che sarebbe successo domani e che domani avrebbe saputo ciò che sarebbe accaduto dopodomani. Tale è la continuità di una cultura che ha delle ragioni forti. Ma una volta che perde le

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