GrooveBack Magazine 003

Q.P.: La mia risposta è: cari giovani, nei limiti del possibile impariamo un po’ più di lingue. Farete magari fatica ma proverete una grande felicità nel sentire le cose in un

certamente sì. Non si può capire la musica strumentale di Mahler se non si comprende quella vocale, del resto lui ci ha aiutati in tal senso perché nella sua vita ha composto quasi soltanto Lieder e sinfonie. A.P.: Le faccio una piccola confessione maestro. Io ascolto la musica di Mahler da quando avevo undici anni, ora ne ho sessantasette, ultimamente avverto quasi una paura nel sentirlo, per esempio nell’inizio della Sesta sinfonia. Avverto un qualcosa che mi tallona, che sta per raggiungermi senza darmi scampo. Q.P.: La Sesta sinfonia fu scritta nel 1903, è una premonizione degli stivali delle SS che andavano a cercare gli ebrei, questo l’ho scritto anche nel libro, ma mi sembra addirittura ovvio. È terribile. Alla fine dell’ultimo tempo c’è quel volo verso l’alto

idioma che voi finalmente comprendete. Non solo ma, dato il tipo di testi, sono proprio quelli che educano di più al godimento della musica, poiché è il tema, il pensiero che conferisce le emozioni. Dunque, imparare, per esempio, quei versi iniziali di Eichendorff che citavo prima, i quali incarnano l’immagine meravigliosa, quasi egizia della dea Nut che guarda il dio Geb. Nut, femmina, il cielo, e Geb, maschio, la terra, con l’inversione rispetto al latino e al greco dei generi grammaticali. Tutto questo è sublime. Anche nella seconda strofa del citato Mondnacht bisogna conoscere il tedesco per godere della bellezza che questo Lied contiene. Io ho provato a tradurre moltissimi di questi testi, ma serve soltanto per dire: «Sentite, quello che ascoltate in realtà va letto soltanto nella lingua originale. Studiatela

e poi la caduta. Una composizione meravigliosa che è stata messa in riga da questa mimesi di carattere militare, la visione dell’individuo che da solo deve fronteggiare un orrendo esercito di mostri, quello del vivere, della vita. Tutto è mostruoso, anche il secondo tempo, che per qualcuno è il terzo. Le racconto una storiella che narra di un famoso magnate dell’industria e del commercio americano, l’ebreo Gilbert Kaplan, che io ho conosciuto benissimo a un convegno ad Amsterdam su Mahler. Un incompetente, ma che con i suoi miliardi aveva acquistato dei manoscritti originali delle sinfonie di Mahler, non di tutte, e si era messo

Alma Mahler e le figlie Maria Anna e Anna, avute dal primo matrimonio con Gustav Mahler.

e proverete cento volte la felicità che provate ora di fronte alla traduzione». Laddove nella seconda strofa si dice, in italiano: C’era un sussurro misterioso nei campi/le spighe ondeggiavano in silenzio/si sentiva frusciare il vento sui prati/tanto chiara di stelle era la notte . Qui il poeta, grandissimo, istituisce un rapporto causale, assolutamente magico e non prevedibile, tra il fatto che la notte sia piena di stelle e le spighe ondeggino, cioè che la natura in qualche modo si muova. Le stelle si mettono d’accordo con le spighe. A.P.: Un’altra sua affermazione è che: «La musica di Schumann somiglia alla città in cui sono nato. Somiglia al profumo dei tigli di una certa via di Gorizia dove abitava una tale di cui ero innamorato». Talvolta si ha un rapporto particolare con la musica classica, o “forte”, come lei la definisce, essendo colti da un timore reverenziale verso di essa. Un altro fattore che può fare da ostacolo a rendercela familiare è la supposta acculturazione necessaria. Le chiedo quanto sia importante, nell’ascolto di una composizione, la cultura a monte e quanto il mero dato sensoriale. Q.P.: Com’è noto, la pedagogia di avviamento alla conoscenza della musica che è in atto nei circoli dei rappers o nel citato critico che dirige corsi di cultura musicale, è esattamente il contrario della realtà. Possiamo dire che maggiore è la conoscenza circostante di un oggetto, cioè di tutto quello che ha al suo centro ma che fa da contorno, si centralizza e diventa cuore. Se il rapporto tra un oggetto e il suo entourage è semplicemente enunciato, probabilmente non succede niente, ma nel momento stesso in cui noi ce ne interessiamo, lo dice anche la fisica quantistica, le particelle infinitesimali sanno che noi ci prendiamo cura di loro e iniziano ad aggregarsi e a condizionarci facendoci capire che noi non possiamo più uscire da questa gabbia,

Il musicologo e storico della musica Henry-Louis de La Grange, scomparso nel 2017, autore di una monumentale biografia di Mahler.

a dirigerle senza aver mai studiato direzione d’orchestra. Siccome lui era ricchissimo, tutti dicevano: «Com’è bravo!». La cosa vergognosa è che l’altezzoso, schizzinoso barone Henry-Louis de La Grange, che tra l’altro mi odiava, avendo anch’io scritto una biografia su Gustav Mahler, tutti se n’erano accorti, non mi voleva intorno. A questo convegno mi voleva isolare e, a un certo punto, arrivò questo Kaplan. L’altezzoso barone de La Grange diventò allora un cagnolino scodinzolante verso quest’ignorante. De La Grange era antipaticissimo ma colto, non geniale perché non faceva altro che sciorinare nozioni, una sequela messa in fila. Io non ho avuto bisogno di scrivere quattro volumi su Mahler, me n’è bastato uno di milletrecento pagine. A.P.: Lei è un insigne traduttore dal tedesco. Quanto dell’intima poesia espressa, per esempio nel ciclo liederistico Lieder eines fahrenden Gesellen, l’ascoltatore che non conosce il tedesco si perde? In altri termini, quali sono i limiti in tal senso di una traduzione in un’altra lingua?

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