GrooveBack Magazine 003

Serenade To A Soul Sister , come dire nome omen , già il titolo parla chiaro: il 1968 fu un anno di lotta e di turbolenze sociali e l’album è un tributo ideale alle donne afro-americane che in quel periodo soffrivano e lottavano, subendo discriminazioni ancora più pesanti rispetto agli uomini. Ciononostante, Silver esplicitò chiaramente il suo pensiero nelle note di copertina, chiarendo che non sarebbe mai stato capace di lasciare che « politica, odio o rabbia » entrassero nella sua musica. Registrato in due sessioni separate al Van Gelder Studio, il 23 febbraio ed il 29 marzo del 1968 e pubblicato nel giugno dello stesso anno, l’album si pregia di sei eccellenti composizioni originali a firma Silver, il quale appare in uno stato di grazia, sia da un punto di vista creativo, che sotto il profilo organizzativo. Le due variazioni di line-up , che vedono in alternanza, quali manovratori della macchina del ritmo Bob Cranshaw e John Williams al contrabbasso, Mickey Roker e Billy Cobham alla batteria, non intaccano minimamente il costrutto sonoro concepito dal pianista: tutti i sodali sono perfettamente allineati agli assunti programmatici del band-leader . L’amalgama è perfetto e l’omogeneità garantita. L’ opener , Psychedelic Sally , che da solo vale il prezzo della corsa, è una sorta di biglietto da visita e il punto focale dell’intera opera: è scorrevole, invitante e a presa rapida, inchiodandosi nelle meningi del fruitore grazie a una linea di basso propulsiva, secondo la migliore tradizione funkiness e un tema imponente introdotto all’unisono dal sax e dalla tromba. Come da tradizione, il sontuoso sassofono di Turrentine, con un assolo bluesy da manuale, apre un varco a un energico giro di tromba distillato da un efficace e disinibito Tolliver; infine, Silver tira le somme delimitando il perimetro sonoro con un decisivo assolo di piano in modalità juke- joint, ossia con quell’innata capacità di sorprendere ancora, quando sembrava che gli altri avessero già detto tutto, ma senza disperderne le idee, mostrandosi competitivo o banalizzandole, ma concentrandole in un punto stabilito e saldandole insieme con un’abilità non comune. La title-track , Serenade To A Soul Sister , è un ottimo hard bop insanguato di funk , che sembrerebbe richiamare i trascorsi di Horace con i Jazz Messengers, stagliandosi furtivamente in

un’ambientazione metropolitana fatta di luci e ombre, durante una notte fitta di misteri. Rain Dance nella fase iniziale ha un passo militaresco e sembrerebbe una chiamata alle armi; improvvisamente, il piano di Silver comincia a diradare la polvere del «lampo dei manipoli e l’onda dei cavalli», per assumere una flessuosa grazia femminile, placcato in seconda battuta dal sanguigno sax di Turrentine e dalla profondità della tromba di Tolliver che sembra raccontare una storia di soprusi e sofferenze; quindi, un finale nuovamente sul piede di guerra sferzato da una pioggia torrenziale di note. Jungle Juice è un funk nervoso dal sangue misto, che sembra vagare in una giungla di pensieri, narrati alla perfezione come una telescrivente dal sax e dalla tromba, mentre il piano sembra seguirne il passo in maniera cadenzata, per poi avallarne gli assunti con un assolo elaborato quasi in copia carbone, mentre il racconto sonoro continua sotto dettatura per volere degli ottoni. Kindred Spirits , sono le affinità elettive, gli spiriti diventano bollenti, mentre tutti i sodali ritrovano la loro analogia di pensiero legata al blues . Next Time I Fall In Love assume le sembianze di una ballata trascritta su carta millimetrata dal piano di Silver, dalle cui vene zampilla un misto di soul e di pathos . Senza condizionamenti esterni, con Serenade To A Soul Sister , il prode Orazio ha continuato a tracciare le coordinate della perfetta navigazione, mentre in quell’anno il mondo del jazz era un mare in tempesta, fissandone la rotta e i precisi punti d’ancoraggio, che diventeranno materia di studio e un faro illuminante per quanti dopo di lui avrebbero voluto veleggiare nelle acque del soul-jazz . ( Horace Silver - «Serenade To A Soul Sister», 1968 ).

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