GrooveBack Magazine 003

Hölderlin, oltre a citare altri autori “sacri” del Pantheon romantico germanico come Novalis, Friedrich Schlegel e Jean Paul, con la musica del nostro autore. Questo punto di contatto non riguarda solo l’importanza della scelta di quelle poesie convogliate poi nei Lieder schumanniani, come accade nel Liederkreis Op. 39, i cui dodici brani vertono proprio su altrettante poesie di Eichendorff, ma di come l’influsso di questo poeta e di altri autori sia stato determinante anche nella musica esclusivamente pianistica di Schumann, ossia di come la parola poetica, il verso, la strofa, nella mente del compositore di Zwickau, siano stati perpetuati alla stregua di “testi musicalizzati” sulla tastiera del pianoforte. In un certo senso, attraverso questa operazione di continuità metasemantica, Schumann va oltre alla celebre affermazione di Heine, ossia che dove le parole finiscono là inizia la musica. Al contrario, la “lucidità” intellettuale e artistica schumanniane

gli permettono, a detta di Schliessmann, di unire i due concetti, quelli della parola e del suono, in un continuo perpetuarsi, al punto di rovesciare l’affermazione di Heine in laddove le parole finiscono, là prosegue la musica. Così, attraverso la sua rielaborazione musicale mediante il pianoforte, Schumann non fa altro che dilatare, ampliare, esaltare il contesto poetico, trasformandolo in una “metapoesia sonora”. Come a dire che, anche quando compone musica esclusivamente dedicata al suo strumento preferito, Schumann non cessa di pensare e di immaginare come un letterato. Per questo, nel suo saggio introduttivo alle registrazioni contenute in questo cofanetto, Schliessmann scrive testualmente: «Robert Schumann è considerato il principale rappresentante del Romanticismo tedesco, in particolare attraverso la sua esemplare fusione/combinazione di letteratura e

Lo studio Teldex di Berlino, dove è stata effettuata la registrazione, con l’accurata microfonatura predisposta sul pianoforte.

Ho voluto citare interamente questo lungo periodo, per far comprendere meglio per quale motivo il pianista bavarese, nella sua scelta del repertorio inciso in questi tre SACD, abbia dato estrema importanza al concetto schumanniano di Fantasie . Questo perché proprio in questo genere pianistico, il compositore di Zwickau trovò lo strumento espressivo ideale per sintetizzare l’ambito letterario con quello squisitamente musicale (ricordo che Schliessmann qui esegue la Fantasia in do maggiore, Op. 17, i Fantasiestücke , Op. 12 e i Drei Fantasiestücke , Op. 111), senza dimenticare, per rinsaldare ancora la dimensione “letteraria” del suo pianismo, che dietro la Kreisleriana op. 16 (i cui otto brani sono altrettante Fantasie), così come nei Fantasiestücke , Op. 12, c’è la figura ingombrante, quasi onnipresente, di E. T. A. Hoffmann. E questo vale soprattutto per l’Op. 16, che Schumann compose in soli quattro giorni nel 1838 in uno stato di febbrile irrequietezza e in preda a un umore depresso, in cui la materia musicale va a collimare, attraverso precise scelte armonico-melodiche e timbriche, con il personaggio letterario di Hoffmann, ossia il direttore d’orchestra Johannes Kreisler, che precipita progressivamente nella follia, «anticipando in modo inquietante il destino di Schumann, [e che] simboleggia la combinazione di biografico, letterario e musicale che è così caratteristica del Romanticismo e che incontriamo ripetutamente nell’opera di Schumann». Nondimeno, anche i quattro Nachtstücke Op. 23, composti a Vienna nel marzo 1839, si basano su modelli letterari tratti dall’opera narrativa di E. T. A. Hoffmann e risultano collegati dalla loro atmosfera cupa. È interessante notare come Schumann annotò nel suo diario che stava scrivendo una “fantasia di cadaveri” (sic!). Non solo, ma poco dopo aver composto il primo dei quattro pezzi, una vera e propria marcia funebre, Schumann venne a sapere della morte del fratello Eduard da Zwickau e commentò testualmente: «Quanto sono strane le mie premonizioni; mi rendo conto anche dell’addio a Eduard e di quanto fosse ancora buono».

Anche il poeta tedesco Joseph von Eichendorff, che vediamo in una stampa dell’epoca, è stato fondamentale con i suoi versi, utilizzati nei Lieder schumanniani, per la stessa musica pianistica del compositore di Zwickau.

musica. Dove la parola parlata o scritta raggiunge i suoi limiti, la musica entra con il suo linguaggio e i suoi mezzi. La poesia viene elevata a un nuovo livello e stadio di comunicazione, rappresentazione e comprensione. Stilisticamente, le opere per pianoforte di Schumann appartengono a un periodo di transizione che fu ispirato dalla polifonia di Bach e condizionato dai successori e imitatori del classicismo viennese e in particolare di Beethoven. Gli elementi dello stile di Schumann che lo rendono originale e grande, e che sono unicamente caratteristici di lui, possono essere visti in due modi. La sua inventiva compositiva lo portò ben oltre le progressioni armoniche note fino alla sua epoca; d’altra parte, scoprì nelle fughe e nei canoni dei compositori precedenti un principio romantico. Vedeva il contrappunto, con il suo intreccio di voci, come corrispondente alle misteriose relazioni tra fenomeni esterni e anima umana e, essendo un compositore romantico, si trovò spinto a esprimerle in termini musicali complessi».

70 | GRooVEback002

71 | GRooVEback002

Made with FlippingBook flipbook maker