GrooveBack Magazine 003

Cesare Pavese, le Langhe e il jazz

che gli erano di casa, mangiando anche nella sua trattoria preferita, Le tre galline , nel cuore di Porta Palazzo, per ripercorrere gli stessi profumi e gli stessi gusti da lui provati. Quindi, quando ho saputo che un musicista jazz, Gianni Virone, nato a Chieri, cittadina del torinese, sassofonista e compositore, aveva dato vita a un progetto discografico con la Da Vinci Jazz dedicato alle Langhe e a Cesare Pavese, ho voluto ascoltare il suo disco e adesso, come è giusto che sia, ne voglio scrivere, anche perché in nome di quelle terre e di quello scrittore, che ad appena 41 anni decise di porre fine alla sua vita, ho sentito che il filo che mi univa a entrambi mi spingeva a rappresentare le immagini e le parole con il suono creato per ricordarle e per narrarle.

di Andrea Bedetti

Affascinato dalla figura del grande scrittore piemontese, il compositore e saxofonista Gianni Virone, con la collaborazione di Gianpiero Brignone, direttore della Fondazione Fossano Musica, e dello scrittore Pierfrancesco Di Noia, ha creato una jazz opera incentrata sull’autore de La luna è i falò, che è stata anche registrata dalla Da Vinci Jazz.

Il progetto discografico in questione, pubblicato qualche mese fa, si intitola Le langhe non si perdono , un verso presente nella poesia di Pavese I mari del nord , e la sua nascita, come spiega lo stesso Virone nelle note di accompagnamento, è coincisa con la pandemia causata dal COVID, tra il 2020 e il 2021. Durante quel periodo, il sassofonista piemontese ricevette una proposta da Gianpiero Brignone, direttore della Fondazione Fossano Musica , una delle più importanti istituzioni piemontesi dedicate alla diffusione e all’insegnamento musicali, quella di pensare alle musiche per uno spettacolo dedicato alla figura di Cesare Pavese, voluto dalla Fondazione Pavese di Santo Stefano Belbo. Riprese in mano le opere dello scrittore, il musicista di Chieri, affascinato dalla personalità pavesiana, ha cominciato a

Un’immagine attuale del Caffè Crimea, a Torino, dove negli anni Trenta, nonostante i divieti del regime fascista, gli appassionati di jazz si ritrovavano per ascoltare i dischi a 78 giri del collezionista Alfredo Antonino e musica dal vivo.

scrivere dei brani, basandosi soprattutto su una peculiare tecnica armonica di Olivier Messiaen, ossia i modi a trasposizione limitata, e utilizzando alcuni testi poetici di Pavese. In breve, il progetto si è ampliato, coinvolgendo anche lo scrittore Pierfrancesco Di Noia, grande esperto di Cesare Pavese e cultore del clarinetto, il quale ha scritto i testi di questo spettacolo immaginando la figura di Cesare Pavese sul palcoscenico (interpretato dall’attore Pinuccio Bellone) che racconta sé stesso e il suo rapporto con gli altri e la vita, circondato da un paesaggio sonoro fatto del jazz della sua epoca, ossia quello degli anni Trenta e Quaranta. Quindi, a livello di ascolto, non si deve dimenticare che questo disco rappresenta necessariamente il riversamento musicale di uno spettacolo, una vera e propria jazz opera , in cui l’elemento visivo e scenico, se non indispensabile, rappresenta un quid fondamentale. Spettacolo e, quindi, disco che presentano i due volti esistenziali della vita e dell’opera pavesiane, quella incarnata, appunto, dalle Langhe, cuore della tradizione contadina alla quale lo scrittore ha sempre pensato e immaginato con emozione e nostalgia, e quella rappresentata da Torino, con i suoi ritmi frenetici, che Pavese immaginava come una piccola America, capace di generare quel fenomeno sonoro

Cesare Pavese e, a fianco, il grande e struggente amore della sua vita, l’attrice americana Constance Dowling, per la quale scrisse la sua poesia più famosa e amara, Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.

Amo il Piemonte, le sue terre, la sua gente, persone che badano al sodo e sono di poche parole, quelle che ritengono indispensabili senza lasciarsi andare a futili chiacchiere. Amo la loro cucina e, soprattutto, i loro meravigliosi vini. E, in modo particolare, amo le Langhe e lo scrittore che, come nessun altro, ha saputo descriverle e cantarle con i suoi romanzi e con le sue poesie, Cesare Pavese. Il mio amore per Pavese è nato al liceo e da quel momento, ormai è trascorso mezzo secolo, non l’ho più lasciato da parte, rileggendo più volte la sua opera, maturandola in modo diverso attraverso la mia maturità di uomo e di intellettuale, confrontandomi con lui, come se fosse stato un fratello maggiore virtuale, ma sempre presente, passeggiando in quelle vie torinesi

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