GrooveBack Magazine 003

lo sfruttamento timbrico di questa pagina. Con ciò non voglio affermare che Skrjabin, sotto le dita dell’artista lucchese, si trasforma in una scimmia di Debussy, tanto per parafrasare D’Annunzio, ma seguendo le indicazioni dello stesso compositore moscovita, intende considerare questo capolavoro pianistico come una gemma le cui sfumature cromatiche devono essere necessariamente esaltate da un continuo mutamento timbrico, a cominciare dai celeberrimi trilli che impregnano lo spartito. Colori come prospettive, come elementi di una scomposizione che già anticipa, in un certo senso, le conquiste pittoriche del cubismo destinato alla sua irruzione novecentesca. Da Skrjabin a Rilke, proprio in nome del simbolismo al quale entrambi si abbeverano, il passo è breve. Ed ecco il perché della scelta di Jacques Lenot e dei suoi tecnicamente impervi Rilke - Fragmente che, dopo il loro ascolto, considero a livello riassuntivo una sorta di “ipotesi-meta Skrjabin”, ossia di come, dopo la morte del compositore moscovita, possa essere considerata al presente la sua lezione creativa applicata al

testimonianza esplorativa dell’ultimo Skrjabin e la plasma, attuandola, secondo le intenzioni armonicamente aggiornate di Lenot, portando idealmente/musicalmente a compimento le intenzioni rimaste sulla carta di quel Mysterium così caro al geniale musicista moscovita. Se vogliamo, i Rilke - Fragmente rappresentano una specie di serbatoio escatologico dei preludi di Skrjabin, un loro andare oltre, un proseguimento fattivo e stimolante nei quali Monti si riconosce perfettamente.

Insomma, un disco di prodigiosa bellezza interpretativa.

Altrettanta di ottima fattura la presa del suono effettuata da Sami Bouvet, che ha saputo restituire assai bene il Fazioli 583440 usato da Cristian Monti. La dinamica è corposa, rocciosa (i fff lo dimostrano benissimo), corroborata da un’estrema velocità dei transienti e da una piacevolissima naturalezza del suono. La ricostruzione dello strumento all’interno del palcoscenico sonoro avviene con il pianoforte scolpito al centro dei diffusori, su un piano ravvicinato rispetto l’ascoltatore, ma senza apparire scorretto e con il suono che si irradia notevolmente in altezza e in ampiezza. Anche l’equilibrio tonale è di livello altissimo, con una separazione quasi ideale del registro medio-grave da quello acuto e con una estrema pulizia da parte di entrambi. Infine, il dettaglio è carico di matericità, con una proiezione realmente fisica dello strumento.

Il pianista lucchese Cristian Monti, protagonista di questo disco, con Jacques Lenot durante una pausa della registrazione.

Alexandre Scriabine Jacques Lenot – Rilke-Fragmente Cristian Monti (pianoforte) CD Galaxie-Y CC007

pianoforte. Qui, la dominante è data dal concetto di frammento/variazione, esattamente ventiquattro, numero “sacro” nella letteratura pianistica, in cui lo scopo primario nella dimensione armonica e nella resa espressiva è il non disperdere la materia sonora, ma di raggrumarla positivamente alla luce dell’universo dei preludi skrjabiniani. Ergo , esplorazione timbrica mai fine a se stessa, ma sotterraneamente unitaria, in modo da formare matematicamente gruppi di insiemi collegati da sotto-insiemi. Opera dannatamente difficile, affascinante nel suo progressivo disvelarsi, trova in Cristian Monti un suo interprete ideale, in quanto già all’origine consciamente consapevole della lezione di Skrjabin e di come riesca a renderlo pianisticamente. Partendo da una solida base come questa, il pianista lucchese si proietta in avanti, desume la

Giudizio artistico: Giudizio tecnico:

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