stato concepito, già desse ottimi risultati. Werner, soddisfatto per ciò che il 2+2+2 offriva, non proseguì nella ricerca di ulteriori miglioramenti. Al contrario, io tentai di andare oltre e fu così che, nel 2006, cominciai a sperimentare e realizzare registrazioni audio svincolandomi dal limite dei sei canali dei supporti commerciali utilizzando dapprima un sistema a otto vie (composto da quattro diffusori posizionati sopra le quattro casse principali del surround ) e poi successivamente dieci (per avere una piena compatibilità con l’esistente 5.1) aggiungendo quindi il canale centrale e il canale dedicato al sub. Già a quell’epoca, quindi, io in studio avevo installato un sistema di monitor in configurazione 5.1.4 (che è tutt’ora quello che ancora utilizzo) e la prima produzione fatta sempre per Divox e di comune accordo con Wolfram fu Viaggio a Venezia con I Virtuosi delle Muse e Stefano Molardi alla conduzione (CDX70602). Ma eravamo troppo in anticipo con i tempi e considerando che solo quasi dieci anni dopo sarebbe uscito un supporto (l’UltraHD Bluray) capace di supportare tutti i canali audio necessari per quel sistema, quella produzione (come molte altre da me realizzate in quegli anni) uscì solo in versione stereo. Non so se si trovi ancora o se qualche appassionato audiofilo ne sia mai venuto in possesso ma, quando ci fu la presentazione ufficiale del “nuovo” sistema Auro3D, venne prodotto un sampler con all’interno alcune registrazioni dimostrative del sistema. In quel sampler è presente una mia registrazione ambientale che io feci molti anni prima dove si sentono e si riescono a localizzare perfettamente nello spazio circostante il canto degli uccellini, un asino di una fattoria che raglia e soprattutto il passaggio di un trattore che si avvicina dal lato posteriore sinistro, dando quasi la sensazione di venire addosso all’ascoltatore, e poi se ne va. Oggi mi viene qui po’ da sorridere pensando che ci sono voluti quasi vent’anni per arrivare all’affermazione su larga scala di un sistema come il Dolby Atmos che peraltro, a mio modesto avviso, senza delle linee guida molto chiare, ha creato e sta creando, sia nel mondo di chi produce registrazioni sia tra coloro che le ascoltano, una grande confusione con risultati sonori spesso molto deludenti. Tristemente devo constatare che molte delle registrazioni immersive di oggi (seppur blasonate e premiate) mettono al centro dell’attenzione il sistema in sé lasciando poco spazio alla vera emozione derivante dalla composizione musicale e dall’interpretazione dei musicisti. Per quanto la riguarda, come ha risolto, se lo ha fatto, il dilemma tra la filosofia analogica e quella digitale nell’ambito delle sue registrazioni? In modo molto sereno. Non bisogna mai aver paura delle innovazioni tecnologiche. L’importante è cercare di conoscerle approfonditamente per poter apprezzare aspetti positivi ed eventualmente negativi per poterle sfruttare a proprio vantaggio. Il supporto della tecnologia digitale ha fatto passi da gigante in questi decenni. Se utilizzato in modo corretto e con apparati di qualità, offre indubbiamente dei grandi vantaggi. La componente analogica presente nei convertitori analogico/digitali traccia il carattere del convertitore stesso. È l’anello di congiungimento tra il dominio analogico e quello digitale. Certi stadi di ingresso si adattano meglio di altri nell’accettare il segnale proveniente dai preamplificatori microfonici. È una scelta che va fatta in modo accurato ma, se si trova il corretto abbinamento, il segnale analogico ne ha solo da guadagnare. Inoltre, l’aver tolto un supporto meccanico nella catena di salvataggio dei dati digitali, ha eliminato tutto quel complesso processo di correzione dei dati non sempre esente da errori e che presentava il rischio di restituire un suono finale degradato e non veramente corrispondente all’originale. Oggi siamo almeno
Il Mitsubishi digital multitrack recorder utilizzato da Paolo Carrer.
senso, ho avuto il privilegio di vivere il “dietro le quinte” del loro percorso formativo e artistico, contribuendo, anche se in minima parte, alla loro crescita professionale. Lei è diventato un preciso punto di riferimento per artisti e case discografiche a livello internazionale, creando un sistema di registrazione 3D, il cosiddetto 2+2+2, denominato “Aurofonia”, che ha utilizzato per le sue leggendarie prese del suono dell’etichetta elvetica Divox di Wolfram M. Burgert, specializzata nella musica antica (tra l’altro, una sua registrazione, più precisamente il CD Dolcissimo sospiro , Divox CDX-70202-6, si è aggiudicato il Midem Award 2007 come “Migliore registrazione di musica antica”). In che cosa consiste esattamente questo sistema di registrazione? Premetto che, il sistema 2+2+2 non è un’idea mia. Nasce grazie a Werner Dabringhaus, fonico tedesco originario di Detmold e proprietario dell’etichetta MDG. Io venni a conoscenza del sistema grazie a Wolfram che, nel lontano 2000, mi telefonò e mi chiese di andare a trovarlo a Basilea per sentire delle registrazioni “tridimensionali” incredibilmente realistiche realizzate appunto da Werner e che necessitavano di un sistema audio con sei diffusori per poterle ascoltare. Dopo quell’incontro estremamente illuminante in un negozio di Hi-Fi del centro che aveva appositamente installato il sistema per farmelo sentire, Wolfram mi chiese testualmente: «Sei in grado di capire come si fanno le registrazioni per ottenere questo risultato? Io, d’ora in poi, voglio produrre solo dischi che restituiscano questa esperienza sonora». Mi misi subito al lavoro sperimentando delle tecniche di registrazione che potevano essere compatibili con il risultato che avevo sentito e che stavo cercando e fu così che, circa sei mesi dopo, agli inizi del 2001, ritornai in Svizzera per realizzare la prima registrazione per Divox in 2+2+2 ( Giorno e Notte. Concerti per flauto del Signor Vivaldi - CDX70407-5). L’Aurofonia è stato il passo seguente e rappresenta il vero punto di partenza dell’audio immersivo (Auro3D e Dolby Atmos) dei giorni nostri. In quegli anni si sfruttavano le caratteristiche del DVD Audio e del SACD (capaci di 6 canali audio in qualità non compressa e a banda passante piena) per fornire all’ascoltatore un sistema di ascolto basato su quattro canali surround ( Left, Right, Surround Left e Surround Right ) con l’aggiunta di due altri speaker posizionati a una certa altezza sopra i diffusori principali (con un rapporto 2:1 calcolato sulla distanza tra il canale sinistro e quello destro). I supporti dell’epoca però, con la possibilità di avere solo sei canali audio, erano comunque limitanti per un ascolto realmente immersivo sebbene il sistema, così come era
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