GrooveBack Magazine 006

Personaggio e artista del tutto unico del palcoscenico rock inglese dell’ultimo mezzo secolo, il leggendario cantante di Birmingham ci ha purtroppo lasciati recentemente. Il nostro collaboratore Simone Bardazzi ne tratteggia la sua inimitabile vita, fatta di molti eccessi e clamorose provocazioni, ma anche scandita dal desiderio di comunicare con la musica e con le canzoni i suoi disagi e il suo enorme bisogno di amore Ozzy Osbourne, il “re delle tenebre” tra genio, follia e redenzione

Ora, c’è qualcosa di più buffo della nipotina di Ozzy Osbourne che balla e sorride guardando in televisione il nonno cantare un brano dei Black Sabbath, agghindato da principe delle tenebre? Non proprio il nonno rassicurante, che ti chiama in un angolo del salotto per allungarti un paio di euro per il gelato. Eppure, proprio di queste contraddizioni è fatta la vita di Ozzy. Quando si parla di lui, è inevitabile che l’eco dei Black Sabbath risuoni in sottofondo. Tuttavia, oltre il mito fondativo dell’ heavy metal , c’è un Ozzy solista che ha tracciato un cammino personale unico, visionario, e spesso autodistruttivo, che ha saputo reinventarsi, sopravvivere a se stesso e diventare una delle figure più iconiche della cultura pop globale. Questa è la storia di John Michael Osbourne dopo i Sabbath: un uomo in guerra con i suoi demoni, ma anche un artista instancabile, un padre di famiglia, e un’icona transgenerazionale. Il giovane Ozzy John Michael Osbourne nasce nel 1948 a Birmingham. Infanzia e adolescenza sono segnate dalla povertà e dalle difficoltà scolastiche. Crescere nel dopoguerra in una famiglia operaia nel quartiere di Aston non fu facile. I genitori lavoravano sodo per mantenere ben sei figli in una piccola casa. Ozzy stesso ha spesso raccontato di come la sua infanzia fosse priva di lusso, ma ricca di affetto familiare, anche se il rapporto

di Simone Bardazzi

con il padre non era fra i migliori. La scuola repressiva della Gran Bretagna post-bellica fu per lui un’esperienza frustrante. Soffriva di una severa dislessia (che al tempo non veniva diagnosticata), che gli rendeva difficile leggere e scrivere. Gli insegnanti lo consideravano svogliato e ribelle, e spesso lo punivano perché non seguiva le lezioni. Ozzy odiava la scuola, che lasciò - senza alcun diploma - all’età di quindici anni, più o meno come tanti inglesi al tempo, essenzialmente per lavorare. Così, la dislessia rimase una delle cause della sua insicurezza e della sua fame di attenzione.

Ozzy Osbourne bambino, cresciuto nella povertà nel quartiere operaio di Birmingham.

Per un breve periodo, Ozzy fece i più disparati lavori: operaio in una fabbrica, idraulico, e addirittura in un mattatoio, esperienze che probabilmente hanno contribuito a formare il suo lato oscuro e la sua sensibilità macabra. La musica, in particolare la nascente scena rock britannica, divenne il suo rifugio e la sua speranza. In quel momento, per un giovane senza soldi e prospettive, vi erano due possibili “ascensori sociali”: il calcio e il rock. L’ispirazione per il secondo ascensore gli arrivò dall’ascolto di She Loves You dei Beatles alla radio. I quattro di Liverpool erano stati come lui giovani figli della guerra, senza prospettive. Ora viaggiavano per il mondo sfuggendo a una vita di povertà e di anonimato. La sua carriera musicale iniziò a prendere forma negli anni Sessanta. Si comprò un impianto voce, e iniziò a cercare una band. Suonava in diversi gruppi locali, ma non riusciva a trovare la propria cifra stilistica. La sua voce, potente ma con un timbro

Ozzy Osbourne in una tipica espressione del suo personaggio.

Antefatto Sono in spiaggia. Mi chiama il nostro direttore e mi chiede: «Senti, Simone, hai saputo che è morto Ozzy Osbourne. Ti andrebbe di confezionare un articolo che lo ricordi?». Sarà un caso, ma prima di rispondere, alzo lo sguardo e, poco distante da me, c’è un famiglia sotto l’ombrellone. Figli piccoli. Il padre ha la faccia di Ozzy tatuata sul braccio destro. Sarà il destino, chissà… «Sì, certo, lo faccio!».

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