La letteratura riguardante il genere del concerto per pianoforte e orchestra è ricco di capolavori conosciuti anche da chi non segue e ascolta la musica classica, ma è indubbio che tra questi concerti un posto particolare lo occupa il concerto n. 2 in do minore di Sergej Rachmaninov, composto nel biennio 1900-01, nel quale il compositore di Velikij Novgorod riversò in modo efficace quell’universo di lirismo romantico grazie al quale viene ricordato, soprattutto da coloro che percepiscono nella musica solo la sfera melodica (basti considerare come il tema portante del secondo tempo di questo concerto, l’Adagio sostenuto, sia stato sfruttato a beneficio di spot pubblicitari e di pellicole cinematografiche, per non parlare della furba e ammiccante canzone pop All by Myself di Eric Carmen…). Inevitabile, quindi, che una pagina concertistica come questa possa aver invogliato anche una sua trascrizione sia per solo pianoforte, sia per altri organici, come quello che un pianista di Taiwan, naturalizzato americano, Jeremy Liu, ha voluto approntare nel 2012 per pianoforte, due violini, due viole, violoncello e contrabbasso (tra l’altro, ha anche trascritto per un simile organico quel colosso che è il Concerto n. 2 di Brahms e l’altrettanto celeberrimo Concerto n. 1 di Čajkovskij, quest’ultimo con l’uso di una viola in meno). Ora, la trascrizione in questione del Concerto n. 2 di Rachmaninov è stata registrata recentemente dalla Velut Luna dalla pianista torinese Eliana Grasso e da un quartetto per archi composto da Alessandra Pavoni Belli e Roberto Testa ai violini, da Susanna Tognella alla viola e da Chiara Torselli al violoncello, quindi senza l’impiego della seconda viola e del contrabbasso; una decisione, questa, presa in considerazione del delicato periodo, come racconta la stessa artista torinese nell’intervista che ci ha concesso, durante il quale l’opera è stata registrata, ossia nel corso della terribile pandemia. Inoltre, e questa è un’informazione che interesserà soprattutto gli audiofili, La pianista torinese Eliana Grasso, con la collaborazione di un quartetto per archi, ha registrato per la Velut Luna il famoso capolavoro del compositore russo nella trascrizione fatta dal taiwanese Jeremy Liu. Una registrazione che è anche un saggio di audiofilia, grazie al patron della label che l’ha riversata in CD che sono a tutti gli effetti dei master Il concerto n. 2 di Rachmaninov in versione da camera e con lo zampino di Lincetto
di Andrea Bedetti
La pianista torinese Eliana Grasso che ha registrato per la Velut Luna la trascrizione del Concerto n. 2 di Sergej Rachmaninov, con l’accompagnamento di un quartetto per archi, nel periodo travagliato del Covid (© Giancarlo Mariani).
la presa del suono digitale effettuata a 24bit/88.2kHz a Milano è stata poi masterizzata in analogico da Marco Lincetto nel maggio di quest’anno, trasferendo il suono su CD che sono a tutti gli effetti dei master, denominati Master Clone , firmati e numerati con il pennarello uno ad uno dallo stesso Lincetto (il quale, nel box di questo articolo, ci spiega in che cosa consiste questa tecnica). Essendomi procurato la partitura della trascrizione effettuata da Jeremy Liu (che, a dire il vero, con il tempo da musicista a tutti gli effetti ha preferito, a livello professionale, dedicarsi all’ingegneria informatica) e avendo ricevuto da Marco Lincetto una copia del Master Clone , nel formato Masterblack (ossia con la superficie che contiene le informazioni sonore di colore nero) della registrazione, mi sono concentrato nell’ascolto, per valutare sia la resa trascrittiva, sia l’interpretazione e la componente tecnica. La prima impressione, data dal fatto che l’organico della formazione è stato ridotto rispetto a quanto previsto dal trascrittore, è che tale scelta non abbia squilibrato il risultato in termini di timbrica e di spessore del suono enunciato, permettendo a tutti gli strumenti ad arco di potersi relazionare con il pianoforte in modo equo e bilanciato. Inoltre, Jeremy Liu ha saputo, nella sua riduzione, rispettare pienamente non solo gli elementi portanti della linea dello strumento solistico, ma soprattutto il comparto dialettico che si sprigiona dall’accompagnamento del quartetto per archi. Un altro aspetto assai importante, almeno a mio avviso, è stata la capacità da parte del musicista d’origine taiwanese di concentrarsi sull’essenzialità dimensionale della massa orchestrale; ciò non significa solo che ha liofilizzato debitamente la volumetria delle varie linee, cosa
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