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Newsletter di Ateneo n°6 #limite

UNINEWS TORVERGATA

Ottobre 2025 n°9

#ritmi

SOMMARIO

#Ritmi

In apertura di Bianca Sulpasso La mente e il sonno: un viaggio a ritmo di Fabio Placidi Quando la lingua prende il ritmo di Claudia Roberta Combei Numeri e suono: ritmi scale diffusione et al. di Marco Re I ritmi dei contribuente di Alessia Vignoli Il ritmo giusto per far crescere una startup di Matteo Cristofaro, Riccardo Cimini, Ivo Hristov Ritmi e frequenze, la matematica della realtà di Massimo Picardello

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Direttrice responsabile Lucia Ceci

Progetto grafico Francesco Cirulli

UNINEWS TORVERGATA Contatti: uninews@uniroma2.it Web: https://n9.cl/uninewstv

Photo editor Riccardo Pierluigi

Web Scilla Gentili

Redazione Pierpaolo Basso, Thomas M. Brown, Maria Novella Campagnoli, Marilena Carbone, Francesco Cirulli, Claudia Roberta Combei, Tommaso Continisio, Maria Rosaria D’Ascenzo, Adriana Escobar Rios, Francesco Fabbro, Scilla Gentili, Francesca Grandi, Emanuela Liburdi, Federica Lorini, Florinda Magliulo, Michela Rustici, Andrea Sansone, Sabina Simeone, Marco Tirone, Chiara Tranquilli

Chiuso in redazione: 6 ottobre 2025

di Bianca Sulpasso * In apertura

Ritmo. Misura, battito, tempo. Rocci ne ricorda l’affinità con il verbo ῥ έω, scorrere, fluire regolare. Nel fascicolo di questa Newsletter, il ritmo viene fotografato e analizzato in modo suggestivo nelle sue più varie declinazioni, dalla velocità dell’eloquio all’andamento del ritmo degli obblighi fiscali, dal suono (e ritmo) dei numeri a sonno e ritmi cerebrali, dall’urgenza di trovare il “ritmo giusto” nell’avviare una startup, sino alla possibilità di misurare, scomporre, filtrare ogni ritmo, attraverso la matematica. Anche degli Atenei ha un suo ritmo, mai univoco: intrinsecamente soggetta a ritmi alterni – tra espansioni, fluttuazioni e pause – si fonda sulla capacità di armonizzare tempi differenti, costruendo ponti transitabili tra culture, lingue, istituzioni, cercando equilibrio in un costante esercizio di integrazione, inclusione, dialogo, ascolto e rispetto della diversità. l’Internazionalizzazione Da delegata all’Internazionalizzazione, mi piace ricordare la figura di Renato Poggioli (1907-1963) straordinario mediatore culturale, infaticabile costruttore di ponti tra paesi, lingue e culture diverse che, sin da giovanissimo inizia a cimentarsi nell’arduo tentativo di tradurre il “ritmo altrui”.

È il 25 novembre 1928. Poggioli invia una missiva, ad oggi inedita, ad uno dei più importanti poeti russi del tempo, Vjačeslav Ivanov. Emigrato in Italia nel 1924, filosofo, pensatore, traduttore, catalizzatore culturale, Ivanov è un uomo che si muove tra dozzine di lingue e culture: «Illustre maestro, – scrive Poggioli – Le mando la mia traduzione del I° dei suoi “Sonetti Invernali” e le accludo anche la versione letterale ed il testo originale, copiato dall’Antologia che io possiedo. Le sarò grato se mi volesse scrivere le sue impressioni […]».

*Delegata del Rettore all'Internazionalizzazione bianca.sulpasso@uniroma2.it

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All’epoca Poggioli ha 21 anni, è un giovane studente universitario e sta lavorando in modo febbrile alla sua prima fatica editoriale, un florilegio di poeti russi contemporanei, che vedrà la luce di lì a breve (La violetta notturna. Antologia di poeti russi del Novecento, 1933). Anni dopo, lasciata l’Italia fascista, si affermerà oltreoceano come studioso di slavistica e comparatistica: approdato a Harvard nel 1947, dal 1952 sarà Direttore del Dipartimento di Letterature comparate, fino a quando la sua vita verrà stroncata da un terribile incidente (1963). Ma torniamo alla missiva del giovane studente. Inviare al poeta russo le due sue traduzioni, una letterale e una in versi, apre l’ingresso nella sua officina traduttiva. Traspare, come in cartina di tornasole, ciò che il giovanissimo studioso vuole salvare. Perché il “trapianto” (l’espressione è di Poggioli) dal russo all’italiano riesca, e la poesia mantenga le sue funzioni vitali, bisogna preservare il ritmo del poeta. Il componimento di Ivanov, scritto nel 1919-1920, in una Mosca gelida e affamata, ritrae il poeta che si reca in slitta a trovare i suoi cari in un sanatorio fuori città: i versi ritmano la strada percorsa solcando campi desolati. La rigorosa simmetria sintattica del sonetto, in pentametri giambici, trasmette al lettore un senso di impotente immobilità. Poggioli percepisce questo elemento come prioritario e, pur volgendo il componimento in endecasillabi, mira a riprodurne la fisionomia, riproducendo il ritmo giambico dell’originale.

della sua attività più ampia di docente e mediatore culturale. Per lo studioso, al di là della scelta tra equivalenza metrica e equivalenza funzionale, compito prioritario del traduttore è rispettare una traduzione culturale, trovare un punto di equilibrio tra diverse tradizioni poetiche, nel rispetto e nella valorizzazione della diversità. Poggioli, d’altro canto, è comparatista in un periodo in cui lo studio delle letterature comparate significa, in qualche misura, ricostruire l’armonia in una realtà frantumata dalle guerre. Anche da qui nasce lo sforzo incessante di “tradurre i ritmi altrui”, non solo per divulgare, ma anche per ricostruire, sviluppare e rafforzare il dialogo tra paesi e culture – principio alla base della stessa cooperazione internazionale, intesa come spazio dinamico di ascolto reciproco, confronto e crescita, strumento prezioso per edificare la pace.

Questa attenzione al “ritmo altrui” s’inscrive in una concezione specifica

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UN VIAGGIO A RITMO MENTE SONNO: : E IL LA

di Fabio Placidi *

Ritmo delta: 0,5-4Hz Ritmo theta: 4-8 Hz Ritmo alfa: 8-12 Hz Ritmo beta: 12-30 Hz Ritmo delta: >30 Hz

Ogni notte, il nostro cervello attraversa una sequenza di fasi, orchestrate da precisi ritmi cerebrali che regolano non solo il riposo fisico, ma anche funzioni cruciali come memoria, apprendimento e benessere psicologico. Il sonno è uno degli aspetti più misteriosi e fondamentali della nostra esistenza. È uno stato fisiologico attivo, essenziale per l’omeostasi e la salute dell’organismo, regolato da processi circadiani e omeostatici che interagiscono con specifici circuiti neuronali e sistemi neuroendocrini. L’attività elettrica encefalica varia in base allo stato di vigilanza e alle fasi del sonno. I ritmi cerebrali sono oscillazioni elettriche frutto dell’attività neuronale, registrati con l’elettroencefalogramma e classificati in base alla loro frequenza:

Architettura del sonno

Il sonno non è uno stato uniforme, ma si articola in cicli di circa 70-120 minuti, ognuno dei quali comprende una sequenza di stadi non-REM (N1, N2, N3) e REM. Il sonno non-REM è caratterizzato da progressiva riduzione di tono muscolare, frequenza cardiaca e attività metabolica, mentre il sonno REM si associa a intensa attivazione corticale e paralisi muscolare periferica. Durante il sonno NREM avviene una progressiva sincronizzazione dell’attività neurale (slow oscillations), mentre il sonno REM mostra desincronizzazione simile alla veglia. Questi cicli si ripetono più volte nella notte, ciascuno con caratteristiche neurofisiologiche ben distinte.

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*Professore Associato di Neurologia - fabio.placidi@uniroma2.it

Stadio N1 (transizione): attività EEG di tipo theta (4–7 Hz), riduzione della frequenza alfa. Stadio N2 : comparsa di fusi del sonno (12–15 Hz) e complessi K, implicati nella protezione del sonno e nella plasticità sinaptica. S tadio N3 (sonno a onde lente): predominanza di onde delta (<4 Hz), associata a processi di recupero e consolidamento mnemonico dichiarativo. In questa fase il corpo si rigenera, il sistema immunitario si rafforza e il cervello si “pulisce” dai metaboliti tossici accumulati. Stadio REM : EEG simile alla veglia attiva (attività beta e gamma), movimenti oculari rapidi, atonia muscolare, sogni vividi. Cruciale per la neuroplasticità, l’elaborazione emozionale e la memoria procedurale.

Sonno e Funzioni Cognitive

Durante il sonno il cervello rielabora le esperienze vissute durante la giornata. Le onde lente del sonno non-REM sembrano facilitare il consolidamento della memoria dichiarativa (ricordi di fatti ed eventi), mentre la fase REM è più coinvolta nella memoria emotiva e procedurale. Recenti ricerche hanno evidenziato come i ritmi cerebrali durante il sonno profondo siano fondamentali per l’attività del sistema glinfatico, un meccanismo di “pulizia” che elimina scorie e tossine, tra cui le proteine beta-amiloidi associate alla malattia di Alzheimer. Insonnia, apnee notturne, ipersonnia, disturbi del movimento sonno-relati e disturbi del ritmo circadiano sono solo alcune delle condizioni legate a un’errata sincronizzazione tra cervello e sonno. Anche nei disturbi psichiatrici, come depressione e schizofrenia, si osservano anomalie nei ritmi cerebrali notturni e alterazioni del sonno. Il sonno è un processo attivo e straordinariamente complesso, guidato da una sinfonia di ritmi cerebrali che, quando armonizzati, favoriscono la salute, la lucidità mentale e l’equilibrio emotivo. Rispettare e comprendere questi ritmi è indispensabile al nostro benessere psicofisico.

Il Ritmo Circadiano

Il sonno è regolato dal ritmo circadiano, un ciclo biologico di circa 24 ore governato dal nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo. Questo orologio interno risponde principalmente alla luce solare e influenza la secrezione di melatonina, che, in risposta all’oscurità, promuove l’addormentamento. Disallineamenti del ritmo circadiano, come quelli causati dal jet lag o dal lavoro notturno, possono compromettere profondamente la qualità del sonno e influire sui ritmi cerebrali, aumentando il rischio di disturbi cognitivi e dell’umore.

Fonti

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IL RITMO LA LINGUA QUANDO PRENDE

di Claudia Roberta Combei *

Parlano più velocemente i giovani o gli anziani? E se rallentiamo, sembriamo meno competenti? In questo contributo spiegheremo come la velocità con cui parliamo – ciò che in linguistica si chiama “velocità di eloquio” – non è solo una questione di stile comunicativo personale.

Se invece si considera solo il tempo in cui avviene effettivamente la fonazione, quindi senza i momenti di silenzio, si parla di “velocità di articolazione” (Per comodità espositiva, dopo aver chiarito questa distinzione, useremo il termine ‘velocità di eloquio’ in senso lato). Nella Figura 1 si può osservare che il parlante analizzato articola la parola ‘praticamente’, composta da 5 sillabe, in soli 0,63 secondi. Facendo il calcolo, arriviamo a una velocità di eloquio pari a quasi 8 sillabe al secondo (più precisamente, 7,93).

La velocità di eloquio è uno dei parametri fonetici misurabili che contribuiscono a definire il ritmo, un aspetto importante della comunicazione orale. Il ritmo è la distribuzione regolare delle prominenze nel tempo, ovvero l’alternanza ordinata di sillabe forti (accentate) e deboli (atone). Pike (1945) distingue tra lingue “iso- sillabiche”, come il francese, che hanno come unità di riferimento temporale la sillaba, di durata tendenzialmente regolare, e lingue “iso-accentuali”, come l’inglese, in cui il ritmo si basa sul piede, ovvero sull’intervallo tra accenti, che tende a rimanere costante. Cosa si intende, esattamente, per velocità di eloquio? In fonetica, questo parametro indica il rapporto tra il numero di sillabe pronunciate e la durata complessiva dell’enunciato, comprese le pause.

Figura 1. Esempio di analisi fonetica.

*Ricercatrice in tenure-track di Glottologia e Linguistica - combei@lettere.uniroma2.it

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Ma da cosa dipende la velocità di eloquio? Da tanti fattori: il genere, l’età e le condizioni di salute del parlante, la lingua della comunicazione, il contesto comunicativo e il ruolo che il parlante assume all’interno di una determinata interazione, ecc. Diversi studi convergono nell’indicare che, in media, gli uomini hanno una velocità di eloquio maggiore rispetto alle donne. È interessante notare che, a livello percettivo, le donne vengono spesso giudicate come parlanti più lente, anche quando la loro velocità di eloquio misurata è identica (o del tutto comparabile) a quella degli uomini. Per quanto riguarda l’età, sembra che la velocità di eloquio vari nel corso della vita di un individuo, mostrando una progressiva riduzione con l’avanzare degli anni. La velocità di eloquio rappresenta un indicatore utile anche in ambito clinico. Nei soggetti affetti da malattie neurodegenerative (es. Alzheimer, Parkinson) si osserva spesso una diminuzione della velocità di eloquio, accompagnata da un aumento di esitazioni e pause. Se identificate tempestivamente e con precisione (es. tramite strumenti di fonetica acustica e tecnologie di elaborazione automatica del linguaggio), queste alterazioni possono offrire un contributo alla diagnosi precoce e al monitoraggio dell’evoluzione della malattia. Esistono anche differenze di natura più strettamente linguistica, legate alla struttura stessa delle lingue. In particolare, è stato osservato che la velocità media nelle lingue del mondo varia da 5 a 8 sillabe al secondo.

Questa variabilità è stata interpretata come il risultato di un equilibrio funzionale tra l’articolazione e la densità informativa. Le lingue che veicolano una maggiore quantità di informazioni per sillaba tendono a essere prodotte con una velocità di eloquio più ridotta, mentre quelle che sono caratterizzate da una densità informativa più bassa sono articolate più rapidamente.

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La velocità con cui parliamo riflette anche la complessità del messaggio trasmesso. Quando stiamo per dire qualcosa di importante, poco familiare o difficile da pianificare (es. nomi propri, concetti astratti appresi da poco) tendiamo a rallentare. Anche la frequenza d’uso delle parole e la complessità delle sequenze sillabiche hanno un ruolo; infatti, parole più comuni (es. tartaruga) e strutture sillabiche più semplici (es. tar-) vengono articolate più rapidamente rispetto a parole rare (es. psicomotricista) o nessi fonologicamente complessi (es. psi-).

Con il tempo e l’aumento della competenza, però, la velocità di eloquio crescerà gradualmente, avvicinandosi sempre più a quella dei parlanti nativi.

Infine, la velocità di eloquio è stata associata anche a dimensioni psicologiche e sociali. Alcuni studi mostrano che i parlanti veloci (soprattutto gli uomini) sono percepiti come più oggettivi e competenti. Altre ricerche sostengono che una velocità di eloquio moderata ottiene valutazioni più alte rispetto a un parlato troppo lento o troppo veloce. Tuttavia, queste percezioni dipendono spesso dal ritmo dell’ascoltatore; infatti, valutiamo come più credibile, competente e socialmente attraente chi parla a una velocità di eloquio simile alla nostra. Insomma, la velocità con cui parliamo non è solo una questione di sillabe al secondo, ma un elemento che può fare la differenza nelle nostre interazioni comunicative.

Queste dinamiche si manifestano anche nel percorso di apprendimento di una lingua straniera. Nelle fasi iniziali, l’apprendente parlerà più lentamente, sia a causa della difficoltà nella produzione di suoni nuovi, sia per lo sforzo cognitivo richiesto dalla pianificazione del messaggio, dalla scelta del lessico e delle strutture grammaticali e dal controllo degli errori.

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NUMERI E SUONO: RITMI SCALE DIFFUSIONE ET AL.

di Marco Re *

Inoltre, nell’elaborazione digitale dei segnali audio vengono introdotti, differentemente da quanto avviene nel caso analogico, degli errori di calcolo. Conseguentemente, dovremmo iniziare a chiederci: come suonano i numeri?

Suono analogico e suono digitale: come suonano i numeri?

La fisica attraverso strumenti matematici descrive la generazione, la trasmissione e la ricezione dei suoni. La pressione acustica è una grandezza analogica descritta da numeri reali, ossia da numeri che corrispondono ad una rappresentazione decimale con illimitato numero di cifre. Oggi l’elettronica digitale consente di implementare parte della catena di elaborazione audio attraverso elaboratori di segnale che rappresentano i numeri con “precisione limitata”. Esistono rappresentazioni numeriche a precisione limitata: a virgola fissa oppure a virgola mobile. tante Esse possono essere statiche nella precisione oppure anche dinamiche adattando la precisione durante l’esecuzione dell’algoritmo.

I ritmi e il minimo comune multiplo

Altro esempio interessante tipico della poliritmia è quello della esecuzione contemporanea di misure dispari e misure pari. Se eseguo una misura da 4/4 ed una da 2/4 la misura da 4/4 conterrà due misure da 2/4 ed esse rimarranno sempre “allineate”. Cosa avviene invece se eseguo una misura da 4/4 ed una da 3/4 contemporaneamente? Dopo quanti quarti esse si “riallineano”? La risposta è 12/4 dove 12 corrisponde al minimo comune multiplo tra 3 e 4 che sono numeratori delle due misure. Dopo 12/4 avremo il riallineamento. Molti ritmi nelle poliritmie della musica moderna sono basati su questo concetto e sono in grado di generare una particolare sensazione di “pulsazione”.

*Professore associato di Elettronica- marco.re@uniroma2.it

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La scala cromatica

Schroeder, nel suo lavoro, illustra come mediante particolari sequenze numeriche ottenute da congruenze a resto quadratico ed a radice primitiva, si possono progettare profili geometrici di superfici tali da garantire in campo lontano una diffusione omogenea in ogni direzione delle diverse frequenze minimizzando l’assorbimento, massimizzando la diffusione ed evitando echi netti (Fig. 2).

La scala cromatica ampiamente utilizzata nella musica occidentale è basata sul concetto di ottava: dal do della prima ottava al do della ottava superiore avremo il raddoppio della frequenza in Hz. Tale intervallo viene scomposto in 12 semitoni che distano tra loro di una frequenza pari a (Fig. 1).

La domanda è: come posso progettare una superficie che sia in grado di diffondere le diverse frequenze in molte direzioni evitando echi netti? Il problema principale dell’acustica tecnica è quello di come le onde acustiche sono assorbite e riflesse dalle pareti delle sale da concerto. Quello che si cerca di ottenere è la minimizzazione dell’assorbimento di energia sonora ed al contempo la riduzione di echi e riflessioni nette. Figura 1 Scala cromatica La diffusione del suono e la Teoria dei Numeri La risposta venne data da M.R. Schroeder che pubblicò negli anni 70 un articolo che descrive quale forma deve avere una superficie affinché possa diffondere un’onda sonora incidente in tutte le direzioni.

Figura 2 Diffusore di Schroeder

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I RITMI DEL CONTRIBUENTE

Già nel 1789 Benjamin Franklin scriveva “In questo mondo non vi è nulla di sicuro tranne la morte e le tasse” mettendo in evidenza la presenza sicura e costante del fisco nella vita di ognuno in quanto individuo appartenente a una collettività. Questa riflessione deriva dal fatto che gli adempimenti fiscali, direttamente o indirettamente gestiti dai privati, rappresentano un elemento imprescindibile della vita di ogni individuo appartenente ad una collettività. L’inscindibile rapporto tra il fisco e il privato ha origine fin dai primi giorni di vita di quest’ultimo: infatti, quasi contestualmente alla nascita, vi è l’attribuzione del codice fiscale, ossia quello strumento che consente di identificare le persone fisiche e i soggetti diversi dalle persone fisiche in tutti i rapporti con gli enti e le amministrazioni pubbliche. Successivamente, nel momento in cui si vuole iniziare a svolgere un’attività professionale o imprenditoriale, per aprire la c.d. partita Iva, è necessario instaurare una interlocuzione diretta con gli uffici fiscali; quest’ultima serve, infatti, a individuare l’operatore economico nei rapporti con il fisco e con gli altri imprenditori. Quando si chiede l’apertura della partita Iva, inoltre, si deve specificare l’attività svolta alla luce di una serie di codici determinati in base alle caratteristiche e alla tipologia della stessa. Inoltre, non possiamo poi fare a meno di ricordare le scadenze fiscali collegate alla presentazione della dichiarazione dei redditi che, puntuali, si ripresentano ogni anno e che rappresentano lo strumento con cui ciascun cittadino può contribuire alle “spese pubbliche”, tanto per riprendere le parole utilizzate nell’art. 53 della Costituzione italiana.

di Alessia Vignoli *

*Professoressa ordinaria di Diritto tributario - vignoli@uniroma2.it

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Fino a questo momento abbiamo richiamato alcuni adempimenti di carattere formale che richiedono il coinvolgimento diretto del privato cittadino o di un soggetto da lui delegato, ma vi sono dei rapporti con il fisco che scandiscono la nostra vita quotidiana e che ci vedono coinvolti seppur quasi involontariamente. Sono adempimenti che incidono nella sfera giuridica privata non tanto dal punto di vista materiale, ma esclusivamente sotto il profilo economico. Non vi viene in mente nulla? Pensate a quando andate a prendere il caffè al bar o a fare la spesa al supermercato. Si tratta di ricorrenti azioni della vita quotidiana che ci vedono coinvolti come consumatori cui viene chiesto di pagare un prezzo per i beni e servizi che si acquistano, ma tale somma è comprensiva dell’imposta sul consumo, meglio nota come IVA.

Una quota parte di questa somma (rappresentata da una percentuale calcolata nella misura del 4, del 10 o del 22 per cento del corrispettivo contrattuale) sarà periodicamente versata dall’esercente al fisco senza alcun altro coinvolgimento da parte del consumatore finale. Di conseguenza, gli adempimenti fiscali scandiscono la nostra vita quotidiana molto più di quanto si possa comunemente credere, con un ritmo incessante e ripetuto. A questo punto andiamo per un attimo a guardare l’altra faccia della medaglia: ma da tutti questi adempimenti fiscali che scandiscono la nostra vita quotidiana otteniamo qualcosa? O meglio, dove finiscono le somme versate a titolo di imposte e/o tasse? Riflettiamo quindi su alcuni dati della spesa pubblica affinché ciascuno possa rendersi conto di far parte in qualche modo di un’orchestra. Delle somme che vengono incassate dall’erario il 21% serve per pagare pensioni e assistenza, il 19% (2,1 miliardi) serve a finanziare la sanità e l’11% serve per saldare gli interessi del debito pubblico. Alle forze armate, alla polizia e alle altre agenzie di sicurezza vengono riconosciuti complessivamente 975 milioni pari all’8,8%. Il ruolo di contribuente è dunque intimamente connesso all’appartenenza ad una collettività che ha delle esigenze di vita che devono essere finanziate. In conclusione, la vita di ogni individuo non è scandita solo da ritmi biologici, intrinseci alla natura umana, ma anche dal ritmo degli obblighi fiscali, forse dall’andamento poco piacevole, ma comunque necessario per coloro che appartengano per nascita o per scelta ad una collettività.

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IL RITMO GIUSTO PER FAR CRESCERE UNA STARTUP

di Matteo Cristofaro, Riccardo Cimini, Ivo Hristov *

Nel mondo delle startup, partire bene non basta: bisogna partire al ritmo giusto. È nei primi anni di vita che una giovane impresa stabilisce il proprio battito vitale, fatto di scelte rapide, rischi calcolati e investimenti mirati. In questa fase iniziale, il tempo non è solo denaro: è esistenza.

Obiettivo: capire come l’allocazione delle risorse nei primi quattro anni di attività influenzi la probabilità di sopravvivenza e di crescita delle nuove imprese. I risultati sono chiari: una strategia di allocazione aggressiva, con un ritmo sostenuto di investimento in risorse materiali e immateriali, è associata a performance superiori nel medio periodo. Le startup possono scegliere due strade. La prima è una strategia conservativa, che privilegia la liquidità e minimizza gli investimenti iniziali. Questo approccio offre flessibilità e copertura contro gli imprevisti, ma spesso rallenta lo sviluppo. La seconda è una strategia aggressiva, che prevede investimenti consistenti in infrastrutture, impianti, tecnologie e capitale umano. Questo secondo approccio implica un’esposizione al rischio più alta, ma consente di costruire rapidamente una base operativa e reputazionale solida.

E il ritmo con cui si assumono decisioni strategiche può determinare la differenza tra affermarsi e svanire.

Uno studio recente condotto da Matteo Cristofaro, Ivo Hristov, Riccardo Cimini e Dan Lovallo – pubblicato sulla rivista Long Range Planning – ha analizzato 44.559 osservazioni di imprese italiane tra il 2011 e il 2019.

* Professore Associato in Economia e Gestione delle Imprese - matteo.cristofaro@uniroma2.it, Professore associato in Economia Aziendale - riccardo.cimini@uniroma2.it, Professore associato in Economia Aziendale - ivodimitrov.hristov@univaq.it, hristov@economia.uniroma2.it

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«Abbiamo osservato che le imprese adottanti una strategia di allocazione delle risorse aggressiva sopravvivono di più e crescono più rapidamente» afferma Matteo Cristofaro (fig. 1).

Per Ivo Hristov, «investire in modo audace all’inizio costruisce efficienza operativa, riduce l’incertezza e accelera l’ingresso in cicli virtuosi di reputazione, attrazione e crescita». Ma non tutto dipende dall’impresa. Anche le istituzioni giocano un ruolo chiave nel sostenere un ritmo sano e sostenibile di sviluppo. Politiche pubbliche come il Piano Transizione 5.0, che finanzia la digitalizzazione e la sostenibilità, o il programma Nuova Sabatini, che agevola gli investimenti in beni strumentali, sono passi nella giusta direzione. Tuttavia, la loro efficacia dipende dalla coerenza e dalla stabilità del quadro normativo. Le startup hanno bisogno di un orizzonte prevedibile per poter pianificare il proprio battito strategico senza pause forzate. Il tema del ritmo si intreccia anche con la formazione universitaria: fornire alle future imprenditrici e ai futuri imprenditori strumenti per leggere e governare i tempi dell’impresa significa prepararli non solo a decidere, ma a farlo con consapevolezza, equilibrio e visione. In un contesto in cui quasi la metà delle nuove imprese europee chiude entro cinque anni, il ritmo strategico iniziale non è un dettaglio: è destino . Le scelte fatte nei primi anni influenzano non solo il presente, ma anche la capacità dell’impresa di generare valore, innovazione e impatto nel lungo periodo.

Figura 1. La strategia di allocazione aggressiva delle risorse nelle imprese sopravvissute e fallite nel corso dei primi anni di vita. «Il tempo strategico, inteso come sequenza e intensità delle scelte iniziali, lascia un’impronta profonda sulla traiettoria dell’impresa portandola, negli anni successivi, a crescere a ritmi intensi» (fig. 2).

Figura 2. La strategia di allocazione aggressiva delle risorse nelle imprese a bassa e alta crescita nel corso dei primi anni di vita. La strategia di allocazione delle risorse incide anche sulla percezione esterna dell’impresa. Come sottolinea Riccardo Cimini «investimenti in asset tangibili fin da subito rafforza la credibilità aziendale agli occhi di partner e investitori».

Fonti

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RITMI E FREQUENZE, LA MATEMATICA DELLA REALTÀ

di Massimo Picardello*

Il mondo che ci circonda è attraversato da ritmi. Alcuni sono immediati, come il battito del cuore, il respiro o le onde del mare. Altri più sottili: la musica che ascoltiamo, la luce catturata da una fotocamera digitale, i segnali che viaggiano nei cavi delle telecomunicazioni. Tutti questi fenomeni possono essere descritti come segnali, intrecci di ritmi lenti e veloci. Per studiarli, la scienza si affida a uno strumento efficace: la trasformata di Fourier. Questo strumento matematico scompone un segnale nei suoi mattoni fondamentali, onde semplici dette sinusoidi. In altre parole, traduce un segnale complesso in frequenze: mostra quali armoniche sono presenti e con quale intensità. È come ascoltare un’orchestra e distinguere violino, flauto o tamburo. Ogni ritmo è una successione di note, più o meno veloci: ascoltandole istante per istante si percepiscono i diversi andamenti.

Ogni strumento ha un timbro, cioè uno spettro di armoniche con rapporti caratteristici; isolando quella banda nella trasformata di Fourier possiamo riconoscerlo, in modo simile a ciò che fa il nostro udito. Ogni segnale ha quindi una doppia identità: nel dominio del tempo appare come un’onda complicata, nel dominio delle frequenze come un insieme di componenti semplici. Le frequenze basse descrivono la struttura generale, le alte i dettagli. In un’immagine, le prime rappresentano aree uniformi e contrasti principali, le seconde contorni e trame sottili. In musica, i bassi danno profondità, gli acuti brillantezza. La tramite campionamento, cioè misurando il segnale a intervalli regolari. Si potrebbe pensare che questo restituisca solo un’approssimazione, ma il teorema di Shannon mostra che, se eseguito correttamente, il campionamento ricostruisce esattamente il segnale. Se però il passo è troppo lungo, si hanno perdite. Una sinusoide, ad esempio, se campionata solo nei suoi zeri, appare nulla. registrazione avviene

* Professore ordinario di Analisi matematica - picard@mat.uniroma2.it

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Occorre almeno il doppio dei campioni per periodo: è la frequenza di Nyquist.

Un esempio visivo è quello di una fotografia filtrata: i dettagli fini — rughe, trame, piccoli contrasti — scompaiono, mentre restano le forme principali. L’immagine appare più sfocata ma corretta. Meglio una foto meno nitida ma fedele, che una nitida ma falsata nei ritmi di base. Lo stesso vale per i suoni. Se un impianto non riproduce correttamente gli acuti, la musica risulta distorta; abbassandoli si preserva invece l’insieme. In pratica, si applica un filtro passa-basso: si rimuovono le frequenze problematiche per mantenere l’armonia complessiva. Fourier permette di individuare quali frequenze eliminare o conservare. Studiare i ritmi con la trasformata di Fourier e con i filtri significa leggere il mondo in un altro linguaggio: quello delle frequenze. Che si tratti del battito di un cuore, delle onde del mare, dei pixel di una fotografia o di un brano musicale, tutto è ritmo. Alcuni rapidi, altri lenti, ma insieme compongono la trama della realtà. La matematica consente di scomporli, filtrarli e ricostruirli senza errori.

Se si campiona più lentamente, le alte frequenze si mascherano come basse: questo fenomeno è detto aliasing. È l’illusione delle ruote che nei filmati sembrano girare al contrario: un ritmo veloce tradotto come lento. Per evitarlo bisogna campionare a frequenza superiore al doppio della massima frequenza del segnale. Ma il segnale deve avere una frequenza massima. Gli strumenti musicali emettono armoniche che via via si attenuano, mentre strumenti elettronici possono produrre frequenze molto più alte, non note a priori. A intervenire è l’orecchio umano, che percepisce suoni solo fino a circa 16 kHz. Questa soglia è superiore a quella della maggior parte degli strumenti, ma non dei sintetizzatori. Per questo, prima della registrazione si applica un filtro passa-basso che elimina le frequenze troppo elevate, lasciando solo quelle che possono essere registrate senza errori.

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Le rubriche

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I ritmi silenziosi delle piante

di Roberto Braglia *

Ci sono ritmi circadiani, cicli di circa 24 ore regolati da un sofisticato orologio biologico interno. Quando pensiamo al concetto di “ritmo”, ci viene in mente una musica, il battito di un cuore, il ticchettio regolare di un orologio. Ma le piante, silenziose e immobili solo in apparenza, vivono immerse in una sinfonia di ritmi invisibili. All’Orto Botanico di Tor Vergata, in questi giorni di luce dorata e ombre più lunghe, i loro orologi interni lavorano a pieno regime. Questo meccanismo, sincronizzato soprattutto con l’alternanza di luce e buio, coordina processi vitali come la fotosintesi, l’apertura e la chiusura di fiori e foglie, la produzione di certi metaboliti e persino la crescita cellulare. È come se ogni pianta possedesse un calendario e una sveglia incorporati. Nei Trifolium , ad esempio, le foglioline si ripiegano di notte per ridurre la dispersione d’acqua e proteggere i tessuti più delicati; nei Mirabilis jalapa , (la bella di notte) i fiori si schiudono solo al calare del sole, quando i profumi si diffondono nell’aria fresca e gli impollinatori notturni iniziano il loro lavoro.

*Coordinatore dell’Orto Botanico dell’Università di Roma Tor Vergata - roberto.braglia@uniroma2.it

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Questo sincronismo perfetto è il risultato di milioni di anni di evoluzione e adattamento all’ambiente. Ma esistono anche ritmi stagionali, più lenti e solenni, scanditi dai mutamenti della durata del giorno e della temperatura. È in questi giorni, passeggiando tra i sentieri dell’Orto, che possiamo coglierne i segni: i melograni ( Punica granatum ) iniziano a tingersi di rosso vivo, promettendo la dolcezza autunnale; le infiorescenze gialle dell’ Helianthus tuberosus (il topinambur) si aprono in piena estate tardiva, trasformando porzioni di giardino in piccoli soli terreni; i baccelli del Cercis siliquastrum (l’albero di Giuda), ancora sospesi tra il verde e il marrone, pendono come note su un pentagramma naturale; e sulle pale carnose delle Opuntia maturano i frutti pronti a offrire colori accesi e dolcezza intensa. E, se alziamo lo sguardo, alcune chiome già mostrano i primi segni di pre- senescenza fogliare, con sfumature di giallo che si insinuano tra le tonalità di verde più profondo. Ogni pianta ha il suo metronomo, invisibile ma costante, e osservare questi ritmi è come leggere un calendario vivente. Non serve fretta: basta fermarsi, respirare e ascoltare il linguaggio silenzioso con cui le piante raccontano il tempo.

In un mondo che sembra correre sempre più veloce, i loro movimenti impercettibili ci ricordano che esistono altri modi di abitare il tempo — più lenti, più armoniosi, più antichi. E allora, il mio invito è semplice: venite a percorrere i sentieri dell’Orto Botanico in queste settimane. Fermatevi davanti a un melograno, osservate un fiore di topinambur seguire il sole, cercate tra le pale di Opuntia i frutti maturi, e tra i rami del Cercis i baccelli sospesi. Lasciate che i vostri sensi si sintonizzino con questi ritmi silenziosi: vi accorgerete che, una volta ascoltati, restano con voi anche oltre il cancello dell’Orto.

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Intelligenza e parità di genere artificiale

di Roberta Costa, Adriano Diofebi, Eugenio Roberti *

L’Obiettivo Sostenibile dell’Agenda rappresenta

di

Sviluppo

Non è un obiettivo settoriale, ma una condizione abilitante per la credibilità dell’intero impegno aziendale in materia di sostenibilità. non solo le istituzioni pubbliche, ma anche il mondo imprenditoriale, chiamato a integrare la prospettiva di genere nelle proprie strategie e nei sistemi di rendicontazione. In questo contesto, il SDG 5 coinvolge trasversalmente

5

(SDG

5)

2030

non

solo

un

traguardo ma costituisce una leva strategica per promuovere l’inclusione sociale, la coesione economica e la competitività delle organizzazioni. La etico, parità di genere incide su aspetti centrali della vita lavorativa e sociale : dall’occupazione alla distribuzione dei carichi familiari, dall’accesso alla leadership alla prevenzione della violenza, fino alla piena partecipazione di donne e ragazze alla vita pubblica.

*Professoressa associata di Ingegneria economico-gestionale - roberta.costa@uniroma2.it Ingegnere gestionale - adriano.diofebi@alumni.uniroma2.it Dottorando in Ingegneria dell’Impresa e Trasformation&Innovation Program Manager Adecco - eugenio.roberti@adecco.it

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Tuttavia, l’analisi della rendicontazione di sostenibilità mostra una persistente debolezza nella trattazione del SDG 5. La parità di genere è spesso affrontata in modo vago o dichiarativo, priva di indicatori misurabili o riferimenti a standard condivisi. Le informazioni sono frammentarie, disallineate rispetto ai principali framework internazionali – come gli Standard Global Reporting Initiative (GRI) – e difficilmente comparabili tra settori. Questa opacità ostacola il monitoraggio da parte degli stakeholder e alimenta il rischio di SDG washing: una rendicontazione simbolica, non sostenuta da trasformazioni concrete. Per contrastare questi limiti, la nostra ricerca ha adottato un approccio basato sull’intelligenza artificiale. Abbiamo utilizzato ChatGPT per l’analisi automatizzata dei report di sostenibilità , istruendolo con frasi chiave (prompt) progettate per riconoscere gli indicatori GRI relativi al SDG 5. Il sistema sviluppato è replicabile e consente di analizzare rapidamente grandi volumi di documenti, con un’accuratezza confrontabile a quella di un’analisi umana. L’analisi ha riguardato quattro imprese italiane del settore elettrico che adottano gli standard GRI. L’algoritmo ha risposto con un grado di accuratezza molto elevato, restituendo risultati quasi identici a quelli ottenuti da un’analisi manuale – effettuata cioè da un operatore umano – ma in tempi decisamente più rapidi. Tuttavia, i contenuti relativi alla parità di genere sono risultati spesso generici, senza indicatori né riferimenti a interventi strutturati .

Ciò conferma della potenziale presenza del fenomeno di “SDG washing”: un impegno solo apparente verso gli Obiettivi dell’Agenda 2030. potenziale dell’intelligenza artificiale per semplificare e oggettivare l’analisi dei report di sostenibilità e sottolinea la necessità di rafforzare il monitoraggio critico, soprattutto su temi trasversali come l’uguaglianza di genere. La ricerca dimostra il

Fonti

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Un ponte tra Elettronica AI e Bioingengeria

di Giorgia Curci *

Il nostro obiettivo è sviluppare strumenti innovativi ispirati alla natura, per studiare fenomeni complessi nel campo biologico. Lavoriamo su dispositivi elettronici, sistemi di misura, lab-on-chip e soluzioni per analisi automatizzate, cercando di portare nuove idee e tecnologie nel mondo della bioingegneria. Faccio parte del Bioinspired Electronic Engineering (BEE) group, un gruppo di ricerca multidisciplinare composto da persone con competenze che spaziano dall’elettronica all’analisi d’immagine, dal machine learning alla progettazione di sensori. Mi chiamo Giorgia e sono una dottoranda in Ingegneria Elettronica. La mia ricerca si concentra sullo sviluppo di piattaforme per il monitoraggio della funzionalità contrattile del muscolo scheletrico in vitro. In parole semplici, provo a capire come si comporta il muscolo quando viene stimolato, ma lo faccio usando tecnologie avanzate che combinano elettronica, microfluidica, sensori e algoritmi di intelligenza artificiale. Una cosa che rende speciale il nostro gruppo è il clima umano: prima ancora che colleghi, siamo amici. Questo ci permette di affrontare le sfide scientifiche con spirito di squadra e fiducia reciproca, ed è forse uno degli ingredienti più importanti per portare avanti una ricerca che unisce tante competenze diverse.

*Dottoranda in Ingegneria Elettronica – giorgia.curci@uniroma2.it

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Il mio lavoro è difficile da incasellare in una sola definizione. Un giorno progetto e realizzo elettrodi, il giorno dopo lavoro con la biologia, e quello dopo ancora scrivo codici per reti neurali che analizzano il comportamento contrattile delle cellule muscolari. Questa alternanza continua tra discipline è forse l’aspetto più affascinante del mio percorso: ogni problema richiede di cambiare prospettiva, di imparare un linguaggio nuovo, di collaborare con competenze diverse. Ciò che accomuna tutto questo è la volontà di creare sistemi che possano contribuire concretamente a migliorare la comprensione del corpo umano e offrire strumenti più precisi per la ricerca preclinica. Le piattaforme che sviluppiamo permettono di riprodurre in laboratorio condizioni fisiologiche complesse, e di studiare in modo controllato come un tessuto risponde a stimoli esterni, ad esempio durante uno screening farmacologico o nella diagnosi precoce di patologie muscolari.

In un mondo in cui la medicina personalizzata e la sostenibilità della ricerca biomedica sono sfide cruciali, credo che combinare elettronica, intelligenza artificiale e bioingegneria possa davvero fare la differenza.

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Il vostro futuro comincia qui

di Federica Lorini, Emanuela Liburdi *

Negli ultimi anni, il nostro ateneo ha scalato le classifiche internazionali, distinguendosi in particolare per la sua vocazione internazionale e il QS World University Rankings 2026 ci ha riconosciuti come la “seconda università in Italia” per accoglienza di studenti internazionali. Cari studenti e care studentesse, è con grande entusiasmo che l’Università di Roma Tor Vergata vi dà il benvenuto. Il vostro ingresso nella nostra comunità accademica non è solo l’inizio di un percorso di studi, ma l’avvio di una vera e propria avventura, in cui sarete voi i protagonisti e le protagoniste. L’inizio di un nuovo anno accademico è, infatti, un momento di cambiamento e un passo cruciale che segna il passaggio a una nuova fase della vita. Ciò che vi attende qui non è solo un percorso di studi, ma un’esperienza formativa a 360 gradi. Avrete a disposizione un campus esteso, che favorisce la ricerca, l’innovazione e la crescita personale e un ambiente di studio aperto, inclusivo e connesso con il mondo intero.

Un dato che non è solo una cifra, ma il riflesso di un ambiente multiculturale e stimolante che vi aprirà la mente a prospettive inedite.

*Ufficio Comunicazione di Ateneo - federica.lorini@uniroma2.it, emanuela.liburdi@uniroma2.it

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Qui non troverete solo aule e libri, ma un campus vibrante, un ecosistema di opportunità. La nostra offerta formativa, in continua evoluzione, è pensata per fornirvi gli strumenti necessari per navigare il futuro e la nostra missione è prepararvi a essere i professionisti e le professioniste di domani, fornendovi una didattica di alta qualità e la possibilità di partecipare a progetti di ricerca all’avanguardia. In questo campus, avrete la possibilità di costruire relazioni durature, di confrontarvi con culture diverse e di trovare il vostro posto in un mondo sempre più interconnesso. Vi invitiamo a fare vostro questo spazio, a partecipare attivamente alla vita del campus e a cogliere ogni opportunità. Benvenuti e benvenute nella grande famiglia di Tor Vergata! L’Università di Roma Tor Vergata , cuore del Giubileo dei Giovani Il nostro ateneo è stato teatro e fulcro pulsante di un grande evento accogliendo, ad inizio agosto, il Giubileo dei Giovani 2025 che ha trasformato il campus in un punto di incontro per centinaia di migliaia di pellegrini provenienti da ogni angolo del mondo. L’evento ha rappresentato un’occasione straordinaria di condivisione e fraternità. I giovani e le giovani con passione ed entusiasmo contagiosi hanno superato barriere linguistiche e culturali, creando un clima di allegria, musica, solidarietà e speranza. Come ha sottolineato il Rettore, ospitare un evento di tale portata non ha fatto che confermare il ruolo dell’ateneo non solo come luogo di formazione accademica, ma anche come spazio di crescita umana e sociale. Un campus che si apre al mondo e si fa promotore di un futuro di pace. Il Giubileo ha restituito l’immagine di un’università dinamica e accogliente, capace di farsi ponte tra le generazioni e le culture. Un’esperienza che lascia un’eredità importante, testimoniando che lo spirito giovanile può e deve essere un motore di cambiamento per la società.

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Tor Vergata Grows Ties in Japan

di Francesca Grandi *

From May 17 to 24, 2025, Tor Vergata joined the Lazio Region Week at Expo 2025 Osaka, along with other universities from the CRUL (Regional Coordination Committee of the Universities of Lazio), the Rome Technopole, and the DTC Lazio Center of Excellence. The University contributed to a national program focused on innovation, sustainability, and competitiveness, aiming to expand its international presence and foster new academic and scientific collaborations. The Tor Vergata delegation included Prof. Bianca Sulpasso, Rector’s Delegate for International Affairs; Prof. Simone Bozzato, Professor of Geography and Director of the DTC Lazio Center of Excellence; Dr. Francesca Dominici, International Research and Visiting Division; and Dr. Anna Rita Longhi, Business Relations Office. Last May, Tor Vergata University of Rome took part in Expo 2025 Osaka as a representative of a dynamic and future-oriented academic network, reaffirming its commitment to innovation, international cooperation, and global engagement. The mission extended beyond the Expo participation and continued with an institutional visit to the Italian Cultural Institute in Tokyo an important step in strengthening academic and cultural ties between Italy and Japan.

*Divisione “Terza Missione e Partecipazione in Enti Nazionali di Ricerca” francesca.grandi@uniroma2.it

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On the day dedicated to the Lazio University system, Prof. Sulpasso presented Tor Vergata’s academic offerings, English-taught programs, mobility opportunities, and international research highlighting ties with Japan and the European alliance UNIVERSEH. During the presentation, a Japanese student in the Bachelor’s degree in Global Governance, Taku Fukushima, also shared his Italian experience with prospective students. Moreover, Tor Vergata representatives joined workshops and Open Innovation Labs—collaborative spaces designed to promote new approaches to research valorization, academic entrepreneurship, and technology transfer, supporting spin-offs and innovative startups. After the Expo events, the delegation continued its mission with visits to Kansai Medical University and the Italian Cultural Institute in Tokyo. The event, organized by Prof. Sulpasso in collaboration with the CRUL coordinator for the Osaka initiative, aimed to promote the Lazio university system in Japan. Welcomed by the Italian Institute’s Director, Prof. Silvana De Maio, the delegation attended a meeting focused on presenting the strengths of the participating institutions. The event provided an opportunity to present the strengths of the participating institutions, with particular emphasis on English-language programs, research excellence, opportunities for student and staff mobility between Italy and Japan.

«Our University boasts numerous collaborations with Japan in research and academic mobility. These include agreements with Waseda University, Tokyo Metropolitan University, Soka University, and Sophia University of Tokyo. The goal of this mission was to reinforce existing ties and foster new partnerships» said Prof. Sulpasso.

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UNLOCK YOUR

CREATIVITY Contest Fotografico

Lascia il segno contribuisci* con le tue creazioni alla

REALIZZAZIONE DELLA COPERTINA della newsletter del tuo ateneo

*entro il 31 ottobre

METROPOLI è il focus tematico del prossimo numero. Se desideri contribuire con una foto o un approfondimento dedicato al tema, invia la tua proposta (titolo e abstract di massimo 150 parole) a uninews@uniroma2.it entro il 31 ottobre . La tua partecipazione è importante per noi!

"La vita di una città è una promessa: ti permette di fallire mille volte e di alzarti mille e una, perché c'è sempre un altro angolo da girare, un'altra folla in cui perdersi e rinascere."

Charles Baudelaire

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