Questo sincronismo perfetto è il risultato di milioni di anni di evoluzione e adattamento all’ambiente. Ma esistono anche ritmi stagionali, più lenti e solenni, scanditi dai mutamenti della durata del giorno e della temperatura. È in questi giorni, passeggiando tra i sentieri dell’Orto, che possiamo coglierne i segni: i melograni ( Punica granatum ) iniziano a tingersi di rosso vivo, promettendo la dolcezza autunnale; le infiorescenze gialle dell’ Helianthus tuberosus (il topinambur) si aprono in piena estate tardiva, trasformando porzioni di giardino in piccoli soli terreni; i baccelli del Cercis siliquastrum (l’albero di Giuda), ancora sospesi tra il verde e il marrone, pendono come note su un pentagramma naturale; e sulle pale carnose delle Opuntia maturano i frutti pronti a offrire colori accesi e dolcezza intensa. E, se alziamo lo sguardo, alcune chiome già mostrano i primi segni di pre- senescenza fogliare, con sfumature di giallo che si insinuano tra le tonalità di verde più profondo. Ogni pianta ha il suo metronomo, invisibile ma costante, e osservare questi ritmi è come leggere un calendario vivente. Non serve fretta: basta fermarsi, respirare e ascoltare il linguaggio silenzioso con cui le piante raccontano il tempo.
In un mondo che sembra correre sempre più veloce, i loro movimenti impercettibili ci ricordano che esistono altri modi di abitare il tempo — più lenti, più armoniosi, più antichi. E allora, il mio invito è semplice: venite a percorrere i sentieri dell’Orto Botanico in queste settimane. Fermatevi davanti a un melograno, osservate un fiore di topinambur seguire il sole, cercate tra le pale di Opuntia i frutti maturi, e tra i rami del Cercis i baccelli sospesi. Lasciate che i vostri sensi si sintonizzino con questi ritmi silenziosi: vi accorgerete che, una volta ascoltati, restano con voi anche oltre il cancello dell’Orto.
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