IL RITMO LA LINGUA QUANDO PRENDE
di Claudia Roberta Combei *
Parlano più velocemente i giovani o gli anziani? E se rallentiamo, sembriamo meno competenti? In questo contributo spiegheremo come la velocità con cui parliamo – ciò che in linguistica si chiama “velocità di eloquio” – non è solo una questione di stile comunicativo personale.
Se invece si considera solo il tempo in cui avviene effettivamente la fonazione, quindi senza i momenti di silenzio, si parla di “velocità di articolazione” (Per comodità espositiva, dopo aver chiarito questa distinzione, useremo il termine ‘velocità di eloquio’ in senso lato). Nella Figura 1 si può osservare che il parlante analizzato articola la parola ‘praticamente’, composta da 5 sillabe, in soli 0,63 secondi. Facendo il calcolo, arriviamo a una velocità di eloquio pari a quasi 8 sillabe al secondo (più precisamente, 7,93).
La velocità di eloquio è uno dei parametri fonetici misurabili che contribuiscono a definire il ritmo, un aspetto importante della comunicazione orale. Il ritmo è la distribuzione regolare delle prominenze nel tempo, ovvero l’alternanza ordinata di sillabe forti (accentate) e deboli (atone). Pike (1945) distingue tra lingue “iso- sillabiche”, come il francese, che hanno come unità di riferimento temporale la sillaba, di durata tendenzialmente regolare, e lingue “iso-accentuali”, come l’inglese, in cui il ritmo si basa sul piede, ovvero sull’intervallo tra accenti, che tende a rimanere costante. Cosa si intende, esattamente, per velocità di eloquio? In fonetica, questo parametro indica il rapporto tra il numero di sillabe pronunciate e la durata complessiva dell’enunciato, comprese le pause.
Figura 1. Esempio di analisi fonetica.
*Ricercatrice in tenure-track di Glottologia e Linguistica - combei@lettere.uniroma2.it
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