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Ma da cosa dipende la velocità di eloquio? Da tanti fattori: il genere, l’età e le condizioni di salute del parlante, la lingua della comunicazione, il contesto comunicativo e il ruolo che il parlante assume all’interno di una determinata interazione, ecc. Diversi studi convergono nell’indicare che, in media, gli uomini hanno una velocità di eloquio maggiore rispetto alle donne. È interessante notare che, a livello percettivo, le donne vengono spesso giudicate come parlanti più lente, anche quando la loro velocità di eloquio misurata è identica (o del tutto comparabile) a quella degli uomini. Per quanto riguarda l’età, sembra che la velocità di eloquio vari nel corso della vita di un individuo, mostrando una progressiva riduzione con l’avanzare degli anni. La velocità di eloquio rappresenta un indicatore utile anche in ambito clinico. Nei soggetti affetti da malattie neurodegenerative (es. Alzheimer, Parkinson) si osserva spesso una diminuzione della velocità di eloquio, accompagnata da un aumento di esitazioni e pause. Se identificate tempestivamente e con precisione (es. tramite strumenti di fonetica acustica e tecnologie di elaborazione automatica del linguaggio), queste alterazioni possono offrire un contributo alla diagnosi precoce e al monitoraggio dell’evoluzione della malattia. Esistono anche differenze di natura più strettamente linguistica, legate alla struttura stessa delle lingue. In particolare, è stato osservato che la velocità media nelle lingue del mondo varia da 5 a 8 sillabe al secondo.

Questa variabilità è stata interpretata come il risultato di un equilibrio funzionale tra l’articolazione e la densità informativa. Le lingue che veicolano una maggiore quantità di informazioni per sillaba tendono a essere prodotte con una velocità di eloquio più ridotta, mentre quelle che sono caratterizzate da una densità informativa più bassa sono articolate più rapidamente.

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