GrooveBack Magazine 004

occupò la Corea e invase la Cina né, tantomeno, quando il Paese del Sol levante entrò in guerra). Così, come molti altri autori dei Paesi usciti sconfitti dal conflitto, il dopoguerra fu per Yamada un periodo di silenzio e solo poco prima della morte ci fu un generale riconoscimento, soprattutto per quanto fatto nei primi anni di attività dopo il suo rientro in Giappone, nuovamente ammirato sia come innovatore, sia come custode della tradizione. Resta il fatto che per alcuni critici Yamada fu il simbolo di un Paese che se da un lato avvertì il bisogno di modernizzarsi quanto più velocemente possibile e di “occidentalizzarsi”, dall’altro nutrì sempre il desiderio di affermare una propria identità che gli derivava da un passato spesso percepito come glorioso e per alcuni addirittura inimitabile​.

In ambito operistico, il musicista nipponico scrisse cinque produzioni drammatiche, tutte su libretto giapponese, di cui la più famosa e degna di nota è sicuramente Kurofune (letteralmente “Le navi nere”), completata nel 1940. Kurofune è considerata la prima opera lirica giapponese in senso pieno e probabilmente il capolavoro operistico dell’autore. Il titolo si riferisce a quelle “navi nere” citate sopra e che sono state per il popolo giapponese, almeno fino alle due bombe atomiche e alla disfatta del Paese del 1945, uno dei traumi più sentiti dall’aspetto più nazionalista incarnato dalla tradizione nipponica. Insieme con Kurofune , Yamada realizzò altre opere: Shichinin no Ōjo (“Le sette principesse”, 1913) e Ayame ( “L’iris d’acqua”, 1931) per il Théâtre Pigalle di Parigi purtroppo mai rappresentate. Inoltre, il musicista lavorò a una grande opera intitolata Hsìang-Fei , dedicata alla leggenda cinese della concubina Xiang Fei, che avrebbe dovuto andare in scena a Pechino durante l’occupazione giapponese della Cina. Questo progetto venne però bloccato dagli eventi storici: con la sconfitta del Giappone nel 1945, Yamada dovette abbandonare l’opera per l’evidente cambio del clima culturale. Rimasta incompiuta, quest’opera è stata completata nella sua orchestrazione molti anni dopo dal suo allievo Dan Ikuma e finalmente rappresentata postuma nel 1981,​ poiché il suo autore morì il 29 dicembre 1965 per un attacco cardiaco nella sua casa di Tokyo. Yamada fu un musicista estremamente prolifico, si stima che abbia scritto circa 1600 composizioni di cui 700 Lieder, anche se molti dei suoi manoscritti furono distrutti nel bombardamento di Tokyo del 25 maggio 1945; quelli sopravvissuti si trovano oggi nella Yamada Collection del Nippon Kindai Ongaku-kan (Centro di documentazione della musica giapponese moderna) che si trova nella capitale giapponese. Yamada Kōsaku visse in un periodo di profondi cambiamenti storici e culturali in Giappone e la sua figura riflette le tensioni e le ambivalenze di quell’epoca e lo sforzo strenuo nell’acquisire tutte quelle competenze artistiche alle quali il Paese orientale non aveva avuto accesso fino a quel momento. Come molti compositori prima di lui, come nel caso di Camille Saint-Saëns, il nostro autore fu considerato dapprima un autore all’avanguardia, innovatore e aperto al mondo in grado di fare proprie le tecniche compositive occidentali più avanzate della sua epoca, cosmopolita nei gusti e nelle collaborazioni e con un’idea di musica come linguaggio universale capace di unire i popoli. Quindi, in un certo senso incarnò la figura di un internazionalista che, però, col passare del tempo e con l’entrare sempre di più nelle istituzioni pubbliche, molte peraltro fondate da lui, iniziò a simboleggiare e rappresentare istanze care a quel nazionalismo che avrebbe portato il Giappone al disastro della Seconda guerra mondiale. A tale proposito, non dobbiamo dimenticare il fatto che, alla fine del conflitto, Yamada Kōsaku fu visto solo come autore di regime, al punto che molti musicisti del periodo post-bellico lo considerarono apertamente come una delle figure artistiche che in qualche modo avevano accompagnato il Paese verso il disastro. A contribuire a questa visione ci fu anche il comportamento politico di Yamada, il quale, se da una parte si fece campione della musica occidentale, in particolare di quella germanica, dall’altra non fece mai mistero del suo orgoglio nazionale e dell’essere più affine a istanze politiche imperialiste e colonialiste (a tale proposito, vale la pena di ricordare che il musicista non prese mai parte alle proteste che ci furono quando il Giappone

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