GrooveBack Magazine 004

già detto che egli assassinò il migliore dei suoi amici, la persona che più gli era legata di benevolenza e la assassinò per strappargli le viscere e per convertirle in altrettante corde da suono. - Oh! la voce umana! - il miracolo della voce umana, proseguì Samuele dopo breve silenzio. - Credi tu dunque, mio povero Franz, che io non ti avrei insegnato a produrla, se questa si potesse ottenere coi mezzi dell’arte, di quell’arte nobile e santa che vuol vivere di sé stessa, che vuol risplendere della sua propria luce, che disdegna le bassezze e le ciurmerie, che ha in orrore i delitti? Franz non ebbe forza di proferire un accento. Si levò in piedi con una pacatezza sinistra che rivelava la più profonda agitazione - prese in mano il violino - fissò nelle corde un’occhiata sprezzante e minacciosa - e poi, afferratele con impeto convulso, le strappò dallo istrumento. Il vecchio Samuele mandò un grido. Le corde ridotte a gomitolo erano state lanciate nelle brage del caminetto, e quivi si contorcevano stridendo, come al contatto del fuoco un gruppo di serpenti assiderati. Samuele tolse dalla tavola un candeliere, e si avviò alla sua camera da letto senza salutare l’allievo. Passarono settimane - passarono mesi. Una cupa malinconia si era impossessata di Franz. Il violino, vedovo delle corde, pendeva dalla parete, polveroso e negletto. Samuele e Franz pranzavano insieme ogni giorno e ogni sera stavano assisi l’uno di fronte all’altro, nel medesimo salottino - ma l’uno non osava rivolgere all’altro la parola - si guardavano in silenzio come due muti. - Dal momento che il violino non ebbe più corde, anche quei due esseri animati parvero smarrire l’uso della favella. - È tempo che ciò finisca! - esclamò finalmente il vecchio Samuele. E quella sera, prima di ritirarsi nella camera da letto, si accostò all’amico per imprimergli un bacio sulla fronte. Franz si riscosse dal suo triste letargo, e ripeté meccanicamente le parole del maestro: « È tempo che ciò finisca! » Si separarono - e ciascuno andò a coricarsi. All’indomani, quando Franz aperse gli occhi alla luce del giorno, si meravigliò di non trovare vicino al suo letto il vecchio maestro che era solito levarsi prima di lui. - Samuele! mio buono... mio ottimo Samuele! - gridò Franz balzando dalle coltri per slanciarsi nella camera del maestro. Franz fu atterrito dalla propria voce, ma più ancora dal silenzio lugubre che a quella rispose. Vi sono dei silenzi profondi che annunziano la morte. Presso al letto dei cadaveri e nel vano delle tombe, il silenzio acquista una intensità misteriosa che colpisce l’anima di terrore. La severa testa di Samuele giaceva irrigidita sul capezzale - i contorni salienti di quella testa erano una fronte calva sfolgorante di luce e una barba grigia acuminata che pareva erigersi al cielo. Alla vista di quel cadavere Franz provò una scossa terribile - ma la natura dell’uomo e la natura dell’artista si risentirono in lui ad un medesimo tempo, e in quella lotta di sentimenti il dolore rimase ben tosto paralizzato. Le passioni dell’artista prevalsero sui più teneri istinti dell’uomo, e li soffocarono.

Una lettera all’indirizzo di Franz giaceva sulla tavola da notte. - Il violinista l’aperse tremando: «Mio caro Franz, Al momento in cui leggerai questo scritto, avrò compiuto il più grande e l’ultimo sacrifizio che io, tuo maestro e tuo unico amico, poteva fare per la tua gloria. La persona che al mondo ti amava sopra ogni altro, non è più che un corpo insensibile: del tuo vecchio maestro non rimane oggimai a te dinanzi che la materia organica impassibile. Io non ti suggerirò ciò che ti resta a fare. Non lasciarti atterrire da scrupoli vani o da stolte superstizioni. - Io ti immolo il mio cadavere perché tu abbia ad usarne per la tua gloria - ti macchieresti della più nera ingratitudine rendendo vano il mio sacrificio. - Quando tu avrai ridonate le corde al tuo violino - quando queste corde si comporranno della mia fibra e avranno la voce, il gemito, il pianto del mio fervido amore - allora, o Franz, non temere di nessuno, - allora prendi il tuo strumento, mettiti sulle orme dell’uomo che ci ha fatto tanto male - presentati nel campo dov’egli superbamente ha potuto imperare fino a questo giorno - gettagli in volto il tuo guanto di sfida! Oh! sentirai come la nota di amore uscirà potente dal tuo violino, quando tu, accarezzando le corde, ti sovverrai che desse furono parte del tuo vecchio maestro, che ora ti bacia per l’ultima volta e ti benedice. Samuele».

(Fine della prima parte)

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