GrooveBack Magazine 004

risulta chiaro che dobbiamo calarci non solo in un’esecuzione storica, ma anche sociologica. Inoltre, dobbiamo tenere presenti altri fattori, a cominciare dallo strumento musicale; per esempio, noi oggi abbiamo a disposizione i termostati che regolano la temperatura e l’umidità all’interno delle sale concertistiche, ma a quell’epoca magari erano costretti al mattino ad accendere il camino, con il risultato che, al momento di suonare, dovevano riaccordare il cembalo che aveva subito lo sbalzo termico. Cercare di contestualizzare la musica secondo me forse è la cosa più importante in riferimento alla cosiddetta esecuzione filologica. Penso, a tale proposito, come il motto dell’imperatore Augusto festina lente possa esserci di aiuto, in quanto

c’era un continuo un po’ più rigoroso, che si libera però dagli stilemi e dagli schemi formali nel secolo successivo, diventando un momento di condivisione musicale. Proprio pensando a quanto detto prima, a me piace molto l’idea di un continuo colorito, nel senso che si va ad assecondare quello che viene enunciato dagli altri strumenti. Insomma, non dev’essere una parte autonoma e asettica chiusa in se stessa, come se fosse un automa, ma dev’essere un continuo dinamico e la dinamica, come dicevo prima, sul clavicembalo la si può ottenere con la lunghezza e il numero di note che sono presenti nel continuo. Inoltre, bisogna considerare un altro fatto: nel passato i trattati dedicati al continuo insegnavano a come realizzare

Il frontespizio dell’importante trattato L’armonico pratico al cimbalo di Francesco Gasperini, vera e propria miniera per coloro che devono affrontare la pratica del basso continuo.

La caricatura del compositore lucchese Francesco Gasperini fatta da Pier Leone Ghezzi.

i passaggi armonici. Questo significa che dal trattato in questione si deve riuscire a estrapolare gli elementi che ci servono per l’esecuzione del continuo. Ora, a mio avviso, ed è quello che io cerco di portare avanti il più possibile nel mio percorso didattico, la parte della cifratura è quella più marginale e meno interessante, anche perché spesso tutti gli studi sui partimenti, ossia come venivano chiamati gli strumenti di pedagogia musicale utilizzati tra il 1700 e il 1800 per insegnare armonia, contrappunto e improvvisazione, e sulle cadenze portavano a delle concatenazioni armoniche talmente difficili che poi nel repertorio le troviamo solo in rarissime occasioni. Al contrario, è molto più interessante cercare un suono dinamico che assecondi soprattutto l’accompagnamento di cantanti e che assecondi un testo che spesso è molto cangiante all’interno di un brano. Il clavicembalista o l’organista non può pensare a un’esecuzione puramente metrica e solfeggiata, ma deve riuscire ad entrare in un linguaggio che è completamente diverso rispetto al linguaggio settecentesco e a quello ottocentesco. Quindi, se io mi limito al trattato come a un puro metodo di regole, questa cosa mi limiterà nell’esecuzione e sarò soltanto un “automa del continuo”. Penso invece che il continuista, vale a dire colui che è adibito al basso continuo, debba riuscire ad assecondare il flusso della musica. E credo che questa sia la cosa più bella che possa capitare ad un musicista. Per cui quanto ha scritto il compositore Francesco Gasparini, ossia che «il continuo è una sorta di comporre all’improvviso», l’ho fatto mio e prima di iniziare a suonare ogni volta penso sempre che il mio compito non è di scrivere una parte di continuo, ma quello di ascoltare che cosa fanno gli altri, perché questa è la cosa più importante. Difatti lo stesso Gasparini diceva sempre di andare ad ascoltare quelli bravi, a cominciare da Bernardo Pasquini che è stato un grandissimo virtuoso, perché si impara di più ad ascoltare piuttosto che andare a lezione. E questo è un consiglio che condivido tantissimo.

questo “affrettati lentamente” debba essere da noi considerato che se esiste una regola, io debba usarla senza che diventi automaticamente un limite. Per questo, io cerco appena possibile di effettuare dei collegamenti a livello interdisciplinare con la storia dell’arte, con la letteratura, con la filosofia di quel tempo. Pensare a un madrigale di Monteverdi senza avere l’idea del testo è impensabile, questo perché bisogna ampliare le proprie conoscenze, anche a livello extramusicale, in modo che l’arte dei suoni risulti intellettualmente più corretta possibile. G.S.: Per concludere, Maestro Loreggian, una sua riflessione sul mondo del continuo di cui lei è specialista straordinario, in quanto l’immagine sonora del basso continuo che riesce a esprimere è davvero orchestrale perché riesce a trasformare il cembalo in una vera e propria orchestra e non lo riduce semplicemente a uno sterile strumento di accompagnamento che spesso disturba. R.L.: La sua domanda mi obbliga ad avventurarmi in un campo minato, perché, e qui mi confesso pubblicamente, non ho mai fatto una lezione di basso continuo. L’ho studiato tantissimo, ho cercato la trattatistica che avrebbe potuto essermi utile. Alcuni anni fa, una persona, non c’è bisogno di fare il suo nome, mi chiese: «Ma con chi hai studiato il continuo? Te lo domando perché il tuo modo di suonare è molto personale». Questa cosa mi ha fatto molto piacere e spiego il perché: i trattati spiegavano che per sapere suonare il continuo bisogna saper suonare il clavicembalo e, conseguentemente, che bisogna affrontare il repertorio clavicembalistico. Per questo, ho cercato il più possibile di riportare il suono dello strumento del clavicembalo, anche nel mio modo di fare il continuo. Non dimentichiamo che il clavicembalo è stato lo strumento principe in quell’epoca, per cui la dinamica che può fare il clavicembalo può anche essere la dinamica espressa dall’orchestra del Settecento. È anche vero, però, che nel Seicento

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