Bach, il clavicembalo e i periodi di Köthen e Lipsia
Guardando i nomi dei fautori di questo disco, non si può fare a meno di notare come la loro caratura comporti non solo una ricerca espressiva nell’ambito della cosiddetta interpretazione storicamente informata, ma anche un’esemplare lezione musicologica in materia esecutiva. Insomma, siamo di fronte a un disco che ha la rara dote di essere anche una piacevolissima e istruttiva “lezione” che serve a capire, poiché l’ascolto della musica colta non può essere mai disgiunto da un continuo processo di acquisizione conoscitiva di ciò che la musica porta con sé sia in ambito creativo, sia in quello che riguarda il suo diffondersi nel presente attuativo e nel suo perpetuarsi nel corso del tempo. Insomma, con questa registrazione, mirabilmente fissata in ambito tecnico da Marco Lincetto, ci troviamo di fronte a un ascolto che diviene anche conoscenza. Questo perché, nei primi decenni del Settecento la musica lascia per l’appunto gli ambienti interni per “migrare”, “virare” verso luoghi socialmente più dinamici e comunicativi, quali i giardini e i caffè. Così, ascoltando i tre concerti proposti da questi eccelsi interpreti, vale a dire il Concerto per clavicembalo e archi in re minore BWV1052a, nella trascrizione effettuata da Carl Philipp Emanuel Bach, il Concerto per clavicembalo e archi in sol minore BWV1056a e il Concerto per flauto, violino, clavicembalo e archi in re maggiore BWV1050a, è come se noi venissimo coinvolti in questo processo di aperta comunicazione che la musica concertistica del primissimo XVIII secolo riesce ad esprimere e ad espandere verso luoghi più ampi, luoghi che impongono nuove sonorità e un maggiore spessore timbrico. Ecco, è proprio su queste nuove sonorità e su questo spessore timbrico che, a mio avviso, l’interpretazione di Roberto Loreggian, Federico Guglielmo, del flautista Francesco Padovani e dei membri dell’Arte dell’Arco tendono a puntare, andando non solo a privilegiare la dimensione ritmico/melodica dei tempi veloci e quella sontuosamente cantabile dei tempi lenti, ma fornendo anche una netta “visione” di un suono che si articola per volume e per nitidezza d’intenti esecutivi. Volumi che si resero necessari all’epoca nel momento stesso in cui il Kantor mise mano a precedenti sue composizioni per adattarle ad altri strumenti e a differenti organici. Come scrive giustamente la giovane Myriam Guglielmo nelle note di accompagnamento, nel suo ruolo di Director musices del Collegium musicum fondato a Lipsia nel 1703 da Georg Philipp Telemann, Bach riuscì a plasmare un vero e proprio repertorio da mettere a disposizione di questo complesso strumentale, adattando di volta in volta il materiale di concerti per violino, flauto o oboe e coinvolgendo non solo nell’esecuzione dei concerti per cembalo i figli Wilhelm Friedman e Carl Philipp, ma probabilmente anche la figlia primogenita Catharina Dorothea e l’altro figlio Johann Gottfried Bernhard, oltre a colui che fu il suo allievo prediletto, Johann Ludwig Krebs. E, allo stesso tempo, tenendo conto che la piazza lipsiense non poteva offrire violinisti pienamente affidabili a livello concertistico, ecco che nella sua opera di “plasmatore” Bach volle trasporre i suoi concerti per violino, creati nei periodi trascorsi a Weimar e a Köthen, per il clavicembalo, che divenne lo strumento principe, protagonista assoluto di questa trasformazione musicale e sociale.
di Andrea Bedetti
Coloro che acquistano la copia cartacea di questo numero di GRooVE back Magazine avranno a disposizione anche un CD della Velut Luna che presenta tre meravigliosi concerti del Kantor dedicati a questo strumento, esemplarmente eseguiti da Roberto Loreggian, Federico Guglielmo e dagli elementi dell’Arte dell’Arco.
A sinistra, Federico Guglielmo e, a fianco, Roberto Loreggian (© Marco Lincetto)
Quello vissuto da Bach dapprima alla corte di Köthen, tra il 1717 e il 1723, e poi alla guida del Collegium musicum presso il leggendario Caffè Zimmermann a Lipsia, tra il 1729 e il 1737 e il 1739 e il 1741, rappresenta un periodo fondamentale per ciò che riguarda il processo di evoluzione del clavicembalo da strumento eminentemente solistico a quello concertistico. E, a livello di esemplificazione di tale processo evolutivo, questa registrazione effettuata da Roberto Loreggian, Federico Guglielmo e dagli elementi dell’ensemble L’Arte dell’Arco, per l’etichetta Velut Luna, dal titolo Alternative Harpsichord Concertos , permette all’ascoltatore intelligente e desideroso di conoscere i meccanismi compositivi che risiedono nella creazione musicale di comprendere meglio come il sommo Kantor abbia saputo plasmare nel corso dei decenni un procedimento a forbice capace di allargare progressivamente il raggio di coinvolgimento di questo strumento a tastiera, anche con un occhio (e un orecchio) rivolto ai mutamenti storici dell’epoca, che portarono la musica ad essere sempre più presente nel tessuto della società tedesca, sganciandosi dal ristretto ambito aristocratico ed ecclesiastico a favore di un maggiore coinvolgimento della classe borghese.
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