è giunta in Ticino in compagnia del suo fidanzato, Elia, che ancora non aveva un’occupazione. Gli abbiamo quindi proposto di prendere il posto di Marcello e, nono- stante non avesse mai fatto un lavoro simile, si è subito dimostrato molto ben disposto ad imparare. La scelta di assumere Elia si è rivelata al pari di una manna dal cielo. Dopo un paio di mesi di permanenza a casa, mi ha convinto a provare a togliere l’aria dal pallon - cino: nel gergo tecnico, ha tentato di «scuffiarmi». Un giorno, infatti, mi ha detto: «Francesco, perché non facciamo una prova? In fondo, non ti piacerebbe dirci quali sono i tuoi desideri o come la pensi? Ti lasciamo cuffiato solo quando mangi.» Elia mi ha rassicurato su un aspetto molto importante: era lì, accanto a me, pronto ad intervenire se fosse accaduto qualcosa. Al mi- nimo accenno di un problema, mi avrebbe «cuffiato» im- mediatamente. Grazie a questa prova, desidero sottolinearlo bene, io son tornato nuovamente a parlare. Ho potuto far sentire la mia voce, trasmettere i miei desideri, le mie paure, manifestando ciò che volevo (o meno) che si facesse. Si era trattato di un piccolo miracolo. Devo dire, poi, che restando «scuffiato» ho notato un miglioramento netto anche per quanto riguardava i miei problemi di catarro. La ferita, inoltre, non restava più umida: questo aspetto
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