Il rovescio della medaglia, però, è dato quando irrompe la stagione estiva e se fino a qualche anno fa, l’ascolto che facevo da giugno fino ai primi giorni di settembre poteva essere comprensibilmente un po’ faticoso per via delle temperature raggiunte, da quando l’anticiclone africano ha spodestato quello delle Azzorre, portando simpaticamente (si fa per dire) a toccare oltre 40º, per me accendere questo impianto è diventato praticamente impossibile, visto che nelle giornate meno calde (si fa sempre per dire), con i finali/stufe in attività ho visto arrivare il termometro che ho nella sala d’ascolto superare allegramente i 38º. A simili temperature, l’ascolto si trasforma in una sauna che richiede l’implementazione di canaline di scolo nelle quali far defluire il sudore di chi si trova malauguratamente nella sala che ospita tale impianto. Ergo, se avessi saputo, ma il senno è sempre del poi e mai del prima, non avrei mai fatto tale scelta a causa della quale adesso, tra maggio e settembre, sono costretto ad affidarmi ad ascolti quasi esclusivi con la cuffia, grazie a un secondo impianto ibrido/valvolare che nel frattempo ho allestito e che, pur dispensando anch’esso calore, quantomeno mi permette non solo di ascoltare, ma anche di sopravvivere. E questo rappresenta il fenomeno esterno. Quello interno, ossia che appartiene al mondo dell’Hi-Fi, riguarda l’amplificazione in classe D. All’epoca della mia decisione di diventare un adepto della classe A, già cominciavano a prendere piede i primi modelli di amplificatori in classe D ma, tenuto conto della loro progettazione e della loro realizzazione, delle scatolette plasticose con risultati all’ascolto da fare venire il latte alle ginocchia, ovviamente io e altri come me, tutti dotati di placche dorate con la scritta Hi-End ostentate spavaldamente sui baveri delle giacche, ci davamo di gomito ridacchiando al pensiero di questi cubottoli indecorosi che cercavano di farsi pietosamente strada nell’olimpo della riproduzione musicale. Ebbene, anche qui come sopra, dopo circa quattro lustri le cose sono cambiate. E di molto. Sì, perché, nel frattempo, l’amplificazione in classe D di passi in avanti ne ha fatti eccome e il gap abissale che esisteva prima e che rappresentava un solco invalicabile nei confronti della classe A è di fatto (quasi) annullato. Senza contare, poi, e qui mi rifaccio al pistolotto iniziale sugli effetti di quello stramaledetto anticiclone africano, Caronte o come diavolo si chiama, la classe D, oltre a vantare ora sistemi di amplificazione progettati e realizzati come Cristo comanda, ha un ulteriore merito, quello di non scaldare come una stufa di ghisa! Quindi, quando ho ricevuto questo amplificatore Mini Caravaggio, sapendo che si tratta di un apparecchio in classe D, progettato da uno che se ne intende e che ha saputo affinare nel corso degli anni miglioramenti su miglioramenti relativi a questo tipo di categoria, ossia Mirko Marogna, che ha la sua azienda in quel di Villafranca di Verona, non ho potuto fare altro che manifestare tutta la mia curiosità e tutto il mio interesse nei confronti di questo prodotto che, per inciso, porta il nome di uno dei massimi pittori e scultori di tutti i tempi. Quindi, mi sono detto, un pur minimo motivo per meritare tale denominazione ci sarà! Il prodotto Il Mini Caravaggio discende direttamente dal fratello maggiore Caravaggio Hybrid Amplifer, questo amplificatore in classe D colpisce immediatamente per due motivi: il primo è dato dal peso, pesante se riferito alla classe alla quale appartiene, leggero
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