se si considera che stiamo parlando di un finale di potenza, ossia poco più di nove chili; il secondo, riguarda le sue dimensioni, ventiquattro centimetri di larghezza, trentacinque di profondità e appena dodici di altezza, quindi può essere posizionato ovunque con la massima facilità (altro punto a suo vantaggio!). Come spiega la stessa presentazione sulla pagina web del sito della Esoteric Pro Audio, il Caravaggio Hybrid Amplifier esiste in due versioni, quello stereo, da 700 W per canale su 4 Ohm, e quello dual mono da 1400 W su 8 Ohm. Oltre ad avere la circuitazione proprietaria in classe D, si è prestata la massima cura della masterizzazione delle schede, in modo da renderlo estremamente performante e silenzioso. L’amplificatore è alimentato da tre alimentatori, uno switching per la potenza e gli altri due ultra lineari per le basse tensioni dedicate ai buffer (da qui la denominazione Hybrid), con tutte le schede a bordo che vantano la caratteristica di avere le piste dorate su tutti gli strati. La parte di alimentazione ultra lineare monta trasformatori dedicati per ogni tensione realizzati su specifiche dell’azienda, mentre una particolare cura è stata prestata alla scelta dei condensatori per il filtraggio dell’alimentazione switching, fondamentali per l’impostazione timbrica dell’apparecchio e per la capacità di riprodurre i transienti in tutta la loro ampiezza. Il cablaggio interno è fatto a mano, utilizzando rame monocristallino purissimo isolato in teflon, in modo da non avere perdite nei trasporti di correnti e dei segnali. Altrettanta attenzione è stata riservata al telaio che è costruito con tre differenti materiali, grafite, alluminio e acciaio inox, tutti smorzati con materiale antivibrante, per poter controllare le vibrazioni e di conseguenza limitare le colorazioni artificiali affinché il suono si percepisca neutro, preciso e ricco di armoniche naturali. Definire le linee del Caravaggio a dir poco essenziali significa ancora inneggiare al dio degli orpelli, poiché nel pannello anteriore, oltre alla dicitura dell’azienda, vi è solo un piccolissimo led che, quando l’apparecchio si accende, diviene di colore verde. La parte superiore del telaio è rivestita da un pannello di acciaio inox, mentre il pannello posteriore, sempre in nome di “ciò-che-non-è-essenziale-è-solo-inutile”, presenta solo un’ottima vaschetta IEC con accanto l’interruttore di accensione e spegnimento, oltre agli ingressi bilanciati e ai connettori, solidi e per progettati, da collegare ai cavi di potenza. Tutto qui. Il Mini Caravaggio in test si differenzia dal fratello maggiore nella parte di alimentazione, completamente switching, mentre la parte di amplificazione rimane identica e monta piedini in gomma, al posto di quelli in grafite, che hanno il compito di stabilizzare il finale e di assorbire possibili vibrazioni indotte, anche se io preferisco andare sul sicuro inserendo, prima di ogni seduta di ascolto, un set di buoni disaccoppiatori. Collegato il Mini Caravaggio al mio pre di riferimento e ai diffusori, ho acceso l’apparecchio e dopo pochi minuti ho dato inizio al test di ascolto. Ecco come è andata. La prova di ascolto Ho effettuato un test di ascolto sia con dei CD, sia con dei vinili e, infine, con brani di musica liquida. Ci sono due aspetti che voglio subito evidenziare, sulla base di un ascolto prolungato, in totale più di cinque ore, fatto nella mia sala d’ascolto in una calda, anzi caldissima giornata della prima, torrida metà di agosto. Il primo è che se sono uscito vivo da tale prova è per il fatto che il lavoro di amplificazione è stato fatto
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