GrooveBack Magazine 002

da un apparecchio di classe D, perché se avessi dovuto basarmi sui quattro finali di potenza in classe A che ho in dotazione, a scrivervi sarebbe ora il mio ectoplasma e non il sottoscritto. Questo significa che il Mini Caravaggio ha svolto impeccabilmente il suo compito, senza trasformare ulteriormente la sala in un altoforno delle acciaierie Krupp, ma risultando solo tiepido (!) alla fine di quelle cinque ore. Il secondo aspetto riguarda, sempre alla fine del test di ascolto, l’assenza assoluta di fatica di ascolto, grazie alla neutralità di suono che l’amplificatore in questione ha saputo evidenziare sia nella fase di riproduzione digitale, sia in quella analogica. E questo, se permettete, significa già molto. Ma andiamo avanti. Ho voluto iniziare con un vinile che coniugasse la presenza delle voci con quelle degli strumenti musicali; per questo, ho optato per un disco della leggendaria etichetta Archiv, con una meravigliosa interpretazione filologica dell’Orfeo di Claudio Monteverdi, diretto Jürgen Jürgens alla testa della Camerata Accademica Hamburg e di cantanti come Nigel Rogers, Emilia Petrescu e Anna Reynolds, in una registrazione del 1974, che conosco ormai in ogni minimo dettaglio e che centellino nell’ascolto, in quanto questa copia mi accompagna fin dai tempi del liceo! Nel terzo atto, l’aria corale Nulla impresa per uom viene preceduta dal richiamo della Sinfonia con la quale si apre l’atto in questione rappresenta un momento solenne, in cui il coro intona il canto in stile polifonico, con l’accompagnamento orchestrale relegato in sottofondo. Il nitore del canto che si alza con le voci maschili e femminili viene reso con un ottimo dettaglio e con una notevole ricostruzione del palcoscenico sonoro da parte del Mini Caravaggio e colpisce la pulizia del timbro che aumenta, di conseguenza, il piano di distinzione tra le voci e il loro intersecarsi, mentre, in secondo piano, gli strumenti musicali non perdono il loro scontorno, ma risultano essere fissati spazialmente in modo assai preciso. Restringendo poi l’ascolto a un LP esclusivamente strumentale, ero molto curioso di ascoltare come questo finale di potenza in classe D riuscisse a restituire i quartetti per archi di Béla Bartók nella lettura fatta dal prestigioso Julliard String Quartet in una registrazione, non certo audiofila, della CBS a metà degli anni Ottanta. Ho voluto di proposito ascoltare un’incisione che vantasse una presa del suono non eccelsa proprio per rendermi conto di come il Mini Caravaggio se la cavasse nel restituire una tessitura basata sul registro acuto e sovracuto che si dipana nel Lento del Quartetto n. 1. Anche qui, il prodotto della Esoteric Pro Audio ha mostrato di che pasta è fatto, in quanto la linea lancinante data dal primo e dal secondo violino è stata riproposta con la dovuta correttezza e, soprattutto, permettendomi di distinguere i due strumenti, senza che il loro registro si sovrapponesse, offrendo così un timbro indistinto. Altrettanto buono è stato il dettaglio, che ha permesso, ad onta della cattura non proprio ottimale, di avvertire come il legno degli strumenti potesse essere coinvolto nella restituzione degli armonici, aumentando così la fase di coinvolgimento. Dal vinile al CD; anche qui ho voluto valutare la reazione dell’amplificatore in classe D di fronte a un’opera lirica, stavolta fissata in un’ottima presa del suono, quella della EMI, nella collana Great Recordings of the Century, con il primo capolavoro di Richard Wagner, ossia Der fliegende Holländer, nella leggendaria direzione di Otto Klemperer alla guida della New Philharmonia Orchestra e con un cast di voci tra le quali primeggiano quelle dei due protagonisti, ossia Theo Adam nei panni dell’Olandese e Anja Silja in quelli di Senta, registrata nel 1968 negli studi di Abbey Road. Certo, ma questo era tipico

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