GrooveBack Magazine 002

le modalità del musicista tedesco. Che in ambito sinfonico nessuno abbia utilizzato strenuamente gli ottoni come Bruckner è pacifico, ma questo non significa che tale uso ricalchi il modello wagneriano, in quanto il timbro evocato dalle partiture bruckneriane trasfigura quello fatto dal collega tedesco. Se quest’ultimo inserisce gli ottoni nello sviluppo orchestrale, è il musicista austriaco ad ampliare ulteriormente la loro paletta espressiva, portando a una loro risolutiva emancipazione a scapito della loro usuale complementazione. Le sinfonie Al di là delle due primissime sinfonie, le già citate n. 00 in fa minore e la n. 0 Die Nullte , che non rientrano nel computo effettivo, forse per rinnovare il mito delle colonne d’Ercole relativo alla Nona sinfonia beethoveniana, che non avrebbe mai dovuto essere oltrepassato dai futuri compositori, la Sinfonia n. 1 in do minore , composta tra il 1865 e il 1866, rientra tra quelle ingiustamente più sottovalutate del corpus bruckneriano. Al di là di innegabili influssi provenienti da Beethoven e da Schubert, fin da questa prima prova “ufficiale” sono già lampanti le caratteristiche dello stile del nostro autore, nella fattispecie grazie alla già evidente costruzione polifonica e per via dei tipici crescendo, che si manifestano come una forza primigenia nel primo e nell’ultimo tempo. E che questa prima creazione sinfonica sia già importante, è confermato dal fatto che Bruckner la considerò negli ultimi anni della sua vita tra le opere migliori e più difficili da lui composte per l’audacia di alcune idee e di alcuni sviluppi strumentali,

al punto che la sua esecuzione, all’inizio, risultò pessima proprio per le difficoltà tecniche che gli orchestrali furono costretti ad affrontare. Un’audacia che si manifesta sin dalle prime battute del primo tempo, un Allegro, contraddistinte da un ritmo di marcia che si tramuta in un trascinante irrompere dei tromboni che assurgono a una visione eroica, spezzata dal sorgere del secondo tema, intriso da un intenso sentore lirico. Allo stesso modo di grande impatto è il motivo che contraddistingue l’Adagio che segue, la cui caratteristica è data da una sorprendente ricchezza della linea melodica, dietro la quale, grazie all’indubbia efficacia della strumentazione orchestrale, si celano venature di rara efficacia psicologica. Lo Scherzo, poi, ha in sé quelle caratteristiche formali e timbriche d’impatto che saranno uno dei punti di forza assoluti del sinfonismo bruckneriano; qui, a dominare la scena, è l’esplosione di temi di chiara matrice popolare, così cari all’immagine legata alla cultura contadina e rurale vissuta dall’autore fin dalla primissima infanzia, mentre il Trio centrale fa quasi da controcanto al tema iniziale di questo tempo, visto che il compositore si lascia andare ad atmosfere danzanti che richiamano il gusto viennese. Ma è

Il musicista e musicologo Johann von Herbeck, che aiutò Bruckner nella revisione di alcune sinfonie.

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