di tali aspetti, vi sono altri elementi presenti in questa sinfonia che meritano di essere evidenziati, a cominciare da quello generale, dato dall’esaltazione di un clima musicale che risente dalla tradizione popolare. Basterà ricordare il secondo tema del primo tempo, con il gioco enunciato dai secondi violini, il quale ha un sentore eminentemente folkloristico, quello dello Jodel dell’Alta Austria, già sfruttato in passato da Haydn e da Schubert. Un altro spunto interessante è fornito dall’Andante che segue, la cui forma ricalca quella del rondò e il cui impiego diventerà usuale nei tempi lenti delle successive sinfonie
Johannes Brahms, qui in uno scatto risalente al 1894, fu un nemico delle opere sinfoniche di Bruckner, anche se poi in tarda età volle rappacificarsi con il collega di Ansfelden.
bruckneriane. Il sapore popolareggiante emerge ancora nello Scherzo, contraddistinto dalla ormai tipica possente struttura orchestrale all’unisono, un sapore che appartiene alla tradizione musicale della Bassa Austria, incarnato dal tema principale di questo terzo tempo. Infine, il Finale si fonde sull’equilibrio formale del rondò con la sonata; tutto questo ultimo tempo presenta un’arcata che si esprime mediante tre temi e una citazione (altrettanto importante in Bruckner è la pratica del rimando, quasi sempre originata da una citazione proveniente da una sua opera sacra); in questo caso, il rimando proviene dall’ Eleison finale della Messa in fa minore, composta nel 1868. Affrontando il discorso che riguarda la Sinfonia n. 3 in re minore non si può non raccontare quanto avvenne nel corso della sua prima esecuzione, diretta dallo stesso Bruckner la sera del 16 dicembre 1877 a Vienna. Prima, però, è il caso di ricordare che la prima versione della Terza sinfonia, dedicata con ammirazione a Richard Wagner, risale al dicembre del 1873, poi Bruckner apprestò una seconda versione nel 1877, ossia quella presentata miseramente alla Musikverein di Vienna e, infine, una terza versione che il compositore di Ansfelden effettuò nel 1889 e che fu diretta il 21 dicembre dell’anno successivo a Vienna da Hans Richter con esito decisamente più felice. La resa dei conti che avvenne, a discapito del povero e avvilito Bruckner, tra il compositore e l’ establishment musicale viennese durante quella serata del 1877, fu soltanto l’ultimo anello di una infausta catena che aveva preso forma allorquando il musicista era approdato nella capitale asburgica nove anni prima. Fin da subito, l’altezzoso e intellettualistico ambiente musicale viennese aveva fatto fatica ad accettare Bruckner, la cui figura impacciata e contadinesca, a dir poco trasandata nel vestire, talvolta rozza nel proporsi e nell’atteggiarsi, aveva suscitato ilarità e ammiccamenti ironici nelle aule dell’università e delle sale del conservatorio. Ma nell’autunno del 1877, la Gesellschaft der Musikfreunde offrì finalmente a Bruckner l’opportunità di presentare il suo ultimo lavoro, ossia la Sinfonia n. 3, in un concerto dei Wiener Philharmoniker diretto da Josef Hellmesberger. Quel lavoro stava particolarmente a cuore dell’autore, poiché era stato creato come un atto di venerazione nei confronti di Wagner, con lo stesso compositore austriaco che era arrivato al punto di recarsi personalmente a
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