Dopo aver delineato la figura del compositore barocco francese Henri Desmarets, Edmondo Filippini “attraversa la Manica” e concentra la propria attenzione su questo compositore afro-inglese, ancora sconosciuto nel nostro Paese e ammiratore delle opere di Dvořák, capace di ritagliarsi uno spazio nella società musicale londinese del primo Novecento, prima che una polmonite mal curata lo uccidesse a soli trentasette anni. Oltre le barriere: la vita e la musica di Samuel Coleridge-Taylor di Edmondo Filippini
Tra la fine degli anni Novanta e i primi Duemila, con qualche avvisaglia già negli anni precedenti, il mondo discografico ha iniziato a riscoprire figure straordinarie della musica del passato, senza badare alla loro provenienza, al colore della pelle o al genere. È stato un segnale di cambiamento, senza dubbio, ma dettato principalmente anche dalla ricerca e dalla voglia di riscoperta del mondo musicale del passato che, nutrito dalla cultura della musica antica riscoperta nel corso dell’Ottocento, si è espanso a mano a mano nel Novecento fino a radicarsi stabilmente nel nostro presente. Questa tendenza ha preso vita grazie a etichette discografiche che hanno dato nuova importanza alla riscoperta e alla valorizzazione del repertorio nazionale. In Italia, un esempio è dato dalla Tactus, mentre a livello internazionale è stata Hyperion a stabilire un primato in questo campo, seguita dalla Chandos e dall’Argo. Così, dopo il mio excursus dedicato a Desmarets, un compositore francese barocco, oggi vorrei “attraversare la Manica” e concentrarmi su un autore più recente, partendo da un ricordo personale. Diversi anni fa, in una conversazione con un altro appassionato di musica, raccontavo quanto amassi la tradizione musicale inglese, letteralmente “da Purcell a Bax”,
Il compositore afro-inglese Samuel Taylor-Coleridge, una delle figure di spicco della musica britannica tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.
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