Opere manoscritte e a stampa che sono conservate nel Fondo musicale dei Girolamini.
Nonostante l’importanza e la qualità rimarchevole del suo lascito creativo, Antonio Domenico Nola rimane una figura misteriosa, per non dire oscura, nel firmamento musicale della Napoli fra Sei e Settecento, a causa della scarsità delle notizie biografiche e professionali che di lui ci sono rimaste. Purtroppo, non si tratta di un caso sporadico e isolato, ma di una situazione ben più vasta e complessa, che interessa una fitta schiera di compositori napoletani, operanti nelle istituzioni pubbliche (nei quattro conservatorî, nelle chiese e nelle cappelle ecclesiastiche) e in quelle private (la cappella reale e quelle della nobiltà partenopea) e che rende impervio (ma, forse, sarebbe meglio dire disperato) il lavoro di ricostruzione della figura e dell’opera di questi personaggi. Compositori, giova pur sempre ricordarlo che, importanti all’epoca nella quale vissero e operarono, attendono ancor oggi di essere riscoperti e rivalutati in maniera adeguata, sebbene in questi ultimi anni la ricerca musicologica abbia compiuto significativi passi in avanti e molti dei tesori musicali sepolti negli archivi e nelle biblioteche partenopee e d’ogni altra parte d’Italia e d’Europa, sia stata riportata in luce attraverso edizioni musicali, proposte discografiche ed esecuzioni concertistiche. Al pari del suo conterraneo Giovanni Domenico del Giovane da Nola (1510 ca.-1592), esponente di rilievo di quel genere di polifonia vocale profana, d’ispirazione popolare, che nel corso del secolo XVI aveva conosciuto momenti di grande splendore, anche Antonio Domenico era di Nola, un’antica cittadina, a est di Napoli e da essa distante una trentina di chilometri, dove era nato nel 1642. Nulla conosciamo della sua famiglia, a parte il nome dei suoi genitori (Tommaso Nola e Laura Rossi), né dell’ iter scolastico compiuto dal piccolo Antonio Domenico negli anni della sua formazione. Sappiamo soltanto che all’età di dieci anni (1652), era stato ammesso a frequentare il Conservatorio della Pietà dei Turchini, allora diretto da Giacinto Anzalone (1606-1656). Ma sarà sotto l’esperta guida di Giovanni Salvatore (inizio sec. XVII-1688?), direttore della scuola dal 1662 al 1673, che il nostro giovane compositore porterà a compimento la sua preparazione musicale e porrà le basi per una luminosa carriera musicale se non appariscente e «mondana», come quella di
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