GrooveBack Magazine 002

molti suoi coetanei e conterranei, di sicuro solida e di qualità, sotto il profilo della competenza tecnica e della caratura artistica. Dalle scarne fonti dell’epoca, apprendiamo che il 28 giugno 1670 Nola lasciò i Turchini per andare a occupare il posto di organista della Cattedrale di Napoli. Risale a questo periodo il suo sodalizio artistico e spirituale con la Congregazione dell’Oratorio filippino dei Girolamini, una delle più importanti istituzioni religiose della città, ma anche un punto di riferimento imprescindibile per la committenza e per la fruizione di musica sacra napoletana di quel periodo. Molti dei maestri che per tutta la vita prestarono servizio presso l’Oratorio (è il caso di Antonio Domenico Nola), donarono ai padri le loro opere che andarono a formare il nucleo costitutivo dell’archivio musicale della Congregazione, il secondo fondo musicale più importante di Napoli, dopo quello conservato nel Conservatorio di San Pietro a Majella. Non è da escludere l’ipotesi che la frequentazione dell’ambiente filippino abbia esercitato sul nostro compositore una forte attrazione spirituale, al punto da indurlo a farsi sacerdote e a diventare così parte attiva della Congregazione oratoriale. E, pur in mancanza di documenti attestanti l’avvenuta ordinazione sacerdotale, sui manoscritti musicali autografi e sulle copie delle sue opere, il nome Nola è sovente preceduto dal caratteristico «don», predicato d’onore proprio dei chierici regolari e, in genere, di tutti gli ecclesiastici secolari. Durante la sua permanenza nella casa dell’Oratorio che si protrasse per poco più di trent’anni (dopo il 1701 non si trova più alcuna notizia a lui riconducibile), Nola non si limitò soltanto a comporre una quantità considerevole di brani (quasi seicento i titoli finora catalogati), per ogni tipologia di organico vocale e strumentale (dalle due voci fino ai quattro cori con strumenti e basso continuo) e per ogni esigenza imposta dal calendario liturgico (messe, salmi, inni, brani per l’Ufficio divino, per le festività

dei santi e per quelle mariane), ma provvide anche a realizzare, nel 1674, una «Raccolta di composizioni per l’esercizio della chiesa dei Filippini: messe, mottetti, salmi, inni, etc., etc., con alcune di altri autori così del XVI come del XVII secolo […]». In totale, si tratta di ben quarantasei volumi, molti dei quali andati perduti o non ancora valutati in maniera approfondita in tutta la loro imponente vastità. Nella «religiosissima» Napoli del Seicento, la diffusione delle pratiche liturgiche e devozionali, insieme con la venerazione della Vergine Maria e dei sette santi patroni della città, è

L’organo settecentesco che si trova nella Chiesa dei Girolamini, sul quale probabilmente suonò lo stesso Antonio Nola.

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