GrooveBack Magazine 002

di brevi incisi, armonie nuove con cambi di tonalità improvvisa, un’orchestrazione dalle timbriche molto fulgide, insomma, una specie di Musorgskij dall’anima balcanica. Anche Nielsen non mi pare possibile annoverarlo tra i “contemporanei”: è un solido sinfonista post-brahmsiano, ma niente più che un fenomeno danese, anzi, prettamente copenaghense… Sul fatto che Ives sia da considerare il più grande compositore nordamericano ho qualche riserva. Le sinfonie e il primo quartetto, quando guardava a Grieg e a Elgar, sono decisamente belli. Altri pezzi orchestrali come The Fourth of July , o lavori come le sonate per pianoforte o per violino e pianoforte, personalmente, non mi hanno mai invogliato a un secondo ascolto.

Le copertine dei tre saggi di David Fontanesi, pubblicati dalla Zecchini Editore, in cui il compositore lombardo ha delineato il suo attacco nei confronti di buona parte della musica contemporanea nata dalla Seconda scuola di Vienna e dalle avanguardie del primo Novecento.

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