e altri ballerini il gruppo di Coreofonie , spettacolo di musica e danza. Nel 2018 collabora con il rapper Mad Dopa nel brano Lo Sa Solo Dio . Molto altro ancora ha fatto Libetta, ma in queste mie poche righe, di certo non esaustive delle sue caleidoscopiche attività, si profila un artista a 360 gradi, insofferente a limiti e a restrizioni di sorta. Se è vero che il suo repertorio è prevalentemente classico, è altrettanto evidente che gli sconfinamenti in altri generi non sono per lui sporadici né aleatori. E caratteristica del grande artista è quella di fugare il rischio dello speculare, del simmetrico, vale a dire quell’elemento di ripetitività espressiva che fa sembrare le esibizioni tutte uguali fra loro. Non si può nemmeno pensare che in ogni interpretazione non venga riflessa la sua pregressa mole di esperienze, non per caso da me succintamente citata. Manca tuttavia un’importante menzione, la faccio ora ricordando che l’anno scorso la Sony Music ha pubblicato una sua registrazione dedicata alla musica pianistica di Ezio Bosso, includente la trascrizione che lui stesso ha stilato della grandiosa Sinfonia Oceans . Mi sono spesso interrogato sul rapporto che intercorre tra lo strumentista
sul palco e chi siede in galleria, balcone o platea. Ascoltare in compagnia di altre persone può amplificare le emozioni del singolo o anche disturbarlo, con colpi di tosse, movimenti o qualche immancabile suoneria di smartphone (c’è stato anche chi ha interrotto un concerto per questo). Una cosa è certa, si può essere in una grande sala come la Verdi del Conservatorio di Milano, ma ci si sente inesorabilmente soli nel momento in cui il pianista poggia il dito sul primo tasto.
Il compianto pianista e compositore Ezio Bosso, del quale Francesco Libetta ha eseguito nel suo concerto milanese sei brani.
Assistiamo all’emissione nell’etere di frammenti sonori, repentini o graduali che siano, si prospettano immagini diluite o addensate, anche il modo fisico che ha l’interprete di porsi al pubblico, tutto fa gioco affinché tra l’artista sul palco e chi ascolta si crei una stretta intimità. E non si tratta di una posizione arrogante da parte di chi è seduto a sentire, nessuna simmetria o eroismo si pretende tra artista e uditore, con una distanza reciproca che può essere grande, talvolta abissale. Ma non si può evitare, volenti o nolenti, l’instaurarsi di un affettivo dialogo a due, tra la sensibilità di chi porge e quella di chi riceve. E nessuno può far nulla perché questo non accada. Brahms affermava che per chi affida al pianoforte dei monologhi interiori «anche un solo ascoltatore è di troppo». Libetta allora stabilisce sin dal primo brano suonato, il Preludio e Fuga in mi minore BWV 855 dal Clavicembalo ben temperato di J.S. Bach, quell’atmosfera che avvolgerà tutti i presenti, quell’ininterrotto flusso emozionale, quella sorta di corrente elettrica ad amperaggio variabile che ha percorso tutti noi. Si palesa allora un’intima scenografia
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