GrooveBack Magazine 002

Ancora il pianista pugliese durante il concerto.

sonora, una temperie espressiva in quel momento a lui congeniale, immutabile perché radicata nell’indole personale e insieme mobilissima. È questa che stasera ha fatto da fondale a ogni brano, ci ha seguiti costantemente ma non è stata d’ostacolo all’estrinsecazione dell’impronta precipua di ciascuno degli autori ascoltati: J.S. Bach, F. Chopin, P. Glass, E. Bosso, R. Schumann, D. Scarlatti, M. Ravel, C.W. Gluck. Autori che hanno stili diversissimi, ma che Francesco Libetta ha avvicendato in maniera naturale, senza la minima forzatura, embricando un brano con l’altro in un discorso musicale di grande omogeneità. Immaginiamo un dialogo tra due vecchi amici, ricordi e pensieri si rincorrono ora più rapidi ora più ieratici, al passo che suggerisce il sentimento nei vari frangenti. Non soggioga mai Libetta, nemmeno nei momenti più concitati o di maggior forza sonora (e ce ne sono stati), anche quando il Fazioli sembra soccombere alla terribile pressione digitale esercitata sulla meccanica, come nel Finale. Landfall. We unfold dalla Sinfonia Oceans , trascritta per il pianoforte dallo stesso Libetta. L’operazione che il musicista pugliese ha compiuto sulla musica del compianto Ezio Bosso ha dello straordinario. Un autore che solca ancora la modernità, il quotidiano, assurge grazie alle mani, al cuore e alla mente di Francesco Libetta alla dignità di classico. E il classico, come disse Carmelo Bene «è quello che si dà una volta per tutte, è eterno, non conosce attualismi o contemporaneità, non è un Best Seller, non sollecita rincorse agli acquisti, alle strenne». Il recital inizia quindi con un Bach soffuso, di grande morbidità, talmente accogliente da sembrare quasi compassato. Il pianista non a caso è stato definito dal New York Times un «aristocratico poeta della tastiera con il profilo e il portamento di un principe rinascimentale (M. Gurewitsch)» e definizione più felice di lui non poteva essere data. Un Bach che ripropone anche nella Sinfonia N. 7 in mi minore BWV 793 e nella Sinfonia

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