Ernani solo marginalmente è un personaggio dal piglio eroico: gli impeti, gli sdegni, gli abbandoni sono quelli di un patetico ribelle travolto da un destino soggetto a regole che non mancano di apparirci psicotiche e il meglio di sé lo dà allora quando amore e onore incrociano le loro strade: con Elvira, nei duetti sospesi nell’estasi; con Silva, in una gara a chi dei due sarà più insensato in termini patologici. Questi atteggiamenti estremi, dopo il Quarantotto, creeranno mode confuse dette, appunto, «all’Ernani»: aderenti, cioè, al lato ardente e sventato del personaggio, ma col rischio di sfiorare il macchiettistico. Tuttavia, così lo visse il Risorgimento, ossia così lo intese quel nuovo anelito di riscossa nazionale che sentiva il bisogno di affermare, «col piede straniero sopra il cuore», una cultura diversa e nuova, non più serva e prona: bensì maschia, sfrontata, eversiva. Ma tale e tanto, il personaggio verdiano lo era solo in margine. La discografia di Ernani , prima del 1967, possiede solo una selezione pubblicata dalla Columbia nel 1930 con Lorenzo Molajoli come direttore di una non meglio precisata Orchestra Sinfonica di Milano. A partire dai primi anni Sessanta l’opera comincia ad essere programmata nei maggiori teatri italiani e internazionali. Mario Del Monaco la interpreta sotto la guida di diversi direttori: con Fernando Previtali alla Rai di Roma nel 1958 e con Gabriele Santini al Teatro dell’Opera di Roma nel 1961; Carlo Bergonzi esordisce nel 1962 al Metropolitan sotto la direzione di Thomas Schippers; Franco Corelli lo fa tre anni dopo sempre a New York con Schippers. Seguono Gastone Limarilli, Flaviano Labò, Gianfranco Cecchele, Bruno Prevedi, sino ad arrivare a Placido Domingo, che canta il ruolo alla Scala nel 1969. Ma veniamo alla produzione RCA del 1967. Carlo Bergonzi sulla carta aveva pochi numeri per essere un grande Ernani. Il timbro non era il più abbagliante tra quelli rinvenibili tra i tenori del dopoguerra; gli
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