Le quantità socio-economiche – reddito, brevetti, occupazione in ricerca e sviluppo, ecc. – crescono in modo più che proporzionale: le città più grandi sono, pro capite, più produttive e innovative. Al contrario, infrastrutture come strade, stazioni di servizio, reti idriche e fognarie aumentano meno che proporzionalmente, rendendo le metropoli relativamente più efficienti. I consumi e i bisogni individuali, invece, crescono in modo proporzionale alla popolazione. La spiegazione proposta combina due elementi: da un lato, l’aumento delle interazioni sociali innesca un effetto moltiplicativo che favorisce creatività e ricchezza; dall’altro, i costi delle connessioni fisiche possono essere ottimizzati man mano che la città cresce. Si ottiene così una sorta di “super-organismo sociale” che accelera con la scala, in contrasto con gli organismi biologici che rallentano. Ma a differenza degli organismi, le città non invecchiano: possono crescere indefinitamente, purché innovino. Le città più grandi, però, richiedono innovazioni sempre più
frequenti per evitare la crisi – nel traffico, nell’inquinamento, nei costi energetici, nella criminalità. È una “corsa sul tapis roulant ”: bisogna innovare senza sosta per restare in equilibrio. Queste idee offrono un quadro utile per interpretare il comportamento degli aggregati urbani. Le metropoli generano più reddito e innovazione, ma anche più congestione, più vulnerabilità sanitaria e un maggior impatto ambientale. Inoltre, l’esigenza di un ritmo accelerato di innovazione solleva interrogativi sulla sostenibilità a lungo termine. Naturalmente esistono limiti e deviazioni: le leggi forniscono aspettative medie, non previsioni precise, e i risultati dipendono anche da come definiamo i confini urbani. Ma in un mondo in cui la maggior parte dell’umanità vive ormai in grandi centri, comprendere le regolarità delle città significa comprendere meglio il nostro futuro, aiutandoci a fare scelte più consapevoli.
Fonti
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