LA METROPOLI COME AULA
di Francesco Fabbro*
A distanza di quasi mezzo secolo dalla sua pubblicazione, il volume City as a Classroom. Understanding Language and Media (1977) di Marshall McLuhan, Kathryn Hutchon ed Eric McLuhan sembra ancora in grado di offrire alcuni spunti pedagogici e didattici per comprendere e sostenere i processi di apprendimento negli attuali contesti urbani sempre più saturi di media.
Quest’opera di Marshall McLuhan e collaboratori si differenzia, per intenti e stile, dalle sue pubblicazioni di gran lunga più note come The Gutenberg Galaxy (1962) e Understanding Media (1964) in cui ritroviamo alcune espressioni per le quali il massmediologo canadese è ancora oggi ricordato, da «il medium è il messaggio» al «villaggio globale». Sebbene anche ne La città come aula , come in tutte le opere di McLuhan, l’argomento corrisponda sempre agli effetti psico-sociali dei media, in questo caso l’intento non è meramente teorico-speculativo ma esplicitamente pedagogico e operativo. Oltre a ciò, lo stile espositivo immaginifico, dissociato e dissociante tipico di McLuhan lascia il passo ad una scrittura lineare e didascalica che generalmente caratterizza i manuali
scolastici. Il volume, infatti, può dirsi a tutti gli effetti una guida di educazione critica ai media che, per certi versi, ha anticipato alcune intuizioni epistemologiche, pedagogiche e metodologiche sviluppate successivamente nel campo della Media Literacy Education. Il presupposto di fondo de La città come aula è che l’educazione si debba inevitabilmente confrontare con l’ambiente dei media. In particolare, l’educazione dovrebbe favorire una presa di coscienza critica della varietà dei contesti mediatici in cui siamo immersi, della forma e della grammatica dei diversi media e delle dinamiche di potere sottese. In un mondo che si trasforma ad una velocità crescente e di cui le metropoli
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*Professore associato di Pedagogia sperimentale - francesco.fabbro@uniroma2.it
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