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Nel caso clinico dell’Uomo dei Topi, Freud (1909 a) così sintetizza la psicopatologia del paziente: “in tutta la sua vita… egli era stato indubbiamente vittima di un conflitto tra amore e odio nei confronti del padre e dell’amata” (1909a, Opere Vol.6, p.67). Quattro anni dopo, in “Totem e Tabù” (1912-13), Freud userà la formula di conflitto di ambivalenza affettiva per descrivere questo fenomeno, e ne discuterà in termini di tabù: “Il carattere principale della costellazione psicologica che si è fissata nel modo descritto sta in ciò che si potrebbe definire il comportamento ambivalente dell’individuo verso un certo oggetto, anzi verso una certa azione che lo riguarda. Egli vuol sempre eseguire questa azione – toccare l’oggetto – [pur considerandola il sommo allettamento, è costretto a non eseguirla] e al tempo stesso ne ha orrore. Il contrasto tra le due correnti non è risolvibile a breve termine, perché – se ci è lecito esprimerci così – esse sono localizzate nella vita psichica in modo da non potersi incontrare” (Freud, 1913 in Opere Vol.7, p. 38). Qui Freud esprime l’idea che c’è anche un conflitto all’interno delle emozioni stesse, in aggiunta al conflitto tra idee e affetti. L’idea dell’ambivalenza affettiva qui esposta, che caratterizza questo periodo del pensiero di Freud, potrebbe essere vista come presente all’interno di un contesto rudimentale di relazioni oggettuali. In questa fase la sua riflessione si indirizza per la prima volta al concetto di narcisismo (Freud, 1914), uno dei punti di partenza di molte delle teorie delle relazioni oggettuali. Il conflitto qui prende la forma di una lotta fra l’investimento sul sé vs. l’investimento sull’oggetto, o fra scelta narcisistica e scelta oggettuale. Ciò diventa particolarmente importante in “Lutto e melanconia” (Freud, 1917), il lavoro di Freud sulla perdita, l’identificazione e l’elaborazione ulteriore dei conflitti all’interno dell’Io. Freud scrive che la mente non può sopportare la perdita di qualcosa di prezioso e necessario, per cui quando si verifica una perdita nel mondo esterno l’oggetto viene incorporato in fantasia, in modo da farlo ora esistere nel mondo interno negando la sua assenza nel mondo esterno. Freud afferma: “Il conflitto all’interno dell’Io, che nella melanconia prende il posto della lotta riguardo l’oggetto, deve agire come una ferita che pretende un controinvestimento straordinariamente elevato”. (Freud, 1917, pp.117-118). Da un altro punto di vista, si potrebbe descrivere questo fenomeno come una lotta per l’integrazione dell’assenza, che più avanti diventerà una dimensione importante del pensiero di Lacan. Il periodo successivo delle teorizzazioni freudiane nell’ambito della Teoria Topografica comincia con “Al di là del principio di piacere” (1920). Qui la pulsione aggressiva viene aggiunta alla pulsione sessuale e il conflitto viene concettualizzato come pulsione istintuale vs. difesa/rimozione (Freud, 1920). Difese di vario tipo vengono associate a fasi diverse dello sviluppo della personalità; l’angoscia continua ad essere vista come risultato della rimozione (Prima Teoria dell’Angoscia), e la rimozione viene usata per lo più come un sinonimo di difesa. In “Al di là del principio del piacere” (1920) Freud introduce quello che ora considera il conflitto mentale primario, quello tra vita e morte, in termini di istinti che cercano di rinnovare la vita e istinti che cercano di ripetere il trauma, un conflitto tra la creazione di entità
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