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Le tortuosità per aggirare la censura con un uso distorto delle ambiguità del processo primario, e la parziale liberazione della pulsione istintuale riscontrabili nei motti di spirito, sono ampiamente approfondite in “Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio” (1905 c). In “Totem e Tabù” (1912-1913) Freud ha discusso la trasformazione dell’ostilità inconscia in un in eccesso di affettuosità (p. 57), così come la proiezione inconscia dell’ostilità verso i defunti: “L’ostilità, della quale nulla si sa e nulla si vuole sapere, viene reietta dalla percezione interna verso il mondo esterno, e in tal modo separata dalla propria persona e sospinta su quella dell’altro. Non siamo più noi ora, i superstiti, a rallegrarci per esserci liberati di colui che è morto; anzi, proprio al contrario, siamo noi in lutto per lui; egli, piuttosto stranamente, è diventato un demone malvagio, pronto a rallegrarsi per le nostre sventure e ansioso di farci morire. I superstiti devono dunque difendersi da questo nemico malvagio. Si sono liberati dell’oppressione interna, ma l’hanno soltanto sostituita con un affanno che viene dall’esterno” (p. 70). Il testo è un’esposizione ben argomentata degli schemi filogenetici che si manifestano attraverso le fantasie primitive, che sono uno dei contenuti dell’inconscio. In “Dalla storia di una nevrosi infantile (Caso clinico dell’Uomo dei Lupi)” (1914), Freud menzionò la difficoltà inerente all’esperienza infantile di discriminare tra ciò che è conscio e ciò che inconscio, e fra ciò che è ‘ realtà ’ è ciò che è ‘ fantasia ’. La difficoltà nasce poiché “La coscienza non ha ancora acquisito nel bambino tutti i suoi caratteri, essa è in via di sviluppo” ( p. 576). Questa affermazione è un’ulteriore elaborazione della natura duale della mente in sviluppo, concetto teorizzato da Freud circa tre anni prima, quando scriveva sui rapporti fra i sistemi C e Inc.: “Di regola i contenuti dei due sistemi si differenziano in modo netto e definitivo solo all’epoca della pubertà” (Freud, 1915 c,. p. 79). In “Un bambino viene picchiato” (1919), prefigurando la teoria duale delle pulsioni, Freud esplorò le fantasie sadomasochistiche inconsce dei bambini e delle bambine di essere picchiati dal padre e dalla madre. In questo testo fondamentale su come si sviluppa la fantasia, Freud distinse tre fasi. Nella prima fase, un bambino assiste alla scena di un altro bambino che viene picchiato. Tuttavia, “La seconda fase è fra tutte la più importante e densa di conseguenze” p. 47) per due ragioni. Da una parte, il masochismo è visto come una fase/formazione secondaria dell’istinto sadico, che viene rivolto contro il sé e rimosso nel processo. Tutto questo viene messo in relazione con la sessualità infantile inconscia e universale che sta alla base dei fenomeni nevrotici: “ Per questo la sessualità infantile che soggiace alla rimozione è la forza motrice principale della formazione dei sintomi, e per questo la sua componente essenziale, il complesso edipico, è il complesso nucleare delle nevrosi” (., p. 65); e diventa un’eredità arcaica universale: “Il nucleo dell’inconscio psichico è formato dall’eredità arcaica dell’uomo; cade preda del processo di rimozione tutto ciò che nel progredire verso successive fasi di sviluppo deve essere abbandonato perché inutilizzabile, inconciliabile con il nuovo e adesso dannoso (p. 64). D’altro canto, la presenza di fantasie infantili può essere verificata solo indirettamente: “Ma di essa si può dire, in un certo senso, che non ha mai avuto un’esistenza reale. In nessun caso viene ricordata, non è mai riuscita a diventare cosciente. È una costruzione dell’analisi, ma non per questo è meno necessaria (p. 47).
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