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paziente vede. Ferro e Civitarese, ricorrendo a Ogden (2003, 2005) argomentano che l'analista deve prendere molto sul serio tutte le impressioni, sensazioni e idee, anche se queste sembrano in conflitto con aspetti della realtà esterna, perché esse possono raccontare una storia più accurata. (Ferro & Civitarese 2016). Nella loro visione, la verità dell'inconscio è più ricca di quella percepita e comunicata consciamente. Secondo questi autori, ’i personaggi’ del ‘testo dell’analisi’- a cui paziente e analista assegnano un ruolo sia nel proprio spazio interno che in quello esterno della relazione - subiscono costanti trasformazioni per consentire l'espressione di ciò che progressivamente diviene pensabile nell'hic et nunc della seduta ( Civitarese& Ferro, 2013 Ferro & Civitarese, 2016).
III. C Prospettive relazionali e Psicologia del Sé: due correnti teoriche autoctone del Nord America
III. Ca. Modelli relazionali del processo inconscio La psicoanalisi relazionale ebbe origine negli anni '80 negli Stati Uniti. Se ne possono collocare gli antenati teorici, il DNA, in Ferenczi (1949), in Balint (1952) e nella Teoria delle Relazioni Oggettuali, nei derivati della Teoria del Campo, portata da Heinz Racker (1957) in Nord America, ma anche nella scuola interpersonale di Harry Stack Sullivan (1953). Da questa molteplicità di derivazioni scaturiscono varie implicazioni. I Fenomeni/esperienze inconsci emergono in un contesto intersoggettivo, un campo bipersonale, un'interazione tra due persone, in cui è prevedibile una trasmissione inconscia all'interno della diade analitica , nel sistema in cui è inserito l'individuo. E’ imprescindibile e inevitabile che ciò aggiunga dimensioni di incertezza e di ambiguità all'esperienza. Le origini e la sede delle esperienze sono spesso impossibili da accertare. Bisogna restare aperti, all'interno del processo clinico, per considerare e riconsiderare di chi sia l'inconscio che sta operando in ogni esperienza personale. Il controtransfert, in questo senso, è sempre indotto e dedotto in modo ambiguo: personale e dialogico, intrapsichico e intersoggettivo. Con un forte interesse sul trauma e le sue sequele nell'esperienza conscia e inconscia, la Teoria Relazionale pone maggior rilievo sulla presenza e il potere delle scissioni verticali, piuttosto che sulla stratificazione orizzontale dei livelli di coscienza. La dissociazione si presenta sotto diverse forme di scissione, da quelle caratterizzate da distinzione netta e non comunicazione tra le parti, a quelle relativamente porose. La dissociazione è stata sviluppata e approfondita nel lavoro di Philip Bromberg (1994, 1996) e include scissioni di coscienza al servizio del disconoscimento o del respingimento di un contenuto traumatico o tossico, che promana dall'interno o dall'esterno dell'individuo. Bromberg elaborò anche un'ipotesi di come la dissociazione si interseca con l'attaccamento, spesso senza consapevolezza. L'individuo (compreso il bambino abbastanza piccolo) scinde e 'dimentica' esperienze che metterebbero a rischio l'attaccamento a figure potenti e necessarie. L'integrazione mentale è sacrificata, in un certo senso, a tenui legami con un'altra persona.
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