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principi organizzatori dell'esperienza soggettiva che originano nella diade intersoggettiva precoce e l'inconscio non validato non può essere articolato in alcun modo, a causa del fallimento della validazione da parte dell'oggetto-Sé (Storolow & Atwood, 1992). La somiglianza tra le definizioni di esperienza non formulata e di inconscio non validato risiede primariamente nell'enfatizzazione della risposta dei caregiver. L'inconscio bipersonale è costruito all'interno della diade stessa (Lyons- Ruth, 1998, 1999). In questo modo, la comprensione empatica dell'analista tende a rendere più permeabili e fluidi i confini tra conscio e inconscio, tra esplicito ed implicito ed aumenta l'accesso conscio a sentimenti, intenzioni, pensieri e ad interazioni interpersonali precedentemente inconsci. III. D: L’inconscio nella tradizione francese La Francia post-freudiana è stata la scena di una straordinaria vitalità creativa e produzione teorica. Le ripercussioni di questa esplosione intellettuale hanno lasciato un segno in altre comunità psicoanalitiche di lingua francese, in Europa e in Nord-America e, attraverso la traduzione in inglese di questi lavori, si sono estese anche ad alcuni settori del Nord-America e dell’Inghilterra. Tenendosi a una certa distanza dalla prospettiva delle relazioni oggettuali e conservando una visione dell’inconscio più vicina a quella freudiana, gli analisti francesi sono più propensi a considerare il proprio lavoro come un’elaborazione e un dialogo con l’opera freudiana, ambito in cui condividono alcune ipotesi generali relative al concetto di inconscio. L’adesione prevalente al modello topografico (della prima topica) è, per i francesi, all’origine di una netta separazione fra il preconscio/conscio e l’inconscio. Inoltre, l’inconscio non può essere rivelato tramite l’osservazione, ma soltanto dedotto après coup a partire dall’evento. L’Io ( le Moi ) è definito sia dalla sua “alienazione” identificatoria al desiderio dell’Altro, sia dalla sua capacità di adattamento: è dunque soggettivo, concettualmente più vicino a un self che all’istanza difensiva e orientata alla realtà delineata dalla psicologia dell’Io. Per gli analisti francesi tutto ciò che costituisce l’Io è colto come emergenza dell’inconscio, mancando completamente l’idea di una sfera libera dal conflitto. Il Moi è inoltre composto sia da oggetti inconsci che da oggetti parziali. Mentre la psicologia dell’Io descrive un analista che conserva una distanza costante dal paziente, gli autori francesi, in particolar modo Bouvet, ma dopo di lui anche Green, McDougall e Roussillon, hanno fin dall’inizio proposto un approccio flessibile che prestasse attenzione al modo in cui i pazienti reagiscono alla distanza. Inoltre, a causa della profonda influenza di Jacques Lacan, gli analisti francesi sono stati obbligati a riflettere sulla funzione della parola e del linguaggio non soltanto nella situazione analitica, ma anche come principio strutturante dell’inconscio. L’affermazione di Jacques Lacan (1985) secondo la quale l’inconscio è fondamentalmente strutturato, tessuto, legato e integrato di linguaggio ha avuto una grande ricaduta sulle generazioni successive di analisti, sia che accettassero quest’idea sia che vi si opponessero. Un ampio gruppo di psicoanalisti della Società Psicoanalitica di Parigi, fra i quali Pasche, Marty, Lebovici, Diatkine, Fain, Braunschweig, McDougall, Green e Neyratt, si oppose alla teoria lacaniana e rifiutò di mettere insieme pulsione e linguaggio. Secondo Lacan, l’inconscio non è
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