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qualcosa di dato, in attesa di essere interpretato; esso, piuttosto, si rivela in atto, e in particolare, anche se non esclusivamente, in un atto di linguaggio. Lacan, inoltre, mise in guardia dal fraintendere l’inconscio considerandolo semplicemente sede degli istinti. A suo parere, il termine inconscio si riferisce specificamente alla concettualizzazione del soggetto: ne consegue che tutto il suo progetto ruota intorno allo studio del soggetto inconscio. Lacan (2004) rimodella la terminologia freudiana sostituendo il significante alla rappresentazione, secondo il modello saussuriano del linguaggio. L’argomentazione di Lacan evidenzia in maniera convincente le possibilità combinatorie del significante, che determinano l’espressione ultima delle pulsioni. Qualcosa (la rimozione) blocca l’espressione dei significanti che circolano nell’inconscio. Secondo la sua visione, l’inconscio consiste di significanti rimossi che a loro volta controllano l’accesso ai derivati delle pulsioni. Si tratta di un modello della psiche meno biologico-riduzionistico e fondamentalmente più sensibile alla cultura rispetto ai modelli basati su un’ipotetica eccitazione delle zone erogene. Negli Stati Uniti, all’epoca del famoso seminario di Lacan, l’accento era posto in misura prevalente sull’idea che fossero le fantasie a costituire i contenuti dell’inconscio. Ciò favorì l’emergenza di uno stile diverso di ascolto clinico, rivolto a cogliere nelle libere associazioni gli indicatori delle fantasie presenti in forma travestita. L’approccio francese prescriveva (freudianamente) che l’attenzione dell’analista si dirigesse sulle parole in quanto tali e sul non detto tra esse. D’altra parte, la nozione di difese (oltre alla rimozione) necessarie a trattenere i significanti nell’inconscio e, ovviamente, l’analisi delle difese hanno meno rilievo nel pensiero francese, se prescindiamo dallo sviluppo innovativo da parte di Lacan della nozione di “forclusione”. Lacan è stato criticato per aver trasformato la psicoanalisi in una linguistica strutturalista, anche se l’interesse di Lacan non è il linguaggio in quanto tale, ma il suo limite, il punto in cui il linguaggio fallisce. L’inconscio, secondo Lacan, non è conoscibile, ma si rivela nelle tracce che lascia soprattutto quando è assente. Lacan ha giustificato il suo approccio linguistico sostenendo che soltanto quando l’inconscio passa nelle parole noi possiamo afferrarlo e, inoltre, che l’inconscio funziona secondo le figure linguistiche della metonimia e della metafora. Infine, Lacan insiste sull’inconscio come discorso, ossia il discorso dell’ Altro . L’inconscio è l’effetto del significante sul soggetto. Il significante è ciò che è rimosso e che ritorna sotto forma di sintomi, motti di spirito, paraprassie e sogni. Il concetto di inconscio lacaniano fece un importante passaggio quando nel “Seminario XX” Lacan rielaborò i tre registri dell’Immaginario, del Simbolico e del Reale, intrecciandoli insieme nei cosiddetti nodi borromei (Lacan, 2011). L’ipotesi del conflitto intra-psichico – almeno per Lacan – fu sostituita dall’idea di un’articolazione fra questi tre registri. Una conseguenza importante fu la scissione del concetto di inconscio in una parte in una certa misura decifrabile o accessibile tramite il linguaggio convenzionale, e un’altra denominata “lalangue”, termine con cui Lacan indicava il tipo di linguaggio che precede il linguaggio dell’ordine Simbolico. In tal modo, abbiamo due tipi di conoscenza: la conoscenza del langage e la conoscenza di lalangue . L’ inconscio- lalangue è situato fondamentalmente al di fuori del simbolico, ma ci influenza in una misura che eccede la nostra conoscenza enunciabile. Evans definisce lalangue come “il substrato caotico primario di polisemia a partire dal quale si costruisce il linguaggio” (1996, p. 97).
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