Dizionario Enciclopedico di Psicoanalisi dell'IPA

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1938), fondatore della ‘Fenomenologia Trascendentale’, approfondì la questione dell’intersoggettività chiedendosi come si conquista consapevolezza delle altre soggettività. Il concetto di reciprocità intersoggettiva si basa sull’assunto che non vi sia un soggetto isolato senza un mondo, in ciò sostituendo la concezione della relazione soggetto-oggetto con quella della relazione soggetto –soggetto che proviene dalla tradizione filosofica dell’Idealismo tedesco di Hegel ed Husserl. Per Husserl, la coscienza individuale è sempre in relazione a un altro: l’io individuale si forma in un processo di individuazione dialogica e può riconoscere sé stesso soltanto attraverso l’altro. Si possono riconoscere i precursori dell’intersoggettivismo nella psicoanalisi di lingua tedesca attraverso il loro uso del concetto di incontro: oltre al transfert, durante il trattamento si sviluppa un incontro esistenziale, per cui il paziente non è inteso come un oggetto di conoscenza ma diviene un partner di un dialogo che trascende le dinamiche transfert-controtransfert (Bohleber 2013, pp. 807-809). Richiamandosi a Platone, Husserl ha cercato di trovare la consapevolezza del mondo come è veramente. Ha postulato che la consapevolezza degli altri soggetti emerga dall’empatia con essi. Paradossalmente (come molto più tardi evidenziato da Stolorow riguardo a Husserl, ma anche riguardo ad Heinz Kohut), tale intersoggettività è decisamente una faccenda unilaterale, in quanto accade soltanto nella mente di una persona – quella che empatizza. Comunque, essa prevede la presenza di altri come entità soggettive al pari di sé, e raggiunge la consapevolezza degli altri come entità soggettive al pari di sé tramite l’empatia, senza la lotta hegeliana per il riconoscimento. Per Martin Heidegger (1889-1976), l’intersoggettività è la condizione umana di base. Il suo Dasein è un ‘essere nel mondo’, che è impossibile concepire indipendentemente dall’altro. Il Dasein è definito dal suo interrogare il proprio esserci, la cui verità è impossibile conoscere e dipende da una consapevolezza della fine dell’essere, cioè della morte, della temporalità. Da qui parte uno sviluppo che conduce all’analisi esistenziale di Ludwig Binswanger , un altro sviluppo che porta a Jacques Lacan , e un altro ancora a Hans Loewald , che è spesso citato dagli intersoggettivisti statunitensi come importante precursore. Per Heidegger e Lacan il linguaggio è il veicolo dell’inconoscibilità, strutturando il pensiero ma anche rendendolo invisibile. La filosofia strutturalista del ventesimo secolo – gli studi di Paul Ricoeur (1913-2005) sulla struttura metapsicologica dell’opera freudiana e l’esplorazione di Hans Georg Gadamer (1900-2002) delle sfumature della comunicazione intersoggettiva – fu anch’essa rilevante nella concettualizzazione dell’incontro clinico in psicoanalisi. Merleau-Ponty (1918-1961), influenzato dalla psicologia della Gestalt di Kurt Lewin (come lo fu la scuola della ‘ Personologia ’ di Henry Murray , che ha profondamente influenzato Stolorow), basò la sua filosofia sull’unità di soggetto e oggetto. Il suo concetto di inconscio, situato fra il soggetto e l’oggetto, è al centro della vita di una persona nel mondo. La sua ermeneutica post-heideggeriana , con l’affermazione che l’autoconoscenza deriva dal processo di coinvolgimento nel mondo, ha influenzato la concettualizzazione psicoanalitica (correlata con l’intersoggettività) di Madeleine e Willy Barange r e di George Klein . La nozione di Merleau-Ponty di soggetto incarnato (embodied subject) fornisce un veicolo specifico per la relazionalità intersoggettiva: il corpo come luogo dove l’essere e il mondo si

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