Dizionario Enciclopedico di Psicoanalisi dell'IPA

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Superio siano meglio compresi in termini di “rappresentazione simbolica della strutturazione tripartita del mondo soggettivo esperienziale in stati di conflitto emotivo” (ibid, p. 314; citazione tradotta per questa edizione, N.d.T.). Questo lavoro fu seguito da una serie di scritti in cui Stolorow ha ripetutamente sottolineato che la teoria dell’intersoggettività non si prefigge di rimpiazzare quella di Freud, giacché “essa esiste a un livello diverso di astrazione e generalizzazione rispetto a quella di Freud e di altre teorie psicoanalitiche, in quanto non postula alcun particolare contenuto psicologico … È una teoria del processo … Inoltre, contestualizzandole, essa fornisce una cornice per integrare teorie psicoanalitiche differenti” (Stolorow 1998, p. 424; citazione tradotta per questa edizione, N.d.T.). Un esempio di tale contestualizzazione può essere il pensiero intersoggettivista sul conflitto: “Quando il conflitto è liberato dalla dottrina del primato della pulsione istintuale, allora il conflitto specifico diviene una questione empirica da esplorare psicoanaliticamente. Il focus… si sposta dalle presunte vicissitudini della pulsione ai contesti intersoggettivi in cui si cristallizzano gli stati conflittuali” (Stolorow 1994, p. 224; citazione tradotta per questa edizione, N.d.T.). Stolorow (1998) sottolinea anche che il punto di vista intersoggettivo non elimina il tradizionale focus psicoanalitico sull’intrapsichico, semplicemente lo contestualizza. Egli pensa che il problema della teoria classica non sia stato il focus sull’intrapsichico, bensì l’incapacità di riconoscere che il mondo intrapsichico è dipendente dal contesto. Questo aspetto del pensiero intersoggettivista di Stolorow sarebbe poi diventato particolarmente rilevante per le scuole relazionali (vedi sotto). Mentre in generale è possibile considerare concetti clinici come ad es. controtransfert, enactment, identificazione proiettiva e contenimento (vedi le voci ENACTMENT, CONTROTRANSFERT, CONTENIMENTO, IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA) e i loro correlati clinici - ascolto clinico decentrato, rêverie e altri - come elementi che alimentano la tendenza verso l’intersoggettività, la rilevanza clinica dell’intersoggettività diviene più chiara quando è vista nel contesto del contrasto fra un approccio monopersonale e un approccio bipersonale al processo psicoanalitico, per come è concepito dagli intersoggettivisti statunitensi. Per loro, nell’ approccio monopersonale l’inconscio (dell’analizzando) è visto come l’obbiettivo del processo, come il ‘rendere conscio l’inconscio’ nel paradigma della Teoria Topografica, e/o ‘dove era l’Es, là sarà l’Io’ nel paradigma della Teoria Strutturale. Qui, l’analista è concepito come colui il quale ha una autorità che gli deriva dal conoscere i parametri fondamentali dell’inconscio e dalla sua abilità nel dominare i processi psicologici di ogni individuo. Una esposizione sfumata di questo approccio, rilanciata nella nuova prospettiva del contesto interattivo del processo psicoanalitico, è stata elaborata da alcuni psicologi dell’Io contemporanei (vedi sotto). L’ approccio bipersonale considera meno l’analista in termini di autorità del suo sapere, in quanto i suoi esponenti mettono in dubbio il primato delle pulsioni e delle fantasie inconsce profonde. L’analista non è visto come colui che conosce il contenuto e il lavoro della mente inconscia del paziente; al massimo, l’analista condivide col paziente una mente che ha aspetti inconsci, e dunque entrambi sono in effetti soggetti a questo non sapere. L’analista che si pone

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