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più su un piano di parità è aperto a considerare le attribuzioni che il paziente gli fa non meramente come transfert bensì come degne di considerazione dal punto di vista del paziente. L’analista riconosce di essere influenzato dal paziente e che il paziente a sua volta è influenzato da lui e potrebbe anche stare rispondendo alla suggestione piuttosto che a una percezione vera di sé. Poiché l’analista che lavora all’interno del paradigma dell’intersoggettività non parte dalla convinzione che il paziente stia sempre avendo a che fare con esperienze che possono essere spiegate per mezzo di particolari concettualizzazioni metapsicologiche preconcette, egli è aperto a riconoscere che lui stesso è difficilmente libero dalla sua propria soggettività. Per come Owen Renik (1993) pone la questione, l’analista stesso ha a che fare con la propria irriducibile soggettività . Nella visione di Renik, l’analista interpreta sempre dalla prospettiva delle credenze generate dalla sua stessa esperienza piuttosto che da quella del paziente. La fusione di due soggettività, quella del paziente e quella dell’analista, diventa la definizione funzionale dell’intersoggettività . Influenza, interazione, e l’emergere di qualcosa che è un amalgama di entrambi i membri della coppia, diviene il tratto distintivo di tale approccio. Conseguentemente, l’accento sull’intersoggettività richiede all’analista il riconoscimento che egli è partecipe in un “campo” costituito da due soggettività individuali. Seguendo la svolta relazionale intersoggettiva, ciò può essere visto come qualcosa che ha differenti manifestazioni. L’idea della commistione di due menti inconsce può far presa maggiormente su analisti con un orientamento tradizionale. D’altra parte, in ogni versione della psicoanalisi che sia basata sul pensiero interattivo-relazionale in un contesto bipersonale, l’uso di un approccio intersoggettivo, sebbene non astorico, si appoggia sulla fenomenologia clinica dinamica, e conseguentemente sottolinea l’importanza dell’esperienza qui ed ora della relazione fra analista e paziente, con considerevoli riserve rispetto alla metapsicologia di un inconscio onnipotente ed onnipresente. Le dimensioni intersoggettiva e relazionale della situazione e del processo psicoanalitico sono state gradualmente incorporate nelle teorizzazioni di molti psicoanalisti freudiani e kleiniani contemporanei (per es. Theodore Jacobs , Nancy Chodorow , Steve Ellman , James Grotstein , Lawrence Brown e molti altri) in una varietà di modi dando luogo a concettualizzazioni ed orientamenti ibridi, alcuni dei quali saranno esaminati più oltre. II. Bc. Contesto storico-sociale nel pensiero intersoggettivista franco-canadese La psicoanalisi di lingua francese include il pensiero nordamericano francofono (Québec). Date le strette connessioni fra quest’ultimo e la psicoanalisi francese da una parte, e la psicoanalisi di lingua inglese – sia britannica che americana- dall’altra, la ricezione dell’intersoggettività nella psicoanalisi francofona nordamericana è mediata dalle più generali filiazioni psicoanalitiche degli analisti che ad essa appartengono. Quelli che sono significativamente influenzati dagli orientamenti psicoanalitici americani o angloamericani sono tendenzialmente più ricettivi al paradigma relazionale/intersoggettivista. Al contrario, quelli più vicini alla cultura psicoanalitica francese sono più stimolati, su questa questione,
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