Dizionario Enciclopedico di Psicoanalisi dell'IPA

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Sandor Ferenczi L’opera di Ferenczi (1933; 1985) ha avuto un’influenza importante sullo sviluppo di teorie che sottolineano la dimensione intersoggettiva del lavoro psicoanalitico, inclusa la sua enfasi sulla reciprocità, sull’enactment e sulla bidirezionalità dei processi psichici (Bass, 2009, 2015; Aron e Harris, 2010). Il breve esperimento di analisi reciproca, come è descritto nel suo diario clinico (1985), è la rappresentazione più radicale di una terapia pienamente intersoggettiva nella nostra storia. Ferenczi è stato un precursore condiviso da due gruppi: il Gruppo Indipendente britannico (Parsons, 2009) e il Gruppo Relazionale americano (Bass, 2009), che hanno giocato un ruolo importante nell’applicazione delle idee intersoggettive alla psicoanalisi. L’accesso al diario clinico (1985), e alla corrispondenza fra Freud e Ferenczi che seguì, rivelarono una naturale sensibilità profondamente radicata nella storia delle idee psicoanalitiche. Le idee di Ferenczi rispetto alla relazione analitica – l’analista come persona reale (un soggetto) in una relazione reale, oltre che oggetto in una relazione transferale – offrirono il potenziale per creare col paziente un nuovo inizio, intercettando potenziali di crescita e di cambiamento fino ad allora inesplorati. La Scuola Interpersonale americana, e la Scuola Relazionale che seguì, svilupparono una prospettiva clinica- in linea con le scoperte di Ferenczi- che poneva al suo centro il riconoscimento radicale che l’analista sia inevitabilmente partecipe alla commistione col paziente nel processo analitico. Entrambi co-creano un’esperienza analitica condivisa, nei termini di un incontro particolare fra le loro due soggettività e le loro esperienze consce e inconsce. Questa prospettiva sottolineava che il transfert e il controtransfert sono inevitabilmente complementari, ciascuno generante l’altro in un infinito nastro di Möbius di influenze e trasformazioni reciproche, che possono essere proficuamente studiate ed esplorate nella relazione psicoanalitica. L’analista è un osservatore partecipe, e perciò l’impatto della sua personalità reale, ed i suoi modi idiosincratici di essere e di relazionarsi col paziente, costituiscono dimensioni importanti dell’esperienza analitica che sono considerate centrali da un punto di vista intersoggettivo. Anche queste idee furono anticipate da Ferenczi, che a sua volta aveva messo in rilievo la centralità del controtransfert come complemento al transfert, in un rapporto di reciproco modellamento. Egli individuò il ruolo della reciproca influenza nella relazione analitica e l’importanza cruciale del riconoscimento da parte dell’analista del suo impatto sul paziente, un fattore che può fare molto per correggere i rischi di un’inevitabile ritraumatizzazione iatrogena. Ferenczi evidenziò inoltre le implicazioni per il trattamento analitico del riconoscimento dell’analista come persona reale (idee riprese nella scuola britannica da Fairbairn, Guntrip e Balint, e nella scuola americana da Thompson, Wolstein, Singer, Levenson e molti altri). Ferenczi notò che il paziente legge le più piccole nuances del comportamento dell’analista e vi reagisce. Ferenczi afferma, nel Diario clinico , che il paziente “avverte da piccoli segni (modo di salutare e di stringere la mano, timbro di voce, grado di vivacità, ecc.) la presenza di affetti” che gli possono rivelare riguardo all’analista più di quanto l’analista stesso possa sapere (ibid., trad.it. p. 59). Le osservazioni di Ferenczi resero obsoleta per molti analisti la metafora dello specchio (vedi sotto) e furono riconosciute centrali da molti

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