Dizionario Enciclopedico di Psicoanalisi dell'IPA

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Qui, partendo dall’affermazione di Freud secondo cui “è assai interessante che l’Inc di una persona possa reagire all’Inc di un’altra eludendo il C” (Freud, 1915, p. 78), e reinterpretando le concettualizzazioni di Bion e Klein, egli ipotizza che “l’identificazione proiettiva intersoggettiva costituisca l’operazione di una fantasia inconscia di identificazione proiettiva intrapsichica onnipotente esclusivamente entro il mondo interno del soggetto che mette in atto la proiezione – in aggiunta ad altri due processi: le modalità consce e/o preconsce dell’induzione sensomotoria, che includerebbero gesti o tecniche (mentali, somatiche, verbali, posturali o di priming) di segnalazione e/o evocazione o sollecitazione da parte del soggetto proiettante, seguite dalla simulazione empatica spontanea nell’oggetto ricettivo dell’esperienza del soggetto, nella quale l’oggetto ricettivo è già inerentemente ‘cablato’ per rispondere empaticamente al soggetto sollecitante” (Grotstein, 2005, p. 2051, trad. it. p. 95). Complessivamente, in modo analogo all’estensione da parte di Bion del concetto kleiniano di identificazione proiettiva patologica nella sfera dell’identificazione proiettiva comunicativa, Grotstein estende le concettualizzazioni di Bion, fra cui l’identificazione proiettiva comunicativa, nella sfera intersoggettiva. Un altro autore che si interessa alla dimensione intersoggettiva della comunicazione inconscia è Lawrence Brown (2011). Egli compie un’integrazione dei contributi storici di Freud, Klein e Bion per esplorare il modo in cui paziente ed analista insieme co-creino narrative delle configurazioni inconsce, da utilizzarsi come strumenti per analizzare la storia traumatica e psichica del paziente. Nel suo sistema sono di centrale importanza i sogni diurni e notturni. Sia Grotstein (1999) che Brown (2011) affermano che il concetto di controtransfert è stato fortunatamente trasformato in termini di intersoggettività, e Brown aggiunge: “Inoltre, l’intersoggettività è un processo inconscio di comunicazione, ricettività, e costruzione di senso che ha luogo all’interno di ciascun membro della diade, per portare un significato idiosincratico nel campo emozionale condiviso che interagisce con un’analoga funzione nel partner” (Brown, 2011, p. 7; citazione tradotta per questa edizione, N.d.T.). Il concetto di campo analitico qui usato da Brown ha la sua origine principale nel lavoro dei Baranger “La situazione analitica come campo dinamico” (1961-1962). A causa del ritardo nella traduzione, questa innovazione teorica fondamentale è rimasta a lungo sconosciuta alla maggior parte della comunità psicoanalitica. I Baranger descrivono la fantasia inconscia della coppia analitica e sottolineano il contributo di fenomeni di identificazione proiettiva ed introiettiva nella sua struttura. Riguardo al concetto di una tale fantasia inconscia co-creata, essi sostengono: “È qualcosa che si crea tra i due , all’interno dell’unità che essi costituiscono nel momento della seduta, e differisce radicalmente da quello che ciascuno dei due è separatamente dall’altro… Definiamo la fantasia in analisi come la struttura dinamica che, in ogni momento, dà un significato al campo bipersonale” (ibid, trad. it. p. 39-40).

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