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Nel suo articolo del 2000 “Intrapsichico-Intersoggettivo”, Green afferma: “È nell’intreccio dei mondi interni dei due partner della coppia analitica che l’intersoggettività prende sostanza” (Green, 2000, p.2; citazione tradotta per questa edizione, N.d.T.). In tal modo vengono definiti due campi: quello dell’intrapsichico all’interno, risultante dalle relazioni fra le parti che lo compongono, e quello dell’intersoggettivo fra interno ed esterno, il cui sviluppo implica una relazione con l’altro. Poiché quando ci riferiamo alla struttura psichica va tenuto presente che l’esterno non è solo la realtà, ma si trova anche nel nucleo stesso della psiche e simboleggia l’oggetto, che di fatto è il soggetto altro. “L’oggetto è perciò situato in due luoghi: appartiene sia allo spazio interno - ai due livelli del conscio e dell’inconscio – sia allo spazio esterno in quanto oggetto, altro da sé, un soggetto altro” (ibid, p. 3; citazione tradotta per questa edizione, N.d.T.). La relazione intersoggettiva qui connette due soggetti intrapsichici. Forza e significato si intrecciano e combinano i loro effetti. Durante la sua visita a New York nel 2004, Green (Green, 2006) ha affermato che quando lavoriamo coi pazienti, noi lavoriamo per creare rappresentazioni. Le rappresentazioni non sono i primitivi elementi basilari dell’Es, bensì le trasformazioni di questi ultimi che si possono ritrovare nell’Io. Il primo passo è la trasformazione dell’impulso istintuale in rappresentazione inconscia. Tale trasformazione non è spontanea, e avviene grazie all’incontro dell’impulso istintuale con l’oggetto. È l’oggetto che favorisce la creazione di una rappresentazione inconscia, una presentazione di “cosa” che sarà trasformata in una presentazione di parola e darà allo stato iniziale dell’impulso una forma comunicabile attraverso il linguaggio. Green ha illustrato lo schema economico della psiche, nel quale l’inconscio consiste in una rete di ramificazione di derivati pulsionali (come rappresentazioni di cose) in cerca di una via di scarica. La natura dinamica di queste rappresentazioni che costituiscono una forma primaria della pulsione, le spinge verso l’azione o verso la coscienza. L’aspetto mobile e dinamico delle pulsioni inconsce fondate nel corpo, sempre in cerca di scarica e determinanti le azioni dell’individuo, ha una risonanza clinica quotidiana (Green, 2002). Riferendosi all’inconscio come al “non simbolizzato”, egli vi ha incluso ciò che non è mai stato simbolizzato (cioè i cosiddetti “stati primitivi” o i contenuti della “rimozione primaria”) e ciò che è stato “de-simbolizzato”, cioè i cui legami col resto della rete simbolica sono stati distrutti (ossia ciò che è stato oggetto di rimozione secondaria). In entrambi i casi, ciò che non può essere adeguatamente usato (diventare cosciente) si crea una via verso altri canali di espressione, principalmente attraverso l’enactment e la somatizzazione. René Roussillon (2004 a, b) porta argomenti a favore dell’ integrazione del concetto di intersoggettività in psicoanalisi. Sebbene consideri riduttivo il modo con cui esso è usato dalla scuola intersoggettiva statunitense, egli afferma che questa nozione può diventare un concetto psicoanalitico adottando un approccio metapsicologico basato su una solida comprensione psicoanalitica del soggetto - in altre parole su una concezione del soggetto che includa la dimensione inconscia della soggettività. Attingendo al lavoro di Winnicott ma anche agli sviluppi di Trevarthen riguardo all’intersoggettività primaria, egli definisce l’intersoggettività come l’incontro fra un soggetto mosso dalle pulsioni e dotato di una vita inconscia con un
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