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Riferendosi al “luogo analitico”, Jean-Luc Donnet (2006) sottolinea la dimensione casuale della realizzazione dell’azione differita. Questa dimensione entra in conflitto con il determinismo che grava sul processo, e quindi il soggetto cerca di trovare e creare (o meno) le percezioni e le tracce percettive di cui questo processo ha bisogno per essere realizzato. Bernard Chervet ha sottolineato che nell’ultima teoria pulsionale (dualistica) l’attrazione regressiva non è più soggetta a limiti o controlli. La regressione non si ferma più al ricordo della scena della seduzione (Freud, 1895) o al ritorno al narcisismo assoluto del seno materno (Freud, 1914a). Diventa evidente una regressività estintiva (Chervet, 2006), che richiede in cambio l’intervento di un imperativo di iscrizione (Chervet, 2009) e di elaborazione psichica sotto l’egida del Super-io. Questo è il lavoro che viene svolto dal processo di “après- coup”. Quest’ultimo trova così la sua funzione e le ragioni della sua specifica forma bifasica in due fasi manifeste e una fase latente intermedia . L’“après-coup” è il metodo a disposizione dell’apparato psichico per affrontare la primitiva qualità delle pulsioni messa in gioco dai numerosi traumi dell’esistenza quotidiana, e per ristabilire il principio del piacere. Per eseguire questo compito, il processo di après-coup è suddiviso in tre fasi costituite da tre operazioni. Inizialmente esso segue il percorso regressivo, poi trasforma l’economia libidica regressiva, e infine la dirige lungo il percorso progressivo il quale si inscrive poi nella mente sotto forma di impulsi pulsionali, ripresi dal desiderio umano e dalle sue molteplici vicissitudini. L’après-coup è animato da un’ attrazione regressiva e dalla necessità di produrre materiale progressivo. Esso rappresenta il modello del funzionamento mentale ideale, ed è quindi il riferimento per ogni valutazione del materiale psichico. Di fatto, Chervet sviluppa una concezione dell’après-coup come processo di realizzazione e completamento di tutti i pensieri e di tutte le produzioni psichiche: esso è il processo stesso del pensiero. Quindi, costituisce il processo di base della cura psicoanalitica che rende possibile la guarigione. Su entrambe le sponde del Canale della Manica, gli autori perplessi per questa differenza tra le due correnti del pensiero psicoanalitico - una che include l’effetto posteriore [post-effect] mentre l’altra ne fa a meno - hanno tentato di ridurla e di interpretarla. Haydee Faimberg (2005a, b; 2006) ha collegato l’après-coup anche ai concetti di temporalità e causalità psichica multidirezionale (Faimberg, 2006, 2013), ed ha ampliato questa nozione fino a comprendervi il futuro ‘non ancora conosciuto’ e il “Fear of Breakdown” (1974) di Winnicott, relativo ad un trauma che si è già verificato nel passato ma invece si ci aspetta debba ancora accadere. Faimberg ha applicato l’après-coup allargato all’“ascolto dell’ascolto” analitico, dove i conflitti sono risignificati attraverso un legame fra tre generazioni (1998; 2005a, b; 2013). Alcuni analisti britannici (Birksted-Breen, 2003; Sodré, 2007, 2005; Perelberg, 2007) hanno sottolineato la complementarità fra il lungo periodo di tempo (LTS) che caratterizza l’originaria formulazione freudiana della Nachträglichkeit, e l’après-coup di breve durata (STS), i “micro cambiamenti” momento per momento nel transfert all’interno di ogni seduta.
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